Ho un bimbo nato da taglio cesareo, adesso cerco un altro figlio: il secondo parto sarà obbligatoriamente ancora tramite taglio cesareo?” Sono tante le donne che si chiedono se è possibile, con una nuova gravidanza, avere un parto naturale dopo un cesareo.

Spesso si pensa che chi ha avuto un’operazione chirurgica dovrà necessariamente ripeterla nel caso delle gravidanze successive, ma non è così. Anche dopo un taglio cesareo è possibile avere un parto naturale, in presenza di determinate condizioni: molto dipende dai motivi che hanno portato alla prima operazione.

Quando è possibile un parto naturale dopo il cesareo?

Tecnicamente si parla di VBAC, Vaginal Birth After Cesarean, cioè parto vaginale dopo cesareo: fino a qualche tempo fa era molto più raro che un medico consigliasse il parto naturale dopo un’operazione, ma oggi non è più così. Se la gravidanza è fisiologica, cioè tutto sta procedendo bene, e dal precedente parto cesareo sono trascorsi almeno 18 mesi, è molto probabile che sia possibile optare per un parto naturale. La scelta, in assenza di specifiche indicazioni del medico, è comunque della donna.

È possibile avere un Vbac se il parto cesareo precedente è dovuto a una di queste condizioni, legate principalmente alle condizioni del bambino al momento della nascita:

  • posizione podalica del bambino
  • se sono insorte complicazioni
  • se il bambino era molto grande
  • se durante il battito del bambino stava calando

Quando è sconsigliato il parto naturale dopo il cesareo?

Se al contrario il precedente cesareo è avvenuto per complicazioni a carico della donna può essere più difficile avere un successivo parto vaginale. Tra le condizioni che portano a sconsigliare il parto naturale si trovano:

  • mancata dilatazione del collo dell’utero nel parto precedente (distocia cervicale)
  • bacino “stretto”
  • avere avuto due o più cesarei precedenti
  • pregressa rottura dell’utero
  • pregresso cesareo longitudinale (oggi molto raro)

I rischi del parto naturale dopo un cesareo

Il rischio maggiore (ma molto raro) che si incontra con un Vbac è la rottura dell’utero, come spiega l’Associazione Ostetrici Ginecologi Italiani (Aogoi), che nelle linee guida al Vbac aggiunge: “Il successo del travaglio di prova dopo taglio cesareo varia dal 50 all’85% e sembra condizionato soprattutto dalla assenza di indicazioni ricorrenti al cesareo, come presentazione anomala o ipertensione gestazionale“.

Il travaglio che precede un Vbac è detto “travaglio di prova”, perché il personale medico monitora attentamente le condizioni di mamma e bambino e, in assenza di controindicazioni, si può procedere con il parto naturale. L’assistenza medica durante il travaglio di parto è essenziale. Si legge ancora sulle linee guida di Aogoi:

Vi sono evidenze sufficienti ad affermare che il travaglio di prova (T.P.) possa essere proposto a donne che siano state in precedenza sottoposte a taglio cesareo trasversale segmentario. Le donne debbono comunque essere accuratamente selezionate. Quelle, ad esempio, che abbiano partorito per via vaginale prima del cesareo hanno maggiori probabilità che il parto successivo al cesareo avvenga naturalmente. Anche la induzione del travaglio ed il suo incremento con ossitocina non devono essere esclusi dalle possibili opzioni per donne precesarizzate, a patto che le procedure vengano realizzate con monitoraggio elettronico continuo ed in un ambiente che consenta una immediata laparatomia in caso di sospetto di rottura d’utero. In generale d’altronde il T.P. trova razionale collocazione dove siano disponibili h/24 équipes operatorie esperte, assistenza intensiva neonatale, servizio di anestesia e rianimazione e banca del sangue.

Naturalmente, anche per un Vbac restano valide le normali eccezioni: se durante la gravidanza si presentano patologie o altre condizioni che rendono necessario il taglio cesareo, se il bambino è podalico, o ancora se il travaglio non comincia dopo il termine della gravidanza a 42 settimane, si dovrà ricorrere a un nuovo cesareo.

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