Dal 9 all’11 ottobre a Roma si è tenuto il XX Congresso nazionale SIN Società Italiana di Neonatologia, l’appuntamento che come ogni anno ha riunito medici e infermieri specializzati, accademici e ricercatori, e che quest’anno è stato incentrato sul tema dei neonati late preterm, cioè quelli nati tra la 34a e 36a settimana di gravidanza.

In Italia questi bambini nati a poche settimane dal parto, che non possono essere considerati prematuri, sono circa 34.500 (dati Istat 2013 e % Cedap 2010 su elaborazione SIN). Avendo meno frequentemente le patologie del pretermine questi neonati, un tempo definiti “near term”, sono stati troppo spesso ed in modo azzardato assimilati al neonato a termine, la cui definizione, dopo un lungo periodo di controversie è ormai universalmente riconosciuta per il nato a 37-41 settimane di gestazione.

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I rischi del parto pretermine fra la 34esima e 36esima settimana

La maggior parte dei late preterm nasce prima del termine per patologie materne come l’ipertensione, emorragie antepartum, anomalie placentari o fetali che impongono il parto anticipato e che purtroppo possono causare danni al neonato a breve e a lungo termine.

Le patologie, invece, più diffuse in un late preterm sono la Sindrome da Distress Respiratorio (9%), tachipnea transitoria (16%), infezioni neonatali (1-2%), iperbilirubinemia (10-12%), ipoglicemia (6-7%), instabilità della temperatura corporea (1-2%), ma anche difficoltà nell’alimentazione e problemi neuroevolutivi e comportamentali. Proprio questi ultimi sono i più ricorrenti, come quello di avere performance scolastiche meno brillanti dei nati a termine, dato emerso dal recente studio prospettico UK Millennium Cohort study di Evelyn Chan e Maria A Quigley.

Se pensiamo a tutte queste problematiche non possiamo che deplorare la pratica di tagli cesarei elettivi a 36-37 settimane che espone questi neonati a rischi ingiustificati e inaccettabili.

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Per molti anni, sbagliando, si è pensato di poter dimettere precocemente il late preterm, di allattarlo esclusivamente al seno, di considerarlo a basso rischio di patologia respiratoria e metabolica, di trattarlo come il nato a termine per quanto concerne l’iperbilirubinemia. Tutto ciò esacerbato dalla necessità di ridurre al minimo la spesa sanitaria, alibi tanto ingiusto quanto inutile. Un approccio sicuramente sbagliato, almeno in parte, se si pensa che molti di questi presentano problemi non solo alla nascita ma anche dopo la dimissione e richiedono per questo ri-ospedalizzazioni “inattese”.

Non è affatto naturale nascere 4-5 settimane prima del termine senza avere problemi. È risaputo inoltre che il concetto di maturità non è un sistema on/off e che nascere a 34 settimane è diverso che nascere a 36. Tutto ciò rafforza ancor di più l’erronea modalità nel trattare questi neonati come i normali nati a termine, considerando addirittura sbagliato il “medicalizzarli” troppo a lungo, separandoli “ingiustamente” dalla famiglia, impedendo così loro un naturale rapporto madre, padre, figlio.

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