Anche quest’anno in occasione della Festa della mamma Save the children ha pubblicato il report “Le equilibriste: la maternità in Italia“. Dall’analisi dell’associazione, svolta in collaborazione con l’Istat, emerge come il nostro Paese sia sostanzialmente diviso in due: da una parte il nord dove ci sono diritti più o meno garantiti alle mamme e future mamme, dall’altra il sud, dove la strada per l’equità è ancora lunga. Il Trentino Alto Adige e in particolare Bolzano e Trento risultano infatti territori “mamma-friendly”, mentre in coda alla classifica c’è la Campania.

Non solo: in Italia le donne diventano mamme sempre più tardi, in media non prima dei 31 anni, e rinunciano più frequentemente alla carriera professionale. Il 37% delle mamme tra 25 e 49 anni infatti non lavora, secondo lo studio. Una percentuale tra le più alte in Europa, denuncia l’associazione, che evidenzia

Discriminazioni radicate nel mondo del lavoro, forte squilibrio nei carichi familiari tra madri e padri, poche possibilità di conciliare gli impegni domestici con il lavoro, a partire dalla scarsissima offerta di servizi educativi per l’infanzia.

Una fotografia tutt’altro che rassicurante per il Paese, quella che emerge dal report che prende in esame 11 indicatori che mostrano la condizione delle mamme rispetto a cura, lavoro e servizi. In generale, riporta Save the children, si registra un peggioramento “per quanto riguarda l’accoglienza dei nuovi nati e il sostegno alle mamme”. Da qui la richiesta di un maggiore impegno istituzionale per garantire i servizi necessari alla maternità:

Sottolineiamo la necessità di un Piano Nazionale di sostegno alla genitorialità, con misure a sostegno del percorso nascita e dei primi “mille giorni” di vita dei bambini, che consolidi il sistema di tutela delle lavoratrici e promuova l’introduzione del family audit nel privato, che garantisca servizi educativi per la prima infanzia.

Se infatti le misure adottate anche di recente dal Governo (Bonus mamma domani, bonus bebè e bonus nido) intendono incentivare la maternità, tuttavia “hanno un impatto limitato – si legge nel report – e dovrebbero essere complementari ad investimenti a sostegno di piani a lungo periodo, che prevedano il miglioramento, l’ampliamento e la creazione di nuovi servizi a vocazione collettiva piuttosto che la risposta a bisogni emergenziali e individuali”.

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