Il desiderio di avere un altro figlio si scontra spesso con la difficolta di ottenere una gravidanza. È il caso dell’infertilità secondaria che può avere sia cause femminili che cause maschili. Il fenomeno dell’infertilità di coppia è molto diffuso, soprattutto nel nostro Paese dove le coppie, rispetto al resto d’Europa, fanno figli più tardi. L’età, infatti, è una delle principali cause dell’infertilità secondaria femminile, ma non l’unica.

Tanto che, in generale, la causa maggiore di infertilità è associata a un problema negli uomini e non nelle donne. Per chiarire l’argomento, individuare le cause e scoprire quali possono essere le soluzioni a fronte di un’infertilità secondaria femminile, abbiamo intervistato il dottor Luca Zurzolo, specialista in ginecologia ed ostetricia, con il quale abbiamo potuto approfondire il discorso andando oltre le cause, ma delineando anche alcune possibili soluzioni.

Infertilità secondaria femminile: cosa significa?

Dottor Zurzolo, a cosa facciamo riferimento quando parliamo di infertilità secondaria femminile?

Per infertilità secondaria intendiamo l’infertilità che incorre nelle coppie che hanno già avuto una precedente gravidanza, cercano una nuova gravidanza e non riescono a ottenerla.

È importante chiarire come la distinzione sia puramente accademica, in quanto «La natura non fa questo tipo di distinzione; l’infertilità è legata a delle cause che impediscono il processo di annidamento e di sviluppo embrionale».

Infertilità secondaria femminile: le cause

Ha anticipato l’aspetto delle cause che possono determinare il fenomeno dell’infertilità secondaria. Quali sono quelle principali?

Le cause possono essere da fattore maschile o da fattore femminile e le due principali sono: una qualità alterata dello sperma del partner maschile oppure un esaurimento della riserva follicolare della partner femminile. Questo avviene in coppie che dopo il primo figlio, aspettano qualche anno per il secondo che tarda ad arrivare, dopo alcuni tentativi si rivolgono al medico e si scopre che, da quando hanno avuto la prima gravidanza, è cambiato qualcosa o nel quadro dello spermiogramma o nella riserva ovarica materna.

Entrando più nello specifico dell’infertilità secondaria femminile, quali sono gli aspetti che possono portare a questa condizione?

Sicuramente l’infertilità secondaria è un problema legato prevalentemente a coppie più avanti con gli anni, in questo senso intendiamo over 35, piuttosto che di coppie giovani.

Oltre all’aspetto anagrafico ci sono altri fattori responsabili?

O abbiamo un esaurimento della riserva ovarica in quanto la donna negli anni diminuisce il suo tasso di fertilità poiché nasce con la sua riserva ovocitaria già formata e via via questi ovociti seguono l’evoluzione biologica della donna e quindi diminuiscono di numero ciclo mestruale dopo ciclo mestruale. Questo comporta che la donna a 11 anni è biologicamente pronta e ha il suo tasso di fertilità massima e a 40 anni il tasso di fertilità è ridotto.

Socialmente noi assistiamo a un fenomeno, in Italia sono diversi anni, in cui il tasso delle over 35 che hanno il primo figlio ha superato quello delle under 35. Questo comporta che a trentacinque anni il primo figlio arriva, spesso per cause naturali o a volte anche ricorrendo a tecniche di fecondazione assistita, il desiderio di un secondo figlio che mediamente arriva due-tre anni dopo il primo, lo ritroviamo in una donna che ha trentotto anni circa e a quest’età spesso la riserva ovarica è bassa e abbiamo questa infertilità secondaria legata essenzialmente all’esaurimento della funzione ovarica.

Lei prima ha parlato di cause che impediscono il processo di annidamento e di sviluppo embrionale; quali possono essere quelle responsabili dell’infertilità secondaria?

Possiamo sicuramente avere l’endometriosi, la seconda delle cause di infertilità secondaria, che crea un danno funzionale all’apparato genitale femminile; è una malattia evolutiva nel tempo, quindi peggiora negli anni. Tra le cause possiamo avere anche la formazione di miomi o polipi all’interno dell’utero. Diciamo che l’infertilità secondaria è legata a tutta quella patologia evolutiva, quando ci sono delle piccole anomalie nell’apparato genitale femminile che non creano problemi all’inizio, ma che via via, con il passare degli anni, creano questi problemi.

Un’altra causa, anche se non rientra propriamente tra quelle di infertilità secondaria, è quella legata all’interruzione volontaria di gravidanza che viene fatta con isterosuzione, quindi l’utero subisce una pulizia, un insulto esterno che può provocare sintomatologia aderenziale o infiammatoria che crea delle complicanze nell’ottenimento successivo della gravidanza.

Infertilità secondaria femminile dopo cesareo

infertilità secondaria maschile

Dottor Zurzolo, c’è una relazione tra parto cesareo e infertilità secondaria?

Questo è sicuramente un motivo che può incidere sulle cause di infertilità secondaria. Questo perché aprire l’utero chirurgicamente e richiuderlo, su una grande quantità di pazienti, genera sia problematiche aderenziali sia a volte anche cause di endometriosi indotta che possono poi compromettere la fertilità della donna. Sicuramente una donna che ha fatto un parto spontaneo rispetto a una che ha fatto un parto cesareo, può avere delle chances di seconda gravidanza più alte e con minori complicanze.

Perché ci sono questi rischi nel parto cesareo?

Il parto cesareo è comunque un intervento chirurgico ad addome aperto, quindi si va a incidere l’utero e a ricucire. Per quanto possiamo essere bravi e attenti, comunque non sarà mai l’utero che è stato progettato dalla natura.

Quanto è alto il rischio di infertilità secondaria nelle donne che hanno avuto un parto cesareo?

Le percentuali non sono altissime, tantissime donne hanno il cesareo e hanno regolarmente il secondo figlio e addirittura facciamo terzi, quarti e in rarissimi casi anche quinti cesarei. Quindi non è un assoluto.

Possiamo quindi riassumere che «Tutti quegli eventi chirurgici e tutte quelle manovre che vanno a modificare la struttura naturale dell’utero possono chiaramente diminuire la fertilità della paziente».

Infertilità secondaria femminile: cosa fare?

Dopo aver fatto una panoramica sul fenomeno dell’infertilità secondaria femminile e sulle cause che possono determinare questa condizione è utile capire cosa possono fare le coppie che vogliono avere un altro figlio e non ci riescono. È chiaro come le strategie, le terapie e le scelte dipendano molto dalla causa che determina l’infertilità secondaria; dottor Zurzolo è così?

Le cause di maggiore incidenza sono l’insufficiente qualità degli spermatozoi o l’insufficiente qualità della riserva ovarica. Per gli spermatozoi noi abbiamo un po’ di margine di manovra in quanto vengono riprodotti costantemente; purtroppo è diverso invece il caso della donna perché la donna che ha una scarsa qualità ovocitaria non abbiamo nessuno strumento per migliorare questa qualità. In quel caso, poiché non abbiamo modo di replicare gli ovociti della donna, siamo costretti spesso a ricorrere a una ovodonazione, ovvero all’utilizzo di ovociti donati da un’altra donna che poi verranno messi a contatto con lo sperma del compagno e poi impiantati una volta ottenuto l’embrione.

C’è la possibilità di prevenire questa condizione? Le coppie, e in modo particolare le donne, possono adottare alcuni accorgimenti per evitare di non riuscire ad avere altri figli dopo una prima gravidanza?

Prevenire è una parola strana da usare in questo contesto. Il discorso è che l’infertilità secondaria spesso è legata all’età. Quindi forse bisognerebbe, più che pensare a una cura medica, rivedere le priorità e i desideri della coppia nello sviluppo sociale. Le nostre mamme e ancor di più le nostre nonne avevano i primi figli in età giovanissima e probabilmente l’infertilità di coppia all’epoca non esisteva, nonostante non esistesse nulla di quello che sono gli integratori, la vita sana, lo sport e le medicine. Le nostre nonne senza fare nulla facevano dieci figli perché il primo lo facevano a diciassette-diciotto anni. Se noi spostiamo l’età biologica oltre i trentacinque, a volte anche oltre i quaranta, è doveroso aspettarsi un calo della fertilità.

Come dovrebbero comportarsi quindi le coppie?

Un figlio quindi dovrebbe essere messo in programma in un’età consona per la coppia e un equilibrio potrebbe essere socialmente intorno ai trent’anni. Le coppie che intorno a trent’anni cercano un figlio, spessissimo ci riescono senza ricorrere ad altre tecniche. Questa sarebbe una programmazione molto semplice, ma non sempre è possibile perché spesso oggi la carriera lavorativa, l’attività universitaria, lo stabilizzarsi con un partner e il trovare una casa sono tutti elementi di grossa preoccupazione – più che mai in questo periodo di crisi che creerà ancor di più un disagio per i giovani che cercano di organizzare e costruirsi un futuro – provoca un aumento del tasso delle coppie infertili e di quelle che non riescono a ottenere il secondo figlio.

Un’altra eventualità potrebbe essere quella di ricorrere al congelamento ovocitario. È qualcosa che in Italia spesso viene vista ancora come qualcosa di impensabile, ma in Europa tante donne che hanno un occhio alla carriera considerano di congelare i loro ovociti a venticinque-ventisei anni per avere la sicurezza che, qualora per vie naturali non dovessero riuscire a ottenere la gravidanza, possono contare su quegli ovociti che congelati mantengono le loro qualità e rappresentano una grossa chances di ottenere una gravidanza.

Qual è la differenza tra queste due opzioni?

Sono due vie, possiamo dire una chimica e una naturale; una è una scelta programmatica e l’altra è un atto medico. Tra le due si deve porre la libertà di scelta, l’etica della persona, la credenza religiosa e tutti quei fattori che influiscono in maniera molto importante su questo tipo di decisioni.

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