Il sonno è necessario per la sopravvivenza e per mantenere un buono stato di salute”: così, in maniera perentoria, il Manuale MSD parla dell’importanza del riposo negli esseri umani. Se a questo aggiungiamo come circa un terzo degli italiani dorma un numero di ore insufficiente e una buon numero di essi lamenti una qualità insoddisfacente del proprio riposo (rilevazioni dell’Istituto Superiore di Sanità del 2020), è doveroso concentrare l’attenzione sui genitori che, a causa del (poco) sonno dei bambini, soffrono terribilmente queste conseguenze.

Un problema che ha radici spesso culturali e sociali, in quanto è diffusa la convinzione, come denuncia Francesca Bubba nell’inchiesta pubblicata su TPI, per cui dormire poco o male a causa dei figli sia un elemento caratteristico dei genitori, derubricando i disagi (spesso anche molto gravi) come passeggeri, fisiologici e, tutto sommato, di cui non lamentarsi perché funzionali a un bene più grande, come quello della presenza di un figlio.

La realtà è invece molto lontana da questa narrazione e i genitori che vivono questo dramma (il termine non è esagerato) vanno incontro a tante, troppe, criticità. Stanchezza, nervosismo, stress, disturbi dell’attenzione, tensioni con il partner e una maggiore esposizione all’insorgenza di disturbi e patologie. Basti pensare che, secondo alcuni studi, i genitori nel primo anno di vita di un figlio perdono circa 700 ore di sonno (quasi un mese di sonno in meno, tanto per far comprendere meglio la portata di questi numeri).

Una realtà che non è colore e statistica, ma la fotografia di un fenomeno tanto pericoloso quanto sottovalutato.

Abbiamo più volte posto l’attenzione sul sonno dei bambini approfondendo le cosiddette regressioni, i disturbi più comuni e i vari metodi di allenamento che spiegherebbero come risolvere il problema (perché di questo si tratta). Ma cosa fare quando tutto questo non basta? Rivolgersi alle tate del sonno può essere una soluzione? Parliamone.

Chi sono le tate del sonno?

Non esiste una definizione univoca della figura della tata del sonno in quanto ciascuna di esse offre un servizio e un approccio diverso. Volendo riassumere e semplificare, possiamo dire che la tata del sonno è una persona che si occupa di aiutare i genitori a dormire a fronte della privazione di sonno provocata dai bambini.

Le tate del sonno, quindi, possono essere consulenti ai quali rivolgersi per sottoporre la propria situazione e ricevere indicazioni, strategie e consigli o vere e proprie persone che, come quelle che svolgono attività di babysitting, si recano presso il domicilio dei genitori e accudiscono il bambino per tutta la notte consentendo ai genitori di recuperare le ore di sonno.

Questa realtà è molto spesso considerata costosa e riservata a persone facoltose e si tratta, come riportato dall’approfondimento dedicato dal The Guardian, di una soluzione in forte aumento.

Anche nel nostro Paese non mancano tate del sonno, come Elena Biondi (Elena The Nanny), a cui abbiamo dedicato un approfondimento.

I consigli delle tate del sonno

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Fonte: iStock

Qual è l’approccio fornito dalle tate del sonno? Che indicazioni danno delle loro attività? Il suggerimento è sempre quello di sviluppare un rapporto personalizzato, senza applicare schemi e regole prestabilite. Il tutto parte dall’ascolto e dall’osservazione dell’indole e delle caratteristiche del bambino e della sua famiglia, ascoltando i bisogni dei genitori e tenendo conto anche delle loro ansie, paure, sensi di colpa e difficoltà.

Le tate del sonno propongono tra i loro compiti non solo quello di togliere l’incombenza del sonno, ma anche di educare i bambini accompagnandoli nelle fasi della crescita, creando un ritmo e una ritualità che gli permetta di raggiungere una regolarità del sonno.

Le tate del sonno sono un supporto necessario?

Per comprendere se e quanto una figura di questo tipo sia imprescindibile, bisogna mettere in conto alcuni fattori necessari per contestualizzare il problema.

Da una parte c’è da dire che intorno al sonno dei bambini ci sono tante presunzioni di certezze e poche evidenze scientifiche, tanto che secondo questo studio le tecniche comportamentali del sonno non hanno effetti marcati di lunga durata, né positivi né negativi. Parallelamente va rimarcata la necessità che i genitori non vivano la privazione del sonno come una normalità e che individuino strategie e scelte che gli consentano di vivere la propria vita nella quale l’essere padri e madri è una parte, ma non tutta la loro esistenza.

Dall’altra parte c’è il bambino che non dorme e al quale non gli si può rimproverare qualcosa che non sa fare. Di mezzo il senso di impotenza, frustrazione e sconfitta di genitori che non dormono o dormono male e con questo accumulo di sofferenza e disagio devono continuare ad andare avanti, vedendosi magari anche deridere e correggere da chi pensa di saperne di più solo per il fatto di esserci passato.

Le tate del sonno sono un supporto necessario? Potrebbero, ma spesso sono un’opportunità economicamente inaccessibile e una realtà da valutare con attenzione. Non sempre si tratta, infatti, di figure preparate, professionali e specializzate e spesso non è sufficiente la buona volontà per gestire correttamente un problema che, allo stato attuale delle cose, non conosce una semplice soluzione.

Le tate del sonno possono in alcuni casi rivelarsi un supporto valido, ma la loro presenza segnala in maniera chiara come intorno a questa realtà ci sia ancora molto da fare a livello culturale, sociale e politico. È da superare l’idea che il genitore bravo sia quello che soffre e si “piega ma non si spezza” per il bene del figlio e che il bambino buono è quello che dorme tutta la notte.

La realtà è estremamente distante da questo ed è con essa che bisogna confrontarsi se davvero si ha l’interesse di rendere il diventare genitori il più sostenibile possibile.

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  • Bambino (1-6 anni)