Il tumore al seno è la malattia oncologica più diffusa con un aumento significativo dei casi in tutto il mondo ed è una realtà che, inevitabilmente, pone seri interrogativi per le donne che sono alla ricerca di una gravidanza.

Le domande intorno a questo tipo di tumore si rendono necessarie sia per la maggiore del tumore a causa di un aumento incontrollato dell’infiammazione tale da aggravare l’evoluzione della malattia. Ma anche per capire come e quanto questa malattia e il suo trattamento possano interferire con la fertilità, lo sviluppo del feto, il parto e il successivo allattamento.

Tumore al seno: numeri, dati e sopravvivenza

gravidanza e tumore al seno
Fonte: iStock

Rispetto al passato oggi è possibile, dopo la diagnosi di tumore al seno, proseguire e portare a termine la gravidanza senza comportare rischi per il feto o ridurre i tassi di sopravvivenza della donna. Le indagini condotte negli ultimi anni mostrano, da una parte, che il tumore al seno è la neoplasia che compare più spesso in gravidanza (nel 40% di tutte le malattie oncologiche) e, dall’altra, che gli esiti sono rassicuranti tanto per la donna quanto per il bambino.

Va precisato che i dati non si riferiscono a tutti i tipi di tumore, motivo per cui non è una statistica generalizzata e l’approccio al tumore al seno in gravidanza dipende dalla gravità dello stesso, dall’epoca gestazione in cui si è manifestato e dalla sua diffusione. Al 2018 sono stati più di tredicimila i decessi causati dal carcinoma mammario, ma nel corso degli ultimi vent’anni c’è una progressiva riduzione della mortalità grazie alle diagnosi precoci e al miglioramento delle terapie.

Nonostante l’aumento dei casi il tumore al seno in gravidanza resta un evento raro (un caso ogni 1000/2000 gravidanze). La sua maggiore diffusione può essere spiegata anche (ma non solo) con l’età in cui le donne oggi iniziano una gravidanza. Tra gli altri fattori di rischio è necessarie porre l’attenzione sui cambiamenti ormonali tipici della gravidanza, una predisposizione genetica, la familiarità, la recidività, l’obesità e la nulliparità (il rischio di tumore è minore nelle donne con più gravidanze).

Va anche detto come la gravidanza è una condizione per cui le donne si sottopongono a controlli ed esami che, altrimenti, non avrebbero svolto e che permettono in molti casi di diagnosticare precocemente (o quasi) patologie e disturbi altrimenti sconosciuti fino alla loro manifestazione più grave.

Nonostante le campagne di prevenzione e il miglioramento delle conoscenze mediche il tumore al seno resta uno dei più difficili da diagnosticare precocemente specialmente in gravidanza proprio per le trasformazioni che la gestazione determina sulle ghiandole mammarie.

Tumore al seno: segnali e sintomi precoci

Quando si parla di tumore al seno bisogna distinguere tra due diverse tipologie di carcinoma alla mammella: quello invasivo e quello in situ. Nel primo caso il tumore è in grado di andare in circolo, contaminare i tessuti circostanti e, quindi, dare origine a metastasi. I tumori in situ, invece, sono quelli che non rischiano di causare metastasi.

Il più delle volte la comparsa del tumore al seno non è accompagna da sintomi e pertanto può restare misconosciuta e causare un ritardo diagnostico grave per un tempestivo trattamento. Come anticipato la gravidanza aumenta il numero di controlli e la mammografia è solitamente l’esame effettuato per l’individuazione di un nodulo. In realtà non è l’esame più indicato per i tumori al seno in gravidanza per la loro difficile interpretazione.

In alternativa, con le debite schermature, può essere eseguita una radiografia del torace, una risonanza magnetica per immagini (che non utilizza radiazioni), ma anche la biopsia e l’ecografia. La PET o la scintigrafia ossea, invece, sono generalmente sconsigliate per le controindicazioni legate all’esposizione alle radiazioni.

Il primo segno che può far sospettare la presenza di un tumore al seno è la comparsa di un nodulo che risulta duro al tatto. Questo va sempre controllato nelle donne con più di 30 anni e una prima valutazione può essere quella del ginecologo.

Altri segni, sebbene rari, che possono far precocemente pensare a un carcinoma al seno sono la retrazione della pelle (specialmente del capezzolo), gli arrossamenti localizzati e diffusi, un aumento delle dimensioni di un linfonodo dell’ascella e una secrezione abbondante e anomala di sangue dal capezzolo.

La gravidanza durante un tumore al seno

Come già anticipato rispetto al passato la diagnosi di tumore al seno non comporta la necessità di interrompere la gravidanza, in quanto questa può essere portata a termine. È evidente come la donna, ma anche il partner e la famiglia, saranno coinvolti in decisioni delicate e ad affrontare una realtà molto complicata.

Di per sé l’intervento chirurgico per il trattamento del tumore al seno in gravidanza è sicuro, così come la chemioterapia, purché iniziata non prima del secondo trimestre e da sospendere entro la trentacinquesima settimana di gravidanza (per riprenderlo eventualmente dopo) in quanto il midollo osseo materno e del bambino potrebbero non riuscire a produrre piastrine e globuli bianchi sufficienti per contrastare l’infezione o un’eventuale emorragia post-partum.

Possono essere valutate anche altri trattamenti come la terapia ormonale e la radioterapia, ma in questi casi è maggiore il rischio di danneggiare il feto, motivo per cui solitamente non sono la scelta principale.

Molto dipende dalla gravità del tumore al seno, dalla sua diffusione e dall’epoca gestazionale e dalle implicazioni che il trattamento comporta per la sopravvivenza del feto e per il miglioramento delle condizioni della donna anche in termini di prospettive di vita. Alcuni studi, anche se non completamente validi, suggeriscono come l’interruzione della gravidanza non migliori la prognosi per la donna.

In questo campo le opinioni mediche sono contrastanti e alcuni specialisti ritengono che l’interruzione di gravidanza consenta di rallentare il decorso dei tumori al seno più gravi. Si tratta in tutti i casi di scelte delicate e personali che vanno affrontate con l’attenzione che meritano e con un supporto psicologico, oltre che medico.

Il trattamento chirurgico può prevedere la rimozione della sola parte contaminata dal tumore o la mastectomia, ovvero la rimozione del seno. È qui doveroso porre l’attenzione sull’allattamento al seno. Nelle donne che ricevono diagnosi di tumore al seno durante l’allattamento o nel corso della gravidanza l’allattamento non è di per sé precluso e non esistono prove che mostrino il rischio del passaggio di cellule tumorali al bambino tramite il latte materno, ma resta una decisione da valutare anche in relazione al tipo di trattamento da seguire.

Nelle donne che assumono farmaci per la chemioterapia o per i trattamenti ormonali, invece, l’allattamento al seno è controindicato. Sicuramente l’allattamento al seno non aumenta il rischio di comparsa di un nuovo tumore e anzi è una forma di prevenzione. Parallelamente al trattamento chirurgico va posta attenzione al controllo della diffusione dei linfonodi che generalmente nei casi di tumore al seno in gravidanza vengono rimossi.

Un tumore al seno non comporta conseguenze negative sulla salute del bambino (sebbene è maggiore il rischio di basso peso alla nascita) e il parto può essere praticato per via vaginale. In alcuni casi il parto può essere indotto proprio per consentire un parto naturale, ma l’eventualità del ricorso al parto cesareo non comporta rischi specifici legati alla presenza del tumore.

La gravidanza dopo un tumore al seno

Cosa cambia, invece, nelle donne che dopo la diagnosi (e il trattamento) per il tumore al seno vorrebbero cercare una nuova gravidanza? L’interesse per la fertilità rimane alto nelle donne che hanno avuto un tumore al seno sebbene non sempre si converta poi in un tentativo reale di concepimento.

Di per sé la fertilità non è compromessa, ma è possibile che alcuni trattamenti rendano il concepimento più difficile anche per un maggior rischio di menopausa precoce. In questi casi il consiglio è quello di richiedere una consulenza preventiva per affrontare in maniera corretta la ricerca e l’inizio della gravidanza.

Oggi è in aumento anche il numero di donne guarite dal cancro al seno, sia per merito della diagnosi precoce che del miglioramento delle terapie e una gravidanza successiva a un tumore è possibile anche potendo contare sulle tecniche di procreazione medicalmente assistita che possono offrire garanzie maggiori.

Nonostante alcuni tumori siano più sensibili agli estrogeni non ci sono evidenze sullo sviluppo di una recidiva; la gravidanza, quindi, non è causa di un ritorno di un nuovo tumore al seno.

L’allattamento al seno è potenzialmente possibile ma spesso difficoltoso e con probabile riduzione della quantità di latte materno prodotta a causa delle conseguenze che il trattamento chirurgico ha determinato sulla struttura mammaria

Tumore al seno: prevenzione e cura

Sono diverse le scelte che possono essere messe in atto per ridurre il rischio di tumore al seno. Innanzitutto il ricorso agli screening che possono individuare precocemente queste forme di carcinoma.

Parallelamente l’attenzione all’alimentazione, al mantenimento del perso forma e a uno stile di vita corretto privo di eccessi e abusi aiuta a prevenire lo sviluppo del tumore al seno. Anche l’allattamento al seno, come anticipato, è una forma di prevenzione in quanto le cellule del seno riescono a completare la propria maturazione e resistere meglio alle eventuali neoplasie.

Parlando del tumore al seno in gravidanza abbiamo avuto modo di accennare ai diversi trattamenti disponibili, da quelli conservativi tesi a mantenere la mammella rimuovendo solo i tessuti lesionati, a quelli più aggressivi. In entrambi i casi può essere poi valutato la possibilità di ricostruzione del seno per contribuire a ripristinare la propria identità non solo dal punto di vista fisico.

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  • Patologie in gravidanza