
Rimanere incinta dopo una diagnosi di tumore al colon-retto? Ecco quando (e come) è possibile e cosa c'è da sapere.
Il raschiamento uterino è un’operazione chirurgica collegata erroneamente al solo aborto spontaneo. Ecco tutto quello che c’è da sapere, dai rapporti alla possibilità di una nuova gravidanza.
Cerchiamo quindi di fare chiarezza.
In realtà l’espressione stessa, “raschiamento uterino”, è piuttosto colloquiale. In termini medici, infatti, preferiamo la dicitura revisione di cavità uterina (RCU) o, attingendo alla cultura anglosassone, dilatazione e curettage (D&C).
Parlando in linea generale l’utero è un organo cavo, e alla cavità uterina si arriva per vie naturali, senza dover tagliare per poi mettere dei punti; si passa attraverso la vagina, il canale cervicale, che è la parte del collo dell’utero, e si arriva in cavità, dove si lavora.
Nonostante la gran parte delle persone pensi che la RCU si effettui nei casi di aborto spontaneo, quella dell’interruzione di gravidanza non è la sola circostanza che ne richiede l’utilizzo; ci sono anche casi che appartengono non al ramo ostetrico ma ginecologico, in cui si interviene perlopiù sull’endometrio, ovvero il rivestimento interno dell’utero, che presenta patologie. Può ad esempio sanguinare, come accade in perinomenopausa, quindi presentare una metrorragia, che richiede proprio una D&C o raschiamento uterino.
C’è da dire che un intervento di questo tipo risulta però oggi vetusto, dato che il raschiamento si fa “alla cieca”, fidandosi solo delle proprie sensazione; per questo, è stato sostituito dall’isteroscopia, che permette di entrare nell’area con una microcamera, essendo quindi decisamente più selettivi e mirati.
Che si tratti di procedura ostetrica o ginecologica lo scopo è il medesimo: il raschiamento uterino si fa per portare all’esterno qualcosa che non può più stare nell’utero.
Se parliamo dal punto di vista ostetrico nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di un fenomeno abortivo, quindi ci troviamo di fronte a un aborto ritenuto, nel quale l’embrione rimane all’interno, o a un aborto incompleto, in cui una parte dell’espulsione avviene per vie naturali però va completata.
La procedura è comunque analoga in tutti i casi: si inizia col dilatare il collo dell’utero, il cui canale cervicale ha normalmente un diametro di circa 2 millimetri; nel dettaglio, deve essere portato fino alle dimensioni dello strumento che si intende usare, ovvero curette, pinza o altre cose.
Nel caso degli aborti talvolta la D&C può essere sostituita da un’operazione altrettanto efficace ma meno invasiva, l’isterosuzione, che permette di entrare con una piccola cannula attaccata a una sorta di “apirapolvere”. Si usa soprattutto se siamo in presenza di parti da espellere particolarmente “tenaci”, che proprio non ne vogliono sapere di uscire.
Facendo un lungo passo nella gravidanza, eventualmente il raschiamento uterino può essere usato anche per completare l’espulsione della placenta dopo il parto, laddove non venga espulsa spontaneamente.
Come detto, anche negli interventi di ginecologia la procedura resta la medesima.
Per quanto riguarda le complicazione, eccezion fatta per quelle generiche, che possono manifestarsi in ogni intervento (come emorragie, o infezioni), il raschiamento uterino è un’operazione a basso rischio, anche se le due conseguenze negative più importanti sono la creazione di sinechie, ovvero aderenze, se si va particolarmente in profondità, frequenti soprattutto nel caso di poliabortività, e la perforazione uterina, che può avvenire in particolare nelle operazioni di D&C effettuate dopo il parto, quando l’utero è molto più sottile e floscio. Questo tipo di complicanza può non richiedere altro che controlli e antibiotici, perché il foro tende a richiudersi spontaneamente, ma se necessario si ripara con laparoscopia, suturando la lesione.
Ricordando che l’operazione è eseguita in day hospital, e dopo 4 ore la paziente può tornare a casa, vediamo le conseguenze su tre particolari aspetti della vita di una donna.
Può essere ritentata dopo una mestruazione e per prudenza un controllo ecografico, fermo restando che se nel frattempo la donna dovesse rimanere incinta questo non rappresenterebbe un problema.
In caso di raschiamento post abortivo il primo ciclo compare più abbondante mediamente 30-40 giorni dopo la procedura, dopo l’azzeramento delle BetaHCG. In caso di intervento per ragioni chirurgiche, invece, è molto probabile notare un flusso mestruale meno abbondante, a causa della rimozione di parte dell’endometrio.
Dopo l’operazione il canale cervicale resa dilatato per qualche tempo, favorendo l’entrata di batteri. Consiglierei quindi di avere rapporto protetti almeno fino alla prima mestruazione, o addirittura l’astensione.
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