In Italia, il numero di parti che avvengono con taglio cesareo è andato sempre più aumentando negli anni, fino a raggiungere la percentuale più alta registrata in Europa, quasi il 40% del totale.

Il ricorso al parto cesareo rispetto a quello naturale comporta maggiori rischi sia per la donna che per il nascituro, ed è pertanto richiesto solo in caso di indicazioni cliniche specifiche.

Le linee guida del Ministero della Salute fissano al 25% la quota massima di cesarei primari (la prima volta che il parto avviene con il taglio cesareo) per le maternità con più di 1000 parti annui e 15% per le maternità con meno di 1000 parti annui.

I dati resi noti dal Ministero per quest’anno ci indicano che la proporzione di parti cesarei primari continua a calare progressivamente dal 29% del 2010 al 25% del 2015. Negli ultimi 5 anni sono circa 45.000 le donne alle quali è stato risparmiato un taglio cesareo primario, di cui 12.000 solo nel 2015.

Rimangono però ancora notevoli le differenze tra le regioni del nord Italia e le regioni del sud, con valori medi rispettivamente inferiori e superiori al 20% e che, nel caso della Campania, che si conferma fanalino di coda, sono stabili al 50%. Fa eccezione la Liguria, con risultati simili a quelli delle regioni del Sud.

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