Non si arresta la lunga scia di episodi di malasanità che da qualche tempo a questa parte sta interessando donne incinte un po’ in ogni parte d’Italia. È infatti di questa mattina l’ennesima notizia che un’italiana 37enne è morta all’Ospedale Buzzi di Milano, poche ore dopo aver partorito tre gemelli. La donna è deceduta per “complicanze post-partum” dopo un cesareo, come ha spiegato il direttore sanitario dell’Ospedale Antonio Bonaldi.

Questa tragico evento è solo l’ultimo di una serie di casi di malasanità legati a gravidanze nell’ultimo periodo. È infatti del 26 agosto la lite in sala parto, con relativi vetri in frantumi, al Policlinico di Messina, dove due medici vengono alle mani sull’opportunità di effettuare o meno un taglio cesareo. Il bimbo è stato dimesso solo pochi giorni fa, dopo essere stato in condizioni critiche, mentre alla donna, operata da un’altra equipe, è stato asportato l’utero.

È invece di appena 13 giorni fa il caso di una donna di Padova che ha perso il bimbo, finendo in coma farmacologico dopo un cesareo d’urgenza e una drammatica corsa senza ambulanza dall’ospedale di Piove di Sacco.

L’8 settembre, a Policoro (Matera), una donna è morta dopo un parto cesareo con cui ha dato alla luce due gemelli.

Diversi i casi di errori sanitari anche nel cosentino: il 19 luglio a Rossano è morta una neonata dopo un cesareo d’urgenza, il 21 maggio sono morti due neonati presso l’Azienda Ospedaliera Santa Annunziata, con relativo invio degli ispettori del Ministero da parte del Ministro Ferruccio Fazio.

Il 20 maggio, infine, una bimba nasce all’Ospedale civile di Venezia con un gravissimo danno cerebrale, dopo un parto cesareo su cui la Commissione parlamentare di inchiesta su errori in campo sanitario ha chiesto una relazione dettagliata.

Eppure l’Italia è considerata ancora oggi tra i primi al mondo per la sicurezza in sala parto. La mortalità al parto in Italia è infatti tra le più basse in Europa, con 2,5 morti ogni mille nati, superati solo dalla Germania, dall’Olanda e dalla Norvegia. Forse ciò è dovuto proprio al fatto che l’Italia ha il record dei parti cesarei. Con il 38,9% siamo infatti al primo posto nella classifica dei Paesi europei e la media delle regioni indica che in Campania 6 parti su dieci sono cesarei (61,8%) e seconda è la Sicilia con il 54,1%.

Oggi, dunque, i ginecologi che ricorrono al parto naturale diventano sempre più rari e, di conseguenza, diminuisce anche l’esperienza e la pratica di tale tipo di medicina ostetrica. Quello che è inammissibile è assistere allo scarico di responsabilità dei vari protagonisti e all’immagine della professionalità medica mortificata, in un Paese come il nostro, dove l’eccellenza di tanti viene troppo spesso mortificata dalla mediocrità di pochi. Quei pochi che andrebbero immediatamente allontanati da quei reparti specialistici per i quali evidentemente non sono adatti.

Gli errori in sala parto naturalmente ci sono e ne vanno accertate le responsabilità, che quasi sempre sono dovute ad errore umano, sia medico che chirurgico, e a decisioni sbagliate di fronte all’urgenza e all’emergenza. Errori in cui chi ne paga le conseguenze sono i bambini e le loro mamme.
Per contenere al minimo questi errori, bisognerebbe ottimizzare e rendere conformi le strutture sanitarie, con centri per il parto sempre più efficienti e tecnologicamente avanzati, che si servano di medici ginecologi addestrati ad affrontare nel miglior modo possibile ogni tipo di urgenza ed emergenza.

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