Gli esami del sangue sono i test maggiormente impiegati durante la gravidanza per monitorare l’evoluzione del feto e per individuare precocemente patologie e condizioni che potrebbero inficiare con la gestazione o portare a delle complicazioni. Tra gli esami del sangue di routine rientra anche il test di Coombs, fondamentale per valutare se vi è l’incompatibilità materno-fetale. Di cosa si tratta? In che senso madre e feto possono essere incompatibili?

L’incompatibilità materno-fetale è quella condizione che si verifica quando il gruppo sanguigno della madre fosse in contrasto con quello del feto. Quando la madre ha un gruppo sanguigno Rh-negativo e il feto uno Rh-positivo si verifica un’incompatibilità per cui il sistema immunitario materno attacca – in quanto li riconosce come estranei – i globuli rossi presenti nel sangue del feto.

Grazie al test di Coombs è possibile verificare la presenza di questa situazione e prevenirla adeguatamente tutte le complicanze che, come ricordato dall’Ospedale Bambino Gesù, possono essere anche gravi e portare anemia (moderata o grave), iperbilirubinemia, ittero e idrope fetale.

A cosa serve il test di Coombs indiretto?

Il test di Coombs è un esame di laboratorio eseguito su un campione di sangue per verificare la presenza degli anticorpi che possono attaccare i globuli rossi. Come indica il nome stesso l’esame può essere diretto o indiretto. Come precisato dal Cleveland Clinic il test di Coombs si dice diretto quando esamina i globuli rossi per verificare se su di essi ci sono degli anticorpi. Si utilizza prevalentemente per diagnosticare le condizioni legate al sangue, come l’anemia emolitica autoimmune.

Il test di Coombs indiretto, eseguito non solo come esame di screening in gravidanza, ma anche in preparazione di una trasfusione o per diagnosticare alcune forme di anemia e patologie (mononucleosi infettiva, artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico, sclerodermia e tubercolosi), indaga se sono presenti degli anticorpi nel sangue che potrebbero attaccare i globuli rossi.

Il test di Coombs indiretto in gravidanza

Questo esame viene eseguito tra la nona e la tredicesima settimana di gravidanza e, nelle donne con fattore Rh negativo, viene ripetuto tra la trentaquattresima e la trentaseiesima settimana di gestazione.

Come ricordato dall’Istituto Superiore di Sanità si tratta di un esame fondamentale per stabilire il rischio che il nascituro possa andare incontro a un’anemia emolitica. In presenza di un’incompatibilità dei gruppi sanguigni il sistema immunitario materno, al primo contatto tra i due flussi sanguigni (durante il parto, un aborto o un’amniocentesi), si sensibilizza producendo gli anticorpi che gli consentiranno, a un successivo contatto, di riconoscerli e contrastarli.

Per questo motivo durante le successive gravidanze il sistema immunitario è già istruito per la produzione di anticorpi anti-Rh con lo scopo di distruggere i globuli rossi nel sangue del feto provocando l’anemia emolitica nel feto. Questa condizione potrebbe provocare anche la morte intrauterina del feto.

Test di Coombs indiretto negativo: cosa significa?

L’esito negativo del test di Coombs indiretto significa che nel sangue non sono stati individuati gli anticorpi contro i globuli rossi e non è quindi necessario intervenire trattandosi di una condizione normale, sicura e priva di rischi per il feto.

Test di Coombs indiretto positivo: cosa significa?

Il risultato positivo del test di Coombs indiretto indica la presenza di anticorpi circolanti all’interno del sangue che potrebbero attaccare i globuli rossi.

È bene precisare, come riportato da WebMD, che la presenza di anticorpi individuati dal test di Coombs non significa necessariamente un’incompatibilità materno-fetale. Non tutti gli anticorpi rilevati dal test sono dannosi e saranno quindi necessari degli approfondimenti per comprendere la tipologia di questi anticorpi.

In questi casi è necessario sottoporsi a una visita per valutare se il risultato positivo sia legato all’incompatibilità materno-fetale o a un’infezione, all’uso di farmaci o a una condizione di autoimmunità. Laddove confermata l’incompatibilità potrebbe essere necessario adottare misure per proteggere il bambino; il trattamento prevede iniezioni di immunoglobuline Rh con lo scopo di impedire la produzione di questi anticorpi.

Come effettuarlo e i costi

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Fonte iStock

Il test indiretto è noto anche con il nome di test dell’antiglobulina indiretto e per chi vi si sottopone consiste in un semplice prelievo di sangue per il quale non occorre una preparazione specifica. L’analisi del campione di sangue, come specificato dal Manuale MSD, analizza la presenza di anticorpi IgG contro i globuli rossi (RBC) presenti nel plasma.

Il plasma viene incubato con i globuli rossi reagenti; quindi viene aggiunto il siero di Coombs (anticorpi anti-IgG umane o anti-IgG umane). Nel caso in cui si verifica una reazione (agglutinazione) significa che sono presenti gli anticorpi IgG contro i globuli rossi.

Il test di Coombs indiretto rientra tra gli esami erogati gratuitamente in convenzione dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) come indicato nell’Allegato B del Decreto ministeriale del 10 settembre 1998. Questo esame viene erogato alle donne con gruppo sanguigno Rh negativo e che sono a rischio di immunizzazione. In questi casi il test deve essere ripetuto ogni mese. A pagamento il costo del test di Coombs indiretto varia da struttura a struttura, ma generalmente è di pochi euro.

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  • Esami in gravidanza