La sindrome di Klinefelter è una delle più comuni anomalie cromosomiche, ma di cosa si tratta davvero? Quali sono i sintomi? Che tipo di conseguenze ci sono per un bambino, o un adulto, che abbia questa condizione genetica?

Le notizie che si trovano su internet sono poco rassicuranti e per lo più spaventano i futuri genitori che si informano per saperne di più, una volta ricevuto il responso degli esami effettuati durante la gravidanza.

Sindrome di Klinefelter: cos’è

La sindrome è data da un’anomalia cromosomica che consiste nella presenza di un cromosoma X in più. Di solito le donne hanno due cromosomi sessuali XX e gli uomini XY, mentre chi ha la sindrome di Klinefelter ha due (o più) cromosomi X e un cromosoma Y: per questo vengono indicati come XXY o 47,XXY.

Questa anomalia si verifica nel momento del concepimento e porta una serie di copie in più dei geni, che interferiscono con lo sviluppo dei testicoli e determinano una produzione molto bassa del testosterone, l’ormone sessuale maschile.

La forma più comune (interessa circa 1 neonato su 500) è l’aneuploidia 47, cioè quella che presenta un solo cromosoma X in più. Altre forme sono molto più rare e hanno conseguenze più serie per lo sviluppo del bambino. Data la sua incidenza è stata inserita nei nuovi LEA come malattia cronica e non si trova più nell’elenco delle patologie rare.

Per capire cosa significhi nel concreto avere la sindrome di Klinefelter abbiamo parlato con Massimo Cresti, presidente dell’associazione Nascere Klinefelter, che conta 255 soci e referenti in ogni regione d’Italia.

Innanzitutto, spiega Cresti, vanno abbattuti i pregiudizi e la scarsa (o imprecisa) informazione riguardo la sindrome:

Se cerchi cos’è la sindrome di Klinefelter vedi delle cose che ti spaventano. Si legge ad esempio che provoca ritardo mentale, crescita anomala degli arti inferiori, sviluppo del seno (ginecomastia): quelli a cui si fa riferimento però sono casi che riguardano persone adulte, che non sono state sottoposte ad alcuna terapia o l’hanno fatto tardivamente, quindi è chiaro che la malattia può presentare dei sintomi che però magari non c’entrano niente con l’effettiva condizione genetica.

La diagnosi di Klinefelter porta spesso la coppia a decidere di interrompere la gravidanza, spiega Cresti, che sottolinea come una difficoltà ulteriore legata alla sindrome è il modo in cui viene comunicata ai futuri genitori:

Anche solo il leggere la parola “sindrome” sul referto manda nel caos un genitore. Si associa a condizioni gravi, e spesso manca una reale informazione su cosa significhi essere Klinefelter. L’aspetto psicologico, quando si affronta una patologia, è molto importante. Eppure spesso viene sottovalutato: ci si ferma ai risultati del test del DNA fetale o dell’amniocentesi e i genitori vengono lasciati soli, senza essere preparati preventivamente e neppure successivamente. È stato studiato che comunicare a una futura mamma la patologia di un figlio, o a un adulto la sterilità, equivale a comunicare un cancro. Per questo la comunicazione dovrebbe essere più empatica, bisognerebbe parlare di persona ai futuri genitori spiegando bene di cosa si tratta e non solo comunicare l’esito degli esami al telefono. Anche per questi motivi noi suggeriamo sempre di parlare con chi vive la sindrome, prima di decidere per un’interruzione di gravidanza.

Sindrome di Klinefelter: i sintomi

Come detto, la presenza di un’anomalia nel corredo cromosomico del feto si può riscontrare con i test prenatali: il Nipt test (o test del DNA fetale) e l’amniocentesi.

Con questi esami è possibile riconoscere precocemente la presenza dell‘alterazione cromosomica: nella maggior parte dei casi, oggi, la Klinefelter viene individuata già durante la gravidanza.

Può anche succedere di riconoscerla più tardi, quando il bambino inizia a presentare alcune alterazioni nello sviluppo, oppure in età adulta. “In passato – aggiunge Cresti – in assenza di diagnosi prenatale la malattia veniva riconosciuta solo (e non sempre) in età adulta, a riprova di una sintomatologia lieve, a volte irriconoscibile”. Come conferma l’Istituto superiore di Sanità

La sindrome di Klinefelter può causare disturbi (sintomi) talmente poco evidenti da non portare la persona che ne è colpita dal medico specialista. L’accertamento della condizione (diagnosi) è spesso effettuato in occasione di analisi eseguite per altri problemi come, ad esempio, l’infertilità di coppia.

Ma quali sono gli effetti della sindrome sui bambini e sugli adulti? Per prima cosa, spiega Cresti, ogni sintomo può essere più o meno presente anche e soprattutto in base al tipo di intervento che si è avuto dalla prima infanzia: per questo la diagnosi precoce è fondamentale, come pure la pianificazione di interventi mirati e precoci.

Spesso i bambini vengono lasciati “soli”, senza cioè iniziare alcun tipo di terapia o intervento, fino alla pubertà, intorno agli 8 anni. Al compimento dei 18 anni poi si può iniziare a seguire una terapia ormonale a base di testosterone. Quella però non è l’unica modalità di intervento: è importante dare ai bambini un adeguato sostegno con sedute di psicomotricità che sviluppa l’attenzione e di logopedia che sviluppa il linguaggio; in questo modo è stato dimostrato che il bambino avrà minori problemi di apprendimento.

Come si legge sul sito dell’Osservatorio malattie rare

I sintomi della sindrome hanno gravità proporzionale al numero di cromosomi in esubero presenti nell’organismo. L’insorgenza della patologia non è ereditaria, ma è conseguente all’anomala formazione cromosomica: durante la meiosi la cellula non si disgiunge e vengono prodotti gameti con un eccesso di cromosomi sessuali.

Sindrome di Klinefelter: la terapia

Come anticipato, la terapia per la sindrome è a base di testosterone. È opportuna la presa in carico da parte di un centro medico multidisciplinare.

Anche il consulto con un logopedista è molto importante per aiutare il bambino nello sviluppo del linguaggio, come pure un adeguato (e precoce) percorso di psicomotricità.Tra le conseguenze della sindrome di Klinefelter possono trovarsi anche alcune difficoltà nella memoria a breve termine:

Se mi chiedi cosa ho mangiato ieri ci metto qualche secondo a ricordarmelo e a risponderti: io dico sempre che è come il segnale di un televisore un po’ datato che arriva in ritardo rispetto a quello nuovo di zecca. È limitante nello studio, come possono esserlo i disturbi di apprendimento di cui soffre circa il 60% di chi ha la sindrome di Klineferter. Un aspetto che preoccupa molto le future mamme, ma secondo alcuni studi ancora in corso questa percentuale potrebbe essere molto più bassa e non arrivare oltre il 20%.

La vita con la sindrome di Klinefelter

Mentre nel maschio in generale il testosterone viene prodotto negli ultimi 6 mesi di gravidanza nella pancia della mamma e nei primi tre mesi di vita dopo la nascita poi si azzera e risale con la pubertà, mentre, come spiega il presidente dell’associazione Nascere Klinefelter, nei bambini che presentano questa alterazione cromosomica

La produzione di testosterone con la sindrome di Klinefelter diminuisce lentamente e a 18 anni si ferma del tutto. Un cambiamento che può provocare sbalzi d’umore, irritabilità e nervosismo. L’adolescenza è già difficile così, se poi il rendimento a scuola cala in seguito alle difficoltà di memoria e di apprendimento i contrasti scolastici e familiari possono aumentare. Noi abbiamo un gruppo anche per gli adolescenti, in cui possono confrontarsi senza timore di essere giudicati.

Per chi vive con la sindrome di Klinefelter il periodo più critico, spiega Cresti, è proprio quello dell’adolescenza:

Molti adolescenti incolpano i loro genitori ma non è colpa di nessuno, succede e basta. Per molti ragazzi è difficile affrontare l’argomento: nei nostri gruppi trovano uno spazio protetto in cui non sentirsi giudicati e in cui possono parlare liberamente.

In età adulta, poi, è la condizione di sterilità quella più complessa da affrontare per chi ha la sindrome di Klinefelter, aggiunge Cresti:

La sterilità è limitante per un uomo, senza dubbio. Spiego spesso, a chi ci contatta chiedendosi se ha senso mettere al mondo un figlio che con ogni probabilità non potrà diventare genitore a sua volta, che ci sono molti modi per diventare genitori, c’è l’adozione, c’è l’eterologa, se un uomo vuole diventare padre. Ci sono poi stati anche casi di adulti con la sindrome di Klinefelter che hanno avuto figli propri, pur avendo pochi spermatozoi.

Il presidente dell’associazione sottolinea poi che dai 18 anni, con l’inizio della terapia ormonale

conduciamo una vita per lo più normale. La cosa importante è conoscere la malattia e intervenire il prima possibile per migliorare la vita di questi bambini. Spesso si trascura l’aspetto psicologico, che è molto importante perché il bambino forma la propria identità nel contesto familiare e sociale in cui si trova, e deve essere trattato come tutti gli altri.

Se i genitori vivono la condizione del figlio con ansia, disagio, vergogna, paura, il bambino lo percepisce e crescendo si sente sbagliato, conclude il presidente dell’associazione: “Anche per questo è fondamentale che i genitori si mettano in contatto con associazioni mirate alle fasi prenatale pediatrica e adolescenziale, senza dimenticare l’adulto”.

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