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Jean Piaget descrive lo stadio pre-operatorio come caratterizzato da compiti e operazioni che il bambino non riesce ancora a svolgere da solo con successo. Infatti non è arrivato ancora a un tipo di ragionamento che coinvolga operazioni logiche. L’egocentrismo infantile è uno dei tratti tipici di questa fase.
Vediamo quando e come si manifesta nei bambini.
Egocentrismo infantile: quando si manifesta?
L’egocentrismo infantile si manifesta nei bambini tra i 2 e i 7 anni; non va confuso con l’egoismo, come a volte i genitori tendono a fare. Si tratta di una fase tipica del pensiero dello stadio pre-operatorio, secondo la classificazione di Piaget.
Tra i 2 e i 7 anni il bambino, quando osserva degli eventi li associa ad azioni simili a quelle che lui stesso ha compiuto o visto compiere agli altri (e di cui conserva rappresentazioni mentali). Questo causa nel bambino il fenomeno dell’egocentrismo del pensiero o egocentrismo intellettuale, come lo definisce Piaget.
Ad esempio, osservando il Sole muoversi in cielo, il bambino associa il movimento del sole a uno dei movimenti che lui stesso compie. Quindi, anche il Sole, come il bambino, si sforza quando si muove, oppure si muove perché ha una particolare intenzione o scopo. L’aspetto egocentrico del bambino consiste nell’attribuire al Sole una natura simile alla propria.
Questa è una fase di passaggio, in cui il bambino ha difficoltà a uscire da se stesso, e che supererà con la crescita e le fasi successive dello sviluppo.
Egocentrismo infantile: come si manifesta?
Il pensiero egocentrico e intuitivo dà vita a particolari aspetti che caratterizzano il comportamento e la natura del bambino in questo periodo. Ecco quali sono:
Ossia il fatto che il bambino attribuisce la vita (un’anima) agli oggetti. Il sole si stanca quando si muove e vive perché ha uno scopo; la Luna ci segue quando facciamo una passeggiata (in quanto viene sempre vista alla stessa distanza), ma poi, quando invertiamo la marcia, torna indietro insieme a noi. Un’automobile o una bicicletta sono animate, quindi sono “vive” quando il bambino le vede muoversi.
Si tratta della tendenza a pensare che gli elementi naturali siano frutto della fabbricazione dell’uomo o siano creati da una realtà divina. Ad esempio, il Sole è stato acceso con un fiammifero, il lago è stato creato versando tanta acqua dai rubinetti fatti dagli uomini;
Il finalismo è la credenza che ogni fenomeno, oggetto o azione abbia uno scopo preciso; tutto è fatto per gli uomini o per i bambini. Ad esempio, la Luna esiste perché deve illuminare la notte. In alcuni casi, la visione è ancora più egocentrica: le cose casuali sembrano fatte proprio per il bambino, che osserva e attribuisce loro una finalità. Ad esempio, l’erba cresce perché così, quando il bambino cade, non si fa male; la palla rotola verso di lui perché vuole giocare.
Come educare alla condivisione? 2 consigli
Gli adulti, genitori ed educatori in primis, possono aiutare i bambini a vivere al meglio questa fase dello sviluppo. Vediamo come attraverso due semplici consigli.
1. L’esempio insegna più di mille parole
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Per questo motivo, è importante che i genitori a casa diano un esempio di reciproco aiuto, ascolto e condivisione. Cosa si può fare concretamente? Coinvolgere anche i bambini nelle attività quotidiane, come rimettere in ordine i giochi, apparecchiare la tavola, aiutarsi con fratelli e sorelle.
2. Cooperare tra compagni all’asilo
Nella scuola dell’infanzia gli educatori dovrebbero puntare soprattutto a creare momenti di condivisione e cooperazione tra bambini: questo li aiuterà a sentirsi parte di una comunità. Qualche esempio concreto: realizzare insieme ai compagni un cartellone disegnando o dipingendo insieme; attraverso il rinforzo, gratificare i comportamenti d’aiuto che i bambini, spontaneamente, mettono in atto verso i compagni più fragili.