Realtà poco nota in Italia, negli ultimi tempi, complice il timore di portare a casa, tramite i bambini, il rischio di contagio da Covid-19, si parla sempre più spesso, di homeschooling; questa espressione, letteralmente significa “fare scuola a casa” e indica l’istruzione domiciliare o parentale svolta, quindi, al di fuori delle istituzioni pubbliche e private.

Vediamo di cosa si tratta, come è regolata in Italia e quali sono i pro e i contro.

Homeschooling: cos’è?

L’homeschooling o educazione parentale è un tipo di scelta educativa ben precisa. Il percorso di educazione e formazione, solitamente affidato alla scuola, è impartito a casa dai genitori o da altre persone vicine alla famiglia, o da educatori da questa individuate.

Non ci sono particolari requisiti: chi impartisce l’educazione parentale deve semplicemente saper coinvolgere bambini e ragazzi, e padroneggiare conoscenze e metodologie per favorire l’apprendimento.

Le modalità dell’educazione parentale sono estremamente flessibili. I genitori possono scegliere tempi e modi dell’istruzione. Per esempio, c’è chi predilige un’educazione quotidiana, più classica e tradizionale, improntata alla programmazione didattica scolastica. Altre famiglie puntano a un apprendimento più diradato e spontaneo, senza rincorrere i programmi, facendo da guide. Molti genitori, infine, incoraggiano i bambini al contatto con la terra e la natura.

Educazione parentale, infatti, non significa tenere bambini e ragazzi chiusi in casa, anzi; le occasioni di socializzazione con i coetanei sono spesso ricercate. Per esempio, frequentando gli spazi all’aperto della propria città, le biblioteche; facendo attività sportive, attraverso la musica (imparando a suonare uno strumento), partecipando a scambi culturali per apprendere un’altra lingua.

Cosa dice la legge in Italia?

L’articolo 34 della Costituzione italiana afferma che “la scuola è aperta a tutti” e “l’istruzione inferiore è obbligatoria e gratuita“; l’articolo 30 mette in risalto la responsabilità genitoriale: “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire, educare i figli“.

Se è vero che siamo abituati, per lo più, a pensare all’educazione e all’istruzione immaginando i bambini a scuola, è anche vero che esiste un’alternativa: l’istruzione parentale, conosciuta anche come homeschooling o home education in inglese. In concreto, significa che la famiglia sceglie di provvedere in prima persona all’educazione dei figli.

Nel caso in cui i genitori decidano per il percorso di homeschooling, dovranno preliminarmente seguire un iter burocratico, piuttosto semplice. Si tratta di rilasciare una specifica dichiarazione al dirigente scolastico dell’istituto scolastico più vicino. Il documento, che riguarda la capacità di farsi carico dell’istruzione parentale, andrà rinnovato di anno in anno. Compito del Preside è quello di verificare che sia fondato.

Per assolvere il diritto-dovere all’istruzione, alla fine di ogni anno l’alunno dovrà sostenere un esame di idoneità, per essere promosso alla classe successiva. Nello specifico, lo studente sosterrà annualmente l’esame, in una scuola statale o paritaria e in qualità di candidato esterno, per tutta la durata dell’obbligo di istruzione. La scuola ha l’obbligo di controllare che l’alunno assolva l’obbligo di istruzione. Questo onere spetta sia al dirigente scolastico, sia al sindaco.

Nel caso l’alunno e la famiglia dovessero cambiare idea, ogni anno c’è la possibilità di tornare a inserirsi nella scuola tradizionale.

Homeschooling: pro e contro

Tra i maggiori vantaggi dell’homeschooling ci sono la flessibilità e la personalizzazione dell’insegnamento. La programmazione didattica, infatti, è individualizzata, per andare incontro alle esigenze del bambino e agevolare il suo stile di apprendimento privilegiato.

Un’altra ragione che spinge diversi genitori a propendere per l’educazione parentale è spesso la presenza di una malattia. Questo tipo di educazione, infatti, può rivelarsi il più indicato – e talvolta essere una scelta obbligata – in presenza di seri problemi di salute, o nel caso di bambini immunodepressi, che devono ridurre al minimo le uscite e i contatti sociali.

Altri genitori fanno questa scelta perché spaventati da pressioni sociali sempre più forti; per esempio, per proteggere i figli da fenomeni come il cyberbullismo, purtroppo sempre più diffusi.

A fronte di questi vantaggi, però, sono tanti anche i “contro” dell’educazione parentale. In primis, c’è l’aspetto della socializzazione. Con l’homeschooling, infatti, la dimensione sociale dell’apprendimento è ridotta in modo davvero consistente. Per questo motivo, un bambino che decide di inserirsi a scuola dopo un periodo di tempo a casa, non essendo abituato al contatto frequente e quotidiano con gli altri bambini, potrebbe avere maggiori problemi a integrarsi nella classe.

Inoltre, il bambino ha meno occasioni di confronto con l’autorità e con figure di adulti diverse da quelle genitoriali. L’educazione domestica, poi, potrebbe non essere all’altezza di quella di un insegnante qualificato.

Un altro svantaggio è l’impegno, davvero importante in termini di tempo ed energie, che l’homeschooling richiede ai genitori. Si tratta di un lavoro a tempo pieno vero e proprio, che necessità pazienza, dedizione, e tanto tempo da dedicare a questa attività.

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