
Esami in gravidanza: il calendario completo delle analisi e delle indagini cui sottoporsi durante la gestazione per monitorare la salute materno-fe...
Cosa comporta avere l’acetone in gravidanza? E perché alle donne incinte viene spesso diagnosticata la chetosi? Scopriamo qualcosa in più su questo problema, come riconoscerne i sintomi e i possibili rimedi.
Nei 9 mesi di gestazione le donne fanno i conti con i possibili “problemi” collegati, in particolar modo, all’aumento di peso, agli ormoni e ai cambiamenti alimentari. Queste trasformazioni possono essere la causa di alcuni fastidi o patologie, tra cui l’acetone in gravidanza. Come riconoscerlo, quali sono le cause e come rimediare a questo disturbo?
Innanzitutto è importante comprendere bene cosa sono i chetoni, che danno origine alla chetosi, ovvero l’acetone. In questo articolo affronteremo questo argomento, per fornirvi chiaramente tutte le spiegazioni su cause, sintomi e soluzioni.
Il sintomo più facilmente riconoscibile è l’odore delle urine, che, in presenza di acetone o chetosi, è pungente. Anche il colore scuro è sintomo di un’alterazione. Entrambi questi fattori evidenziano, sebbene sia sempre necessario effettuare l’esame delle urine o del sangue sotto consiglio medico, la presenza di chetoni.
Al cambiamento delle urine, si possono aggiungere altri sintomi che, tuttavia, non fanno pensare immediatamente alla chetosi ma a un “semplice” disagio dovuto proprio alla gravidanza. Questi sono: spossatezza, mal di testa, dolori addominali, inappetenza e vomito con conseguente disidratazione.
Chiamati anche acetoni o corpi chetonici, i chetoni sono i prodotti di scarto dell’uso dei grassi. In sostanza l’organismo cerca di ricavare il glucosio dai lipidi. Questi, però, non possono essere usati come fonte di energia in assenza di carboidrati, ecco perché il corpo prima di impiegarli e li trasforma in acetoni.
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Esistono tre tipologie di chetoni: aceto-acetato, beta-idrossibutirrato e acetone. L’organismo elimina i chetoni in eccesso con le urine e la loro presenza ne altera, appunto, l’odore e il colore.
La gravidanza è già di per sé una delle cause principali della presenza di chetoni nelle urine, ma ci sono anche altre condizioni, patologiche e non, che rivelano l’acetosi, tra cui: diabete mellito, anoressia, bulimia, vomito, diarrea, ipertiroidismo e malnutrizione.
Il processo – come osserva il National Center for Biotechnology Information – funziona in questo modo: all’inizio della gravidanza l’appetito è fortemente stimolato e il corpo della donna aumenta di peso e accumula rifornimento di tessuto adiposo.
È stato anche riscontrato che la donna incinta nei primi mesi di gestazione presenta un’accelerazione di insulina prodotta. L’iperinsulinemia aumenta la lipogenesi e diminuisce la lipolisi, con conseguente accumulo di riserve di grasso. Nella seconda metà della gravidanza la lipolisi aumenta ma gli acidi grassi liberi (FFA) sono consumati principalmente dal feto che dalla madre.
È bene sapere che la presenza dei chetoni nelle urine, in situazioni normali, deve essere molto bassa o praticamente pari a zero. Nel caso in cui il test per la chetosi dovesse rivelare un valore più alto, è opportuno tenere sotto controllo questo dato e modificare la dieta, aggiungendo carboidrati.
I rischi possibili, come sottolinea il ginecologo Pierluigi Giampaolino, sono legati a complicazioni nello “sviluppo degli organi e dello scheletro del feto”. Tuttavia, spiega il medico, “ciò accade non frequentemente e soprattutto se vi è una condizione di scompenso”.
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Dopo aver effettuato i test per la chetosi, e scoperto l’esito positivo, bisogna seguire una terapia. Il medico dovrà individuare, insieme alla paziente, le possibili cause, per potervi porre rimedio. In genere le cause più probabili sono dovute al diabete gestazionale, da tenere sotto controllo optando per una dieta studiata appositamente, e a un’iperemesi gravidica importante.
Infatti, come anticipato, il vomito può causare l’acetone, quindi bisogna cercare di trovare una soluzione e tenere sotto controllo i corpi chetonici, con esami ripetuti spesso, ma sempre sotto decisione del proprio ginecologo.
Articolo originale pubblicato il 15 settembre 2019
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