Al Children’s Hospital di Philadelphia un gruppo di ricercatori ha creato in laboratorio il primo utero artificiale, che potrà essere utilizzato come un’incubatrice naturale per i bambini nati prematuramente.

Per fare ciò gli studiosi hanno utilizzato una sacca del tutto simile a una busta di plastica contenente del liquido amniotico, che sarebbe in grado di fornire al feto tutto ciò di cui necessita per continuare a crescere e maturare, e così facendo sono riusciti a tenere in vita per settimane degli agnellini nati prematuramente.

Durante questa fase sperimentale sono stati fatti crescere degli agnellini (il loro apparato respiratorio è molto simile a quello dei nostri bambini) all’interno dell’utero artificiale per circa quattro settimane, giusto il tempo di consentire loro di poter poi superare la fase critica e proseguire la propria vita.

Questo metodo, come hanno spiegato gli stessi studiosi americani, rappresenta una specie di collegamento tra l’utero materno reale e il mondo esterno e potrebbe diventare necessario affinché non si verifichino complicanze e gli organi del feto maturino per poi permettergli di vivere un’esistenza sana.

L’utero artificiale ricreato in laboratorio è stato progettato per imitare in modo pressoché perfetto il vero utero di una donna. Ma gli autori della ricerca tengono a specificare che l’obiettivo di quella che chiamano “biobag” non è in alcun modo rimpiazzare la figura materna. L’unico proposito, assicurano, è permettere al feto prematuro di svilupparsi in modo completo e sano prima di poter nascere, e quindi aumentarne ulteriormente le speranze di sopravvivenza.

I ricercatori ritengono possibile l’avvio dei test sull’uomo entro pochi anni, anche se prima sono necessari ulteriori esperimenti sugli animali per confermare la sicurezza del dispositivo.

Al momento i grandi prematuri, nati intorno alla 23esima settimana di gestazione, vengono messi in incubatrice e collegati a un ventilatore per farli respirare. Sono tuttavia possibili danni allo sviluppo polmonare. Oggi la speranza di sopravvivenza dei nati pretermine è vicina allo zero per i bimbi con un’età gestazionale inferiore a 23 settimane, mentre sale al 15% a 23 settimane, al 55% a 24 e a circa l’80% a 25.

L’utero artificiale messo a punto dagli studiosi americani contiene una miscela di acqua e sali che imita il liquido amniotico e viene mantenuta fresca attraverso un sistema di ricambio. È collegato a un macchinario che svolge i compiti del cordone ombelicale inviando ossigeno e nutrienti. L’apparecchiatura esterna serve anche a ‘ripulire’ il sangue che viene pompato dal cuore del feto ospite.

Un agnellino nato prematuro che cresce nell'utero artificiale (foto tratta dal sito di Nature)
Agnellino nato prematuro che cresce nell’utero artificiale (foto tratta dal sito Nature)

Gli agnellini prematuri utilizzati nello studio avevano un’età equivalente alle 23 settimane di un feto umano e all’interno dell’utero artificiale hanno mostrato uno sviluppo normale: gli occhi si sono aperti e la lana è cresciuta. Gli animali sembravano trovarsi bene nelle loro ‘casa di plastica’ e dopo 28 giorni, quando i loro polmoni erano sufficientemente maturi, sono stati fatti uscire, e hanno cominciato a respirare autonomamente.

Subito dopo questo ‘parto artificiale‘, gli animali sono stati sacrificati per valutare le condizioni del cervello e degli altri organi vitali, che sono apparse buone. In esperimenti successivi, invece, alcuni agnellini sono rimasti in vita e nutriti al biberon dagli scienziati. “Sembrano avere uno sviluppo normale sotto tutti gli aspetti“, afferma il coordinatore dell’equipe, Alan Flake.

I problemi da superare sono ancora parecchi, puntualizzano però i ricercatori. Innanzitutto vi è un importante rischio di infezione, nonostante la biobag sia sterile e sigillata. Un’altra sfida sarà quella di trovare un mix di nutrienti e ormoni che abbia una composizione ideale per permettere lo sviluppo di un feto umano.

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