Cala la popolazione residente, diminuiscono le nascite, aumenta la popolazione anziana. È il quadro che emerge dal Rapporto Istat 2019, che – numeri alla mano – restituisce la fotografia demografica dell’Italia. Nel 2019, secondo le stime, la popolazione totale è di 60 milioni e 391mila residenti, 400mila in meno rispetto al 2015.

Non si ferma il calo della natalità, ormai strutturale: i bambini nati nel 2018 (dati provvisori) sono 449mila, numero ancora in diminuzione rispetto al 2017 (erano 458mila), che segna un nuovo record negativo dal 2008 con 140mila nati in meno in dieci anni.

Una diminuzione che, evidenzia il rapporto, è attribuibile prevalentemente al calo dei nati da coppie di genitori entrambi italiani (ma anche le nascite tra gli stranieri subiscono un rallentamento), dalla diminuzione della popolazione femminile (900mila donne in meno) e dalla diminuzione della fecondità: si è infatti passati da una media di 1,45 figli per donna nel 2008 a 1,32 nel 2017. Spiega il rapporto:

Esaurita la spinta propulsiva delle immigrazioni, siamo in una nuova fase di crisi demografica il cui tratto distintivo è una fecondità sempre più bassa e tardiva.

Ci si sposa poi sempre meno, e sempre più tardi: aumenta l’età media del primo matrimonio e del primo figlio, ma soprattutto, ad oggi, il 45% delle donne tra 18 e 49 anni non ha figli: quasi la metà.

L’avere il primo figlio in età avanzata porta a un generale calo del numero di figli per donna, eppure, rileva l’Istat, solo il 5% di loro afferma di non includere i figli nel proprio progetto di vita: “Per le donne e le coppie – si legge nel rapporto – la scelta consapevole di non avere figli è poco frequente, mentre è in crescita la quota delle persone che sono costrette a rinviare e poi a rinunciare alla realizzazione dei progetti familiari a causa delle difficoltà della propria condizione economica e sociale o per fattori di contesto”. 

Presentando il rapporto, il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo ha commentato:

Se fino al secolo scorso la componente demografica ha mostrato segnali di vitalità e ha spesso fornito un impulso alla crescita del Paese anche sul piano economico, oggi potrebbe svolgere, al contrario, un effetto frenante. Viene da chiedersi se siamo (e saremo ancora) un popolo che guarda avanti e investe sul suo futuro o se invece dobbiamo perlopiù sentirci destinati a gestire il presente.

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