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La placenta è un organo usa e getta, fondamentale per il feto, ma che può non svolgere bene le sue funzioni nel corso della gravidanza a causa di alcuni fenomeni. Si parla, quindi, di placenta invecchiata: ci spiega cos’è e come porvi rimedio il dottor Giulio Lanzi.
La sua durata è pari a quella dell’intera gestazione, circa 40 settimane, ma può andare anche oltre. Detto ciò, è anche possibile, seppur difficilmente, che giunga a maturazione prima del tempo e non riesca a svolgere bene le sue funzioni primarie. In questo caso si parla di placenta invecchiata, o senescenza placentare nel gergo tecnico-medico.
Perché invecchia prima del tempo? Quali sono i sintomi e quali rischi comporta? Ci aiuta a far chiarezza sull’argomento il dottor Giulio Lanzi, medico chirurgo specialista in Ginecologia e Ostetricia.
La senescenza placentare, ovvero l’invecchiamento della placenta, è un processo del tutto naturale. È infatti importante ricordare che è un organo temporaneo, che serve solo nel corso della gravidanza, all’inizio alla fine.
È un organo “usa e getta”, che in genere vive bene per almeno 40 settimane circa, ed è essenziale per il feto. La placenta è un organo vascolare, fatto di vasi sanguigni, e porta all’embrione, in seguito feto, le sostanze nutrienti e l’ossigeno. Si può certamente dire che il feto respira attraverso la placenta. Per capirne il funzionamento, basterebbe paragonarla ai polmoni, perché svolge funzioni molto simili. Inoltre, la placenta serve anche per eliminare i metaboliti e le sostanze di scarto.
Quando si parla di invecchiamento, si fa riferimento a un fenomeno naturale e progressivo, che può essere tardivo, ma anche precoce:
La placenta perde alcuni vasi, che vengono occlusi e lasciano posto al tessuto cicatriziale, che poi diventa cicatrizzato. In questo modo trasporterà meno nutrienti e anche la funzione di scarto sarà ridotta.
Ciò accade per via di una serie di fattori, che accelerano la maturazione dell’organo: microtrombi embolici, fumo e disordini metabolici, ossia diabete gestazionale, obesità e dislipidemia. Spiega il dottor Lanzi:
La nicotina crea microspasmi, che favoriscono fenomeni di occlusione. Ecco perché i bimbi delle fumatrici alla nascita sono più piccolini e lo sono anche durante il corso della gravidanza, perché non riescono a ricevere tutti i nutrienti di cui hanno bisogno.
La mamma non sente dei sintomi veri e propri. Ad accorgersene è il ginecologo nel corso dei controlli ecografici.
Nel corso dell’ecografia il medico noterà un ridotto accrescimento fetale, non dovuto però a una caratteristica somatica. Il feto si presenterà piccolino e, nel corso delle settimane di gestazione, crescerà poco. In più, in caso di placenta invecchiata, ci sarà un minore apporto di ossigeno. In questo caso il feto attuerà un fenomeno di compenso, preferendo destinare i nutrienti agli organi nobili (cervello, fegato), per garantire la sua sopravvivenza, piuttosto che ai muscoli. Generalmente si noterà durante l’ecografia del terzo trimestre, detta “di accrescimento”, al quale può essere associata la flussimetria. Nel caso di placenta invecchiata precocemente, la flussimetria risulterà alterata.
Prima di parlare di rimedi, è importante seguire uno stile di vita sano, ancor più in gravidanza, per scongiurare il fenomeno dell’invecchiamento precoce della placenta.
Per questo motivo è fondamentale evitare di fumare, non prendere peso eccessivamente e assicurarsi un buon apporto di vitamine e minerali. In ogni caso, sarà il medico a informare la gestante delle corrette abitudini da seguire nel corso dei 9 mesi (e non solo). Inoltre, spiega il dottor Lanzi:
il fattore genetico è estremamente importante. Il ginecologo dovrà effettuare un buon inquadramento e uno screening per controllare se ci possa essere o meno predisposizione.
Sebbene non esista alcuna terapia, dal punto di vista farmacologico, si può tentare la strada della fluidificazione del sangue, sempre sotto supervisione medica.
Nel caso in cui la placenta invecchi prima del tempo e mostri delle calcificazioni, quindi vasi occlusi, bisogna valutare se è il caso o meno di far nascere il bambino prima del termine naturale. Spiega il dottor Lanzi:
La placenta ha un enorme riserva funzionale, quindi se ha dei vasi sanguigni occlusi, riesce comunque a sopravvivere bene, svolgendo tutte le sue funzioni. Nonostante ciò, se ci sono diverse calcificazioni, è possibile che non riesca più a soddisfare i bisogni nutrizionali e soprattutto riesca da apportare l’ossigeno necessario al feto. Un feto di 28 settimane può nascere se la placenta non svolge più le sue funzioni basilari. Infatti, se la crescita è ridotta, quindi compromessa, vale il detto “meglio fuori che dentro”. Il personale medico attuerà la procedura per il parto pretermine.
Nei casi più gravi, il ginecologo sceglierà il parto cesareo. Tuttavia è anche possibile optare per il parto naturale attraverso l’induzione.
Articolo originale pubblicato il 11 dicembre 2019
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