Come funziona la procedura ICSI per la riproduzione assistita

L'ICSI è una tecnica di PMA che prevede l'iniezione dello spermatozoo direttamente nell'ovocita: funzionamento della procedura e percentuali di successo.

Con il termine ICSI ci si riferisce alla procedura che consiste nell’iniezione intracitoplasmatica di un singolo spermatozoo. Si tratta cioè di una delle tecniche di PMA, procreazione medicalmente assistita, oggi disponibili per le coppie che hanno problemi di fertilità.

La tecnica ICSI, in particolare, agisce nel caso di infertilità maschile, per “aiutare” gli spermatozoi con ridotta motilità o in numero insufficiente per fecondare l’ovulo.

ICSI: come si svolge la procedura

Nell’ambito dei procedimenti di procreazione assistita l’ICSI è definita una tecnica di II livello, come la FIVET: fa parte cioè di quel gruppo di tecniche che vengono svolte in anestesia locale o totale.

Il procedimento della tecnica prevede diversi passaggi, i primi coincidenti con quelli della FIVET stessa:

  • stimolazione ovarica: ogni giorno alla donna vengono somministrati, per cicli di 10-20 giorni, dei farmaci che aumentano la produzione di ovociti da parte delle ovaie, per avere un maggior numero di ovuli fecondabili. Nel corso del trattamento la donna viene monitorata ecograficamente e tramite analisi del sangue per controllare l’andamento della procedura.
  • prelievo degli ovuli: una volta verificata la presenza degli ovuli questi vengono prelevati tramite aspirazione in regime di anestesia. L’intervento dura una quindicina di minuti.
  • selezione degli spermatozoi: l’uomo fornisce un campione di sperma, che viene analizzato per individuare gli spermatozoi che presentano una migliore capacità di movimento (motilità).
  • iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo: è l’ICSI vera e propria, tramite cui lo spermatozoo selezionato per motilità viene inserito all’interno dell’ovulo. La stessa procedura viene effettuata con tutti gli ovuli disponibili.
  • coltura embrionale: gli ovuli che vengono fecondati sono monitorati per osservare lo sviluppo dell’embrione.
  • transfer: gli embrioni ritenuti idonei vengono trasferiti all’interno dell’utero della donna con un’apposita canula molto sottile. Non è necessaria anestesia.
  • conservazione: gli embrioni che non sono impiantati vengono congelati e conservati per eventuali utilizzi futuri, se il procedimento non dovesse andare a buon fine, così da ridurre i costi dell’intervento e evitare alla donna un’ulteriore stimolazione ovarica.

Differenze tra ICSI e FIVET

Si tratta di due procedure che condividono i passaggi iniziali ma differiscono per quanto riguarda la fecondazione: la tecnica ICSI prevede infatti un passaggio più mirato rispetto alla FIVET, e interviene quando la fertilità del liquido seminale risulta particolarmente compromessa o quando i precedenti cicli della FIVET stessa non hanno avuto successo.

Nella FIVET la fecondazione dell’ovulo avviene in vitro: l’ovulo e gli spermatozoi vengono messi vicini, così da consentire a uno spermatozoo di fecondarlo. Con la ICSI invece il singolo spermatozoo viene inserito direttamente all’interno dell’ovulo.

ICSI, percentuali di successo

Come per la maggior parte delle tecniche di procreazione medicalmente assistita il successo della procedura dipende da una combinazione di fattori: i più rilevanti sono l’età della donna – più è alta più la probabilità di successo è minore – e dalla condizione degli spermatozoi dell’uomo.

Secondo i dati pubblicati dal Ministero della Salute la fecondazione in vitro con trasferimento di embrioni in utero, cioè la FIVET, è stata effettuata nel 37,1% dei casi, l’ICSI invece nel 31,2% dei casi. In sintesi, per il 2016 (ultimi dati disponibili)

Se si considera come indicatore la percentuale di gravidanze ottenute su cicli iniziati, per le tecniche di I livello si ha un valore del 10,9% (era 10,5% nel 2015), per le tecniche di II e III livello diminuisce la percentuale di gravidanze per ciclo a fresco (da 18,2% nel 2015 a 17,3% nel 2016), aumenta per le tecniche da scongelamento di embrioni (da 26,2% a 27,5%) mentre diminuisce per le tecniche da scongelamento di ovociti (da 16,6% a 16,3%) Una delle variabili che maggiormente influisce sul buon esito dell’applicazione delle tecniche di fecondazione assistita è l’età della donna. All’aumentare dell’età, infatti, il rapporto tra gravidanze ottenute e cicli iniziati subisce una progressiva flessione mentre il rischio che la gravidanza ottenuta non esiti in un parto aumenta. I tassi di successo diminuiscono linearmente dal 23,9% per le pazienti con meno di 35 anni al 4,5% per quelle con più di 43 anni.

Articolo originale pubblicato il 10 dicembre 2018

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Categorie

  • Infertilità di Coppia