Se siete incinte o lo siete state, se avete frequentato studi ginecologici e ostetrici o magari avete semplicemente navigato i forum online, potreste aver sentito più di una volta l’espressione “parità ostetrica”. Capire cosa significa questa espressione – che in alcuni casi viene utilizzata anche nella forma “parità di gravidanze” – però, non è facile.

In questo articolo vedremo cosa voglia dire, come leggere il numero che la rappresenta (e come calcolarlo) ma, soprattutto, cerchiamo di capire se e quali implicazioni può avere.

Parità ostetrica o parità di gravidanze: cosa significa

“Parità ostetrica” è un termine che viene utilizzato nel linguaggio medico per indicare il numero di gestazioni per ciascuna paziente che sono terminate con un parto dopo le 20 settimane (per questo talvolta si usa il termine “parità di gravidanze”). Tutte le gravidanze che si sono concluse con un parto naturale vengono considerate all’interno di questo numero: la “para” – un altro termine utilizzato per indicare la parità ostetrica – comprende tutte gravidanze che raggiungono età gestazionale vitale, compresi i nati vivi e i nati morti.

La parità di gravidanze viene indicata attraverso una sigla composta dalla lettera P seguita da una serie di quattro numeri che partono dallo 0: la forma che assume è quindi P0000. Ovviamente, i numeri variano a seconda del singolo caso, come vedremo quando spiegheremo come si calcola la parità ostetrica.

Parlando di parità ostetrica, sono due i termini che vengono utilizzati più frequentemente e che probabilmente ciascuna di noi ha sentito pronunciare almeno una volta dal proprio ginecologo o dalle ostetriche:

  • nullipara: è il termine che viene utilizzato per indicare una donna che non ha ancora mai partorito;
  • pluripara: è un termine generico che viene utilizzato per indicare una donna che ha partorito almeno una volta nel corso della propria vita. Ovviamente, è possibile utilizzare anche forme più specifiche che rendano immediatamente evidente il numero di parti avvenuti dopo le 20 settimane: in questi casi, si utilizzano i termini secondipara, terzipara e via dicendo.

Come si calcola la parità ostetrica

Come abbiamo visto, la parità ostetrica viene generalmente registrata sotto forma di una lettera (P) e 4 cifre, ciascuna delle quali indica rispettivamente:

  • Il numero di parti a termine (avvenuti dopo la 37a settimana) indipendentemente dal fatto che il nascituro sia nato vivo o meno;
  • Il numero di parti pretermine i (avvenuti dopo la 20esima settimana e prima della 37esima settimana) indipendentemente dal fatto che il nascituro sia nato vivo o meno;
  • Il numero di aborti;
  • Il numero di bambini in vita.

Come spiega il Manuale MSD, il numero delle gravidanze «rappresenta il numero di gravidanze confermate e una donna in gravidanza viene definita come una gravida». La parità indica il numero dei parti dopo le 20 settimane. Una gravidanza gemellare (definita «multifetale») viene conteggiata come unità in termini di numero di gravidanze e di parità (questo significa che il parto gemellare, il parto trigemellare o il parto multiplo vengono considerati un’unica para, e valgono quindi 1).

L’aborto è il numero di gravidanze perse prima delle 20 settimane indipendentemente dalla causa (aborto spontaneo, terapeutico o elettivo, gravidanza extrauterina). La somma della parità e degli aborti è il numero totale delle gravidanze.

Per fare un esempio pratico, una donna che è gravida e ha avuto un parto a termine, una coppia di gemelli nati alla 35a settimana e 2 aborti, si deve definire come gravida 5, para 1-1-2-3.

Parità ostetrica: cosa comporta?

Anche se può sembrare difficile da comprendere o da calcolare, quello della parità ostetrica non è un numero che deve spaventare: non è infatti un indice della salubrità della donna né della sua fertilità, ma è un parametro che viene utilizzato dagli specialisti della riproduzione per definire la sua storia ostetrica e, eventualmente, valutare l’appropriato inquadramento diagnostico o la terapia/mezzo contraccettivo più adeguato.

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