
Quali esami fare in gravidanza e quando: il calendario completo
Esami in gravidanza: il calendario completo delle analisi e delle indagini cui sottoporsi durante la ...
TPHA e VDRL sono due esami volti a identificare il contagio con il batterio responsabile della sifilide: ecco come si svolgono e quali sono i rischi correlati alla malattia.
La sifilide in passato era una delle malattie veneree più diffuse (e pericolose), ma è stata contrastata con efficacia. Eppure negli ultimi anni si assiste ad un aumento dei casi di contagio: ecco perché è di fondamentale importanza agire sulla prevenzione, innanzitutto utilizzando metodi contraccettivi efficaci (il preservativo) e intervenendo tempestivamente sui sintomi.
Durante la gravidanza la donna si sottopone ad esami di routine per rilevare l’eventuale presenza del batterio: tra questi si trovano il VDRL e il TPHA, due test di screening che studiano l’infezione. Vediamo come funzionano e quali sono i risultati.
La sifilide è la malattia provocata dal Treponema pallidum, un batterio particolarmente aggressivo. Sono tre le fasi in cui generalmente si distingue l’infezione: una prima fase di incubazione, con la comparsa di lesioni nella zona dei genitali, una seconda fase con la comparsa di macchie cutanee e altri sintomi come febbre, mal di gola, cefalea, e una terza fase, di apparente guarigione, in cui però pur essendo latente la malattia prosegue il suo cammino e inizia a danneggiare gli organi interni e il sistema nervoso.
Gli esami svolti in gravidanza vengono prescritti nel corso della prima visita ginecologica, entro la 13^ settimana di gestazione, e servono per identificare il batterio e valutare la probabilità di trasmissione della malattia al feto (in quel caso si parla di sifilide congenita).
Il rischio di trasmissione è più alto dopo la 16^ settimana di gravidanza, perché il batterio può penetrare la placenta e infettare il feto.
Per prepararsi all’esame bisogna osservare 8 ore di digiuno. Spiega l’Istituto superiore di Sanità:
La presenza del batterio nel sangue può essere evidenziata anche con un semplice test sierologico. La diagnosi si basa sul fatto che gli anticorpi possono essere presenti già nelle fasi precoci dell’infezione e un basso livello anticorpale permane nel sangue per mesi e anni anche dopo il trattamento completo della malattia. Il livello di anticorpi, infatti, tende poi a diminuire fino a scomparire, rendendo il soggetto nuovamente sensibile e suscettibile all’infezione.I test non specifici per il Treponema sono diretti contro un antigene lipoideo che deriva dal batterio o dalla sua interazione con l’ospite; sono di ampio impiego in quanto poco costosi e di facile esecuzione, ma possono dare esito falsamente positivo che richiede l’effettuazione di un test Treponema-specifico per la conferma. Una falsa positività ai test non specifici si osserva talvolta in caso di malattie infettive (malaria, tubercolosi, febbri virali, tripanosomiasi, lebbra) e in altre condizioni (collagenopatie, gravidanza, età avanzata, tossicodipendenza). I test specifici sono più impegnativi in termini di attrezzature e di competenza degli operatori. La loro positività persiste per tutta la vita. Recentemente sono diventati disponibili test specifici di nuova generazione di tipo ELISA destinati all’impiego su vasta scala.
L’esame del TPHA, Treponema Pallidum Hemagglutination Assay, serve per evidenziare gli anticorpi specifici che si presentano in caso di infezione da Treponema. L’esame diventa positivo dopo 5 settimane circa dal contagio, e rimane positivo anche una volta che la malattia viene trattata.
Se l’esame del TPHA è positivo si effettuano ulteriori approfondimenti per riconoscere lo stadio della malattia e intervenire di conseguenza.
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Può capitare che l’esame dia dei falsi positivi, come nel caso di malattie autoimmuni e altre patologie. Se l’esame è negativo significa che non è stato individuato il batterio e non c’è un’infezione conclamata in atto.
L’esame VDRL, Venereal Disease Reference Laboratory, ha una sensibilità maggiore, e diventa positivo già 3-4 settimane dopo il contagio, ma non è molto specifico e può risultare positivo anche in presenza di altre malattie o infezioni.
Se il risultato dell’esame è negativo significa, anche in questo caso, che non è stata rilevata un’infezione.
Per i limiti di entrambi gli esami, quindi, in caso di positività vengono effettuate altre analisi, come il FTA-ABS (Fluorescent Treponemal Antibody Absorbed) e il TP-PA, il Treponema pallidum Particle Agglutination.
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