Educazione sessuale nei bambini da 3 a 6 anni: primi concetti e perché non è troppo presto

Quando si può iniziare a parlare di educazione sessuale ai bambini? Non è mai troppo presto per introdurre la conoscenza del proprio corpo e di quello degli altri, oltre al rispetto del consenso. Ecco come farlo, e perché

Parlare di educazione sessuale ai bambini è complesso. È troppo presto, è pericoloso, è inutile… le scuse sono tantissime, ma hanno tutte un’unica origine: continuiamo a confondere l’educazione alla sessualità con l’educazione alla malizia, a fare sesso, all’espressione sessuata della sessualità.

Non è così. Non parliamo di “insegnare la masturbazione ai bambini”, uno degli spauracchi più agitati da chi si schiera contro questo approccio, ma di aiutarli fin da subito a comprendere il corpo nella sua interezza e nella sua complessità, insegnando loro che i corpi che pensiamo uguali e binari sono in realtà tutti molto diversi tra loro e non esiste uno standard valido per tutti.

Ma si tratta anche di insegnare loro che tutti i corpi, il nostro e quello degli altri, meritano rispetto e che è importante conoscere i confini per educarli, ed educarci, al consenso. Ma come farlo? E quando iniziare?

A che età si inizia a parlare di educazione sessuale?

Un nuovo studio condotto dalle professoresse Eva Goldfarb e Lisa Lieberman della Montclair State University – il primo del suo genere in questo campo – mostra che un’educazione sessuale completa può prevenire l’abuso sessuale sui minori e la violenza da parte del partner, aumentare l’apprezzamento per la diversità sessuale e migliorare gli ambienti per gli studenti Lgbtqai+.

Secondo questa ricerca, l’educazione sessuale per i bambini dovrebbe iniziare già all’asilo: i bambini in età prescolare, infatti, non solo comprendono, ma possono discutere apertamente argomenti diversi come la diversità di genere, la non conformità di genere e l’oppressione basata sul genere, rendendolo il momento ideale per iniziare a creare le basi per una salute sessuale duratura.

Questo studio fondamentale stabilisce una volta per tutte che un’educazione sessuale di qualità che inizia presto, è adeguata allo sviluppo e si sviluppa in sequenza attraverso la scuola media e superiore può migliorare il benessere fisico, mentale ed emotivo dei giovani. Mentre molte persone pensano all’educazione sessuale solo in termini di gravidanza e prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, questi risultati parlano dell’impatto più ampio di un’educazione sessuale di qualità.

Ma anche secondo i National Sex Education Standard statunitensi, elaborati da Future of Sex Education (FoSE) Initiative, una partnership tra Advocates for Youth, Answer e SIECUS: Sex Ed per il cambiamento sociale, l’educazione sessuale completa, definita come «programmi che costruiscono una base di conoscenze e competenze relative allo sviluppo umano, alle relazioni, al processo decisionale, all’astinenza, alla contraccezione e alla prevenzione delle malattie», idealmente

dovrebbe iniziare almeno all’asilo e continuare fino al 12° anno. In ogni fase dello sviluppo, questi programmi forniscono informazioni adeguate all’età, accurate dal punto di vista medico e culturalmente rispondenti che si basano sulle conoscenze e sulle competenze acquisite nella fase precedente.

L’educazione sessuale, spiega il documento relativo agli Standard per l’Educazione Sessuale in Europa redatti dall’Ufficio Regionale per l’Europa dell’Oms, «dura tutta la vita», ma è particolarmente importante nell’infanzia e nell’adolescenza. Per questo il documento elenca per ogni fascia d’età informazioni da trasmettere, competenze da acquisire e atteggiamenti che bambini e bambine dovrebbero essere aiutati a sviluppare.

La prima fascia è quella dei piccolissimi da 0 a 4 anni, seguita da quella 4-6. Già in queste fasi è possibile affrontare i primi concetti dell’educazione sessuale, raccolti sotto alcune tematiche generali: “Il corpo umano e lo sviluppo”, “Fertilità e riproduzione”, “Sessualità”, “Emozioni/affetti”, “Relazioni e stili di vita”, “Sessualità, salute e benessere”, “Sessualità e diritti” e “Influenze sociali e culturali sulla sessualità”, selezionate «per la loro rilevanza nel processo dinamico dello sviluppo sessuale di bambini e ragazzi a livello fisico, sociale e affettivo».

Educazione sessuale per bambini: i primi concetti

Come abbiamo visto, non è mai troppo presto per iniziare a introdurre l’educazione sessuale ai bambini, aiutandosi contenuti e insegnamenti adeguati alla loro fase di sviluppo.

Già nascita fino ai 2 anni, ad esempio, è possibile sfruttare i momenti quotidiani per aiutare i bambini a conoscere i corpi. Ad esempio, il momento del bagnetto o quello di vestirsi possono essere occasioni per iniziare a dare un nome alle varia parti del corpo (non solo i pedini, le manine o il nasino) o per inviare messaggi sui comportamenti che sono sani e naturali. Ad esempio, se il bambino o la bambina si tocca i genitali mentre gli cambi il pannolino, va bene. Quando sarà più grande, si potrà iniziare a parlare di comportamenti pubblici e privati.

Già in questa fase è possibile, e anzi preferibile, iniziare a introdurre il concetto del consenso, riguardo al proprio corpo e a quelli altrui. Questo può essere fatto con semplici gesti, come invitarlo o invitarla a lavarsi da soli durante il bagnetto, chiedendo sempre loro il permesso per aiutarli a lavare zone specifiche.

Non forzateli mai ad avere contatto fisico se non lo desiderano: questo comprende baciare, toccare o abbracciare anche le persone a loro vicine, ad esempio i nonni. Se il bambino non vuole, accogliete il suo desiderio, magari offrendo un’alternativa, ad esempio una stretta di mano, il cinque o un saluto speciale.

È importante insegnare ai bambini che “no” e “basta” sono parole importanti e dovrebbero essere sempre rispettate. Un modo per spiegarlo potrebbe essere dire: «Sara ha detto “no” e quando sentiamo “no” interrompiamo sempre immediatamente ciò che stiamo facendo. Non importa cosa».  Questo vale anche per gli altri: come noi smettiamo sempre di fare qualcosa quando qualcuno dice “no”, anche i nostri amici devono fermarsi sempre quando siamo noi a dirlo.

È importante trasmettere l’idea che se un amico non si ferma quando diciamo “no”, allora dobbiamo pensare se ci sentiamo bene e al sicuro giocando con lui. In caso contrario, va bene allontanarsi o scegliere altri amici.

Un concetto importante da trasmettere è che prima di toccare, abbracciare o baciare qualcuno è importante assicurarsi che lo voglia, sia insegnandogli gradualmente a interpretare le espressioni facciali e del corpo, sia, soprattutto, insegnandogli a richiedere esplicitamente il consenso. Questo può essere fatto sia chiedendo il suo permesso per essere toccato sia insegnandogli a farlo con gli amici, reagendo in maniera allegra e positiva davanti a un eventuale rifiuto per mostrare che non c’è niente che non vada.

Intorno ai 3 anni, generalmente i bambini diventano molto curiosi del proprio corpo e di quello degli altri e inizieranno a notare anche che corpi diversi hanno parti del corpo diverse e potrebbero iniziare a chiedere perché. Questa è una buona occasione per spiegare che ogni parte del corpo ha un nome e un proprio “lavoro” da svolgere: «Questa è la tua vulva» o «Il tuo pene è dove esce la pipì». In questa fase i libri possono rappresentare un aiuto, non solo per imparare nomi e funzioni, ma anche per rendersi conto che i corpi sono diversi e tutti ugualmente validi.

I bambini di età compresa tra 4 e 6 anni spesso iniziano a chiedere da dove vengono i bambini e possono capire che un bambino cresce nell’utero e che per fare un bambino sono necessari uno spermatozoo (come un minuscolo seme) e un ovulo (come un minuscolo uovo).

Se il bambino chiede «Da dove vengo?», una buona idea può essere quella di chiedere: «Tu cosa ne pensi?» così da capire cosa sta realmente chiedendo e quanto è in grado di capire, per poi magare dare una spiegazione semplice come «i bambini crescono in un posto all’interno del corpo chiamato utero».

Questa è anche la fase in cui i bambini apprendono i ruoli di genere e le differenze tra maschi e femmine, per questo in questa fase è importante iniziare la riflessione sull’identità di genere, così come quelle relative all’amicizia e all’amore per le persone dello stesso sesso e sui diversi tipi di relazioni familiari.

L’educazione sessuale a casa e all’asilo

Too little, too late, too biological” è un’espressione anglosassone che definisce perfettamente lo stato dell’educazione sessuale ai bambini e, in generale, nelle scuole italiane. Troppo poca, troppo tardi, troppo legata agli aspetti biologici (spesso limitata alla contraccezione e alle malattie sessualmente trasmissibili), in uno degli otto paesi dell’Unione Europea che non prevede ancora un programma di educazione sessuale nelle scuole di alcun grado.

Per questo, soprattutto in fasce così giovani, sono soprattutto i genitori che desiderano farlo che si auto-assumono il compito di trasmettere questo insieme di conoscenze, competenze e informazioni ai figli. Certo, ci sono delle eccezioni, ma sono appunto questo: eccezioni. In molti casi, anzi, sono proprio i genitori a essere restii all’inserimento di programmi dedicati nelle scuole, soprattutto in quelle dell’infanzia, come ha mostrato la dura risposta agli Standard per l’Educazione Sessuale in Europa dell’Oms che abbiamo già citato.

3 consigli per i genitori

1. Imparate ad usare sempre i nomi corretti per le parti del corpo

Se nelle fasi di vita è importante soprattutto “dare un nome alle cose”, man mano che i bambini crescono, soprattutto a partire dai 4 anni, anche se siamo portati a continuare utilizzare nei nomignoli come “patatina”, “farfallina”, “pisellino”, è meglio usare i nomi corretti quando ci riferiamo di parti del corpo, utilizzando pene, scroto, testicoli, vulva, vagina (se non siete sicuri delle differenze, è una buona occasione per ripassare l’anatomia maschile e femminile!).

Questo aiuta a inviare il messaggio che parlare di queste parti del nostro corpo è normale e sano. Non solo: se i bambini conoscono i nomi corretti, saranno in grado di comunicare chiaramente informazioni relative al suo corpo non solo con i familiari ma, ad esempio, con il personale medico.

Per alcune persone, può risultare complesso, quindi cercate prima di allenare voi stessi a parlarne in libertà: per essere inclusivi è buona abitudine evitare di utilizzare il termine “tutti” ma optare per “alcune” o “la maggior parte” delle persone, ad esempio “Alcune persone hanno il pene e alcune persone hanno la vulva”.

2. I momenti quotidiani sono fondamentali

L’educazione sessuale non è una discussione unica e generale, né una lezione frontale. Approfittate invece delle opportunità quotidiane per parlare di affettività e sessualità.

Come abbiamo visto, il bagnetto, il gioco e le interazioni con gli adulti sono tutte occasioni per imparare non solo informazioni sul proprio corpo ma anche sul modo di stare col nostro corpo nel mondo, le differenze tra i corpi e l’importanza del rispetto. Ma tantissimi altri momenti possono essere un punto di partenza per parlare dell’argomento Se c’è una gravidanza in famiglia, ad esempio, è possibile approfittarne per spiegare che i bambini crescono in un posto speciale all’interno della madre chiamato utero e, se il bambino chiede ulteriori informazioni, fornirle.

3. Educate prima voi stessi

Molti di noi non hanno ricevuto una grande educazione sessuale quando erano bambini. Prima di intraprendere questo viaggio con i nostri figli, è bene prendersi del tempo per colmare le lacune che possiamo avere. Ciò potrebbe significare conoscere diverse malattie sessualmente trasmissibili, leggere i nomi degli organi riproduttivi ma anche parlare con i nostri amici delle loro esperienze di educazione sessuale. Non è necessario essere esperti di tutto, ma possiamo prepararci per sentirci più a nostro agio e sicuri.

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  • Bambino (1-6 anni)