In Italia si conferma un importante ricorso al parto cesareo. In media, infatti, il 35,5% delle gravidanze termina con un intervento chirurgico (era il 37,5% nel 2010). Si registra un elevato ricorso al bisturi soprattutto nelle case di cura accreditate (53,8%) rispetto agli ospedali pubblici (33,07%).

Sono questi alcuni dei dati presentati dalla Sigo (Società italiana di Ginecologia e Ostetricia), nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Roma in occasione della presentazione del 91° Congresso della società scientifica dal titolo ‘La salute al femminile tra sostenibilità e società multietnica’, che si svolgerà nella Capitale dal 2 al 5 ottobre 2016.

L’età media delle madri al primo parto è di 32,7 anni per le italiane e di 29,7 per le cittadine straniere. E il 20% dei parti è relativo a madri di cittadinanza non italiana. Questo fenomeno è più diffuso al centro nord, dove oltre il 25% dei parti avviene da madri straniere. In particolare, in Emilia Romagna e in Lombardia, dove si concentrano quasi il 30% delle nascite. Quanto alle aree geografiche di provenienza più rappresentative, queste sono l’Africa (25%) e l’Unione Europea (26%). Seguono le madri di origine asiatica e sud americana, che sono rispettivamente il 18% e l’8%.

Nel 2014, in Italia, sono state effettuate 97.535 interruzioni volontarie di gravidanza (IVG). Il decremento è stato del 5,1% rispetto al dato definitivo del 2013 (con 102.760 casi). La classe più coinvolta nel fenomeno è quella tra i 20-24 anni. Il valore italiano, comunque, è tra i più bassi di quelli osservati nei paesi industrializzati. “Calcolando sul parametro internazionale delle donne età compresa tra 15-44 anni, infatti – fanno sapere dalla SIGO – il tasso del nostro Paese è del 9%. Nel 2013 in Inghilterra e Galles il tasso di abortività è stato il 15,9%, in Svezia il 20.3%, in Francia 18,%, mentre negli Usa del 16.9% e nella Federazione Russa del 31,3%”.

Rimane invece elevato il ricorso all’IVG da parte delle donne straniere, a carico delle quali si registra “un terzo di tutti gli aborti volontari (il 34%). Si tratta di un contributo che è andato crescendo negli anni – hanno spiegato – e che si sta stabilizzando. Anche tra questa categoria di donne, comunque, si inizia a osservare una tendenza alla diminuzione al ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza. Per tutte le classi di età, in ogni caso – ha concluso la Sigo – le straniere hanno tassi di abortività più elevati delle italiane di 3-4 volte”.

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