Le donne non vivono tutte allo stesso modo la maternità e la gravidanza. Per diverse ragioni – dovute alla propria personalità, al proprio vissuto, al contesto in cui si è immerse – a volte i sentimenti negativi, i dubbi e le angosce prendono il sopravvento sulla gioia del mettere al mondo una nuova vita.

Non tutte le gravidanze sono cercate, per esempio, non tutte le donne hanno un compagno che stia loro vicino prima e dopo il parto; ci sono fattori sociali, economici a incidere sull’andamento generale di una maternità. Tutto questo incide moltissimo e può generare problemi che prendono il nome di angoscia genetica e rifiuto della gravidanza.

Con l’aiuto di una specialista in materia, la psicologa Daria Russo, approfondiamo questi aspetti che mostrano un’altra faccia della maternità, per capire come mai si verificano e cosa si può fare.

Rifiuto della gravidanza: cause e ragioni

Innanzitutto bisogna capire perché alcune donne vanno incontro alla negazione della gravidanza e quando questa emozione subentra. Spiega la dottoressa Russo:

Il rifiuto della gravidanza può avvenire in diversi momenti, nei primi mesi o quando la pancia inizia a farsi vedere. La donna inizia prima a rifiutare se stessa e poi a rifiutare il bambino (al posto della pancia). In quel momento la futura mamma entra in uno stato depressivo associato a rabbia e distacco. Emotivamente non presente nelle cose che riguardano il feto, appare infastidita da quello che la gravidanza le sta togliendo. Si arriva quasi ad un rifiuto o negazione di quanto stia realmente succedendo.

Rifiuto del figlio: come superarlo?

L’incidenza del fenomeno, secondo una ricerca, diminuisce con l’aumentare della gestazione, da 1 su 475 casi a 20 settimane a 1 su 2500 a termine: ciò indica che, il più delle volte, la condizione è transitoria. Fortunatamente, infatti, anche grazie a un adeguato supporto specialistico si può affrontare la situazione e superarla, come spiega la dottoressa Russo:

La gravidanza è un momento psichico particolare, uno stato di suscettibilità detto di “trasparenza psichica” in cui elementi dell’inconscio arrivano alla coscienza provocando difficoltà, angosce, dubbi. I corsi di preparazione al parto sono utili, in quanto attraverso gli esercizi come il Training autogeno respiratorio, il rilassamento e l’Hypnobirthing la donna può essere aiutata e guidata ad entrare in contatto con il proprio corpo e le sensazioni ad esso associate.

Per affrontare le difficoltà date da uno stato d’animo complesso, suggerisce la psicologa, è utile rivolgersi a uno specialista che possa affiancare la donna in questa fase delicata:

Il sostegno psicologico che la donna può ricevere, dal proprio compagno, dalla famiglia e da un professionista quando necessario possono aiutare il superamento di stati di questa natura. Diventa importante, quando si lavora con le donne in gravidanza, avere una buona anamnesi, rispetto al fatto che la gravidanza sia stata desiderata o meno, l’esperienza di gravidanze precedenti, le paure relative al dolore del travaglio o quella di generare un figlio con malformazioni. L’importanza di queste informazioni è legata al fatto che questi pensieri si trasformano in angosce e si possono ripercuotere sul feto.

Angoscia genetica: cos’è?

rifiuto della gravidanza

Nel momento in cui la donna scopre di essere incinta inizia un percorso di crescita emotiva, parallelo al cambiamento fisico. Il corpo si prepara ad accogliere il nascituro. Si adatta a portare avanti la gravidanza con tutte le risorse necessarie. Se da una parte ci sono mamme che vivono questo momento con estrema serenità e accettazione, ci sono donne che invece hanno difficoltà ad abituarsi ai cambiamenti. Come spiega la dott.ssa Daria Russo:

Accanto all’elaborazione del sé psichico, durante la gravidanza anche il corpo e l’immagine del corpo subiscono modificazioni. La donna cambia forma, peso e rapporto con il proprio corpo e con l’ambiente circostante. La “pancia” contraddistingue il proprio essere gravida ed è l’espressione socialmente evidente di quanto le sta succedendo dentro. Non tutte le donne accettano questo cambiamento corporeo con il sorriso. Ci sono donne che si vedono “brutte” con la pancia, non riconoscono la propria femminilità, non accettano il proprio corpo, sentono di averne più il controllo.

Questa non accettazione può nel tempo diventare una paura trasferita sul feto, conosciuta anche con il nome di “angoscia genetica”, ricollegabile al senso di inadeguatezza e insicurezza verso la propria capacità generatrice. L’aggettivo “brutto” non si associa più alla pancia ma al feto. Tali angosce comportano un impatto a livello ormonale e quindi un cambiamento di umore. Diventa importante che ci sia una struttura solida emotivamente della donna per poter supportare la separazione durante il parto ed evitare l’insorgenza di possibili disturbi psichici anche di rilievo, come le psicosi puerperali.

Le donne maggiormente a rischio sono quelle che hanno avuto un difficile rapporto con la madre, che hanno subito perdite prenatali, soggetti con bassa autostima, disturbi dell’umore, con poco supporto sociale e familiare.

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