Non tutte le patologie si presentano alla nascita; alcuni fenomeni possono manifestarsi nei mesi o anni successivi ed essere conseguenza di particolari condizioni. Uno dei casi più significativi è la cosiddetta sindrome di Reye. Si tratta di una patologia molto rara che provoca una degenerazione grassa del fegato e che nel 30-40% dei casi si rileva letale per il bambino.

È bene conoscere la patologia, seppure sia molto rara e meno diffusa negli ultimi anni, perché la manifestazione di questa sindrome è legata all’utilizzo dell’Aspirina e degli altri farmaci contenenti acido acetilsalicilico. Può capitare, infatti, che per il trattamento di febbre alta, raffreddore, varicella o di altre malattie virali, i genitori somministrino ai propri bambini gli stessi farmaci che utilizzerebbero per curare loro stessi.

Tale prassi è sempre sbagliata e in alcuni casi può avere effetti gravi, come nel caso della sindrome di Reye. Vediamo di saperne di più conoscendone le cause, i sintomi, le conseguenze e i trattamenti che è possibile seguire.

Cos’è la sindrome di Reye?

Propriamente la sindrome di Reye consiste in un grave processo infiammatorio del fegato e del cervello che porta a un’encefalopatia e un’insufficienza epatica. L’elevata mortalità di questa sindrome è data dal rapido evolvere della degenerazione che colpisce principalmente il fegato e il cervello.

Sindrome di Reye: le cause

Fino a oggi, nonostante le numerose ricerche in materia, non sono state individuate le cause della sindrome di Reye. È stato però diffusamente riscontrato come l’assunzione di acido acetilsalicilico (il principio attivo dell’aspirina) e simili abbia aumentato il rischio di sviluppare questa patologia.

Si sono riscontrati anche casi di sindrome di Reye senza che ci sia stata l’assunzione dell’acido acetilsalicilico, ma rimane chiara l’indicazione di evitarne la somministrazione ai bambini in età pediatrica, ovvero al di sotto dei sedici anni.

Nelle ricerche condotte sono state individuate delle condizioni che sembrano favorire la diffusione di questa sindrome. Tra le principali troviamo l’esposizione a insetticidi e sostanze tossiche, ma anche malattie ereditarie del metabolismo. Solitamente la sindrome di Reye si manifesta a seguito di un episodio infettivo, ma restano ancora sconosciute le cause che determinano questo meccanismo patologico.

I sintomi della sindrome di Reye

L’intensità e la gravità dei sintomi che accompagnano la sindrome di Reye sono molto vari. Generalmente compaiono dopo alcuni giorni (tra i 3 e i 7) dall’infezione (prevalentemente di tipo virale) e tra i principali troviamo:

  • vomito;
  • nausea;
  • disidratazione.

Quindi si verificano i disturbi del fegato con problemi di coagulazione e aumento dei livelli di ammonio, una sostanza tossica che, in condizioni normali, il fegato smaltirebbe attraverso l’urina.

Successivamente compaiono i sintomi che riguardano il coinvolgimento del sistema nervoso, ovvero:

  • stato confusionale;
  • letargia (sonnolenza);
  • agitazione;
  • disorientamento.

Il coinvolgimento del sistema nervoso provoca un aumento della pressione intracranica che può evolvere anche in coma, convulsioni e, in alcuni casi, anche nella morte del bambino.

Sindrome di Reye: terapia

Non esiste una vera e propria cura e terapia della sindrome di Reye, ma solamente una serie di attività finalizzate alla riduzione dell’infiammazione degli organi coinvolti e all’abbassamento della pressione sul cervello per evitare che la situazione peggiori. Per tenere sotto controllo il bambino è necessaria l’ospedalizzazione e il ricovero in terapia intensiva.

La prognosi varia in base alla gravità dei problemi del fegato e del cervello. Grazie alla conoscenza, seppur limitata, di questa sindrome e al miglioramento degli standard terapeutici, oggi il rischio di mortalità si è estremamente ridotto rispetto al passato.

Sindrome di Reye: rischi e conseguenze

La conseguenza più grave della sindrome di Reye è, ovviamente, la morte del bambino. In altri casi possono verificarsi emorragie e danni a livello cerebrale o epatico. Per evitarle vengono somministrati liquidi per via endovenosa e può essere eseguito anche un trattamento a base di vitamina K, plasma e piastrine. Solo nel caso in cui la sindrome di Reye abbia coinvolto anche le vie respiratorie si procede con l’utilizzo del tubo endotracheale per risolvere le difficoltà respiratorie.

La cura migliore è sicuramente quella della prevenzione, evitando di somministrare farmaci autonomamente ai bambini. L’uso dell’aspirina, salvo i casi di sindrome di Kawasaki, infatti, è assolutamente da evitare per, almeno, tutta l’età pediatrica.

L’indicazione è quella di evitare farmaci di questo tipo fino ai 16/18 anni, ma in tutti i casi è sempre preferibile seguire le indicazioni del proprio medico. Anche se piuttosto rari sono documentati anche episodi di sindrome di Reye negli adulti. In questi casi la gravità delle conseguenze è nettamente inferiore e la prognosi è generalmente positiva con la scomparsa dei sintomi nel giro di un paio di settimane.

Nei bambini appare di vitale importanza la diagnosi precoce, capace di riconoscere immediatamente i sintomi e, a seguito di analisi del sangue ed eventualmente biopsia del fegato, intraprendere la terapia più adeguata.

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Categorie

  • Bambino (1-6 anni)