
La disprassia è un disturbo della coordinazione motoria che colpisce il 6% dei bambini. Ecco sintomi, diagnosi e le tipologie di disprassia.
Cosa si intende per Bisogni Educativi Speciali? Ecco le diverse categorie di BES nei bambini e la normativa di riferimento.
Vediamo cosa si intende per bisogni educativi speciali, le diverse categorie di BES e l’attuale normativa di riferimento.
I bambini con bisogni educativi speciali sono sempre più numerosi nell’attuale società e nella scuola italiana, fin dalla scuola dell’infanzia. Ma cosa significa “bisogno educativo speciale”? I BES fanno riferimento a una vasta aerea, quella dello svantaggio scolastico, che comprende diverse situazioni di difficoltà, che non riguardano soltanto la disabilità.
Oggi la società è sempre più complessa e la scuola rispecchia questa complessità. In tutte le classi ormai, infatti, sono presenti alunni che hanno bisogno di particolari attenzioni. Sono i cosiddetti bisogni educativi speciali (in inglese special needs); questi bisogni derivano da problematiche diverse.
Può trattarsi di svantaggio sociale o culturale, disturbi evolutivi specifici o disturbi specifici dell’apprendimento, svantaggio linguistico di alunni stranieri che sono da poco in Italia e non conoscono la lingua e la cultura italiane.
L’area dello svantaggio scolastico comprende varie problematiche. In tutto esistono 3 grandi sotto-categorie: la disabilità, i disturbi evolutivi specifici e lo svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale.
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento, conosciuti anche come DSA, rientrano nella macrocategoria dei BES. Si tratta di disturbi di carattere evolutivo che interessano abilità coinvolte nelle attività scolastiche, come la lettura, la scrittura e il calcolo. Per questo motivo, questi disturbi vengono individuati proprio nella scuola primaria.
La disprassia è un disturbo della coordinazione motoria che colpisce il 6% dei bambini. Ecco sintomi, diagnosi e le tipologie di disprassia.
Si è iniziato a parlare di BES con la direttiva Miur del 27 dicembre 2012, il primo documento che affronta la questione in Italia. La direttiva afferma che ogni alunno può manifestare dei bisogni che emergono per motivi fisici, biologici, psicologici, culturali, sociali. Rispetto a questi bisogni, le scuole devono offrire una risposta personalizzata e adeguata ai bisogni.
La direttiva individua nell’area dello svantaggio scolastico due situazioni: lo svantaggio culturale e sociale e le difficoltà di chi non conosce la cultura e la lingua italiane. La successiva C.M. n. 8 del 6 marzo 2013 chiarisce alcuni aspetti. Gli studenti con BES non hanno documentazione clinica o certificazione attestante disturbi evolutivi specifici; queste tipologie vanno individuate tramite elementi oggettivi o considerazioni psicopedagogiche e didattiche.