Anonimo

chiede:

Salve, ho 39 anni e sono in gravidanza all’8 settimana.
Sono indecisa sul test di diagnosi prenatale da fare. Non vorrei farne uno invasivo se non strettamente necessario e quindi mi sono informata sui test genetici sul DNA fetale nel sangue materno. Ho letto diverse pubblicazioni internazionali su trial clinici e sono abbastanza convinta che siano affidabili. L’unica cosa che mi manca per decidere è essenzialmente sapere esattamente cosa mi direbbe in più la villocentesi. Il mio ginecologo sostiene che guardano solamente le tre principali trisomie e le aneuploidie dei cromosomi X e Y mentre il medico che dovrebbe eseguire la villo, anche se in maniera confusa quando gli ho chiesto le differenze tra la villo e il test sul DNA, mi ha detto che la prima controlla tutto il cariotipo. Mi potreste essere di aiuto chiarendomi questo aspetto? Se il test del DNA (tipo harmony) mi dà minori indicazioni rispetto alla villo, queste potrebbero essere colmate con, per esempio, esami ecografici più approfonditi?
Esattamente le trisomie 21, 13 e 18 e le aneuploidie X e Y quanto coprono in termini di percentuale tutte le possibili mutazioni riscontrabili? Dimenticavo, non ho storie di aborti precedenti o di casi di anomalie genetiche in famiglia, l’unico fattore di rischio è rappresentato solo dall’età. Grazie mille, Buona serata

Gentilissima Ilenia,
il test di diagnosi prenatale non invasivo consiste in un prelievo di sangue materno da cui si isola il DNA fetale circolante; tale test è possibile effettuarlo già dalle dieci settimane compiute di gestazione e per essere attendibile la frazione fetale, cioè la quantità di DNA fetale circolante isolato dal campione di plasma analizzato, deve essere pari almeno al 4%. Ad oggi è possibile effettuare il test per le aneuploidie 13,18,21, X e Y, ma esistono anche laboratori che permettono di analizzare anomalie di numero e di struttura di tutti i cromosomi (risoluzione di circa 10 Mb). Le limitazioni di tali test sono: non evidenziano casi di mosaicismo fetale e/o placentare, riarrangiamenti bilanciati, poliploidie, malattie genetiche mendeliane specifiche. L’esame prenatale non invasivo pertanto è un test di screening e i risultati non sono diagnostici e devono essere valutati nel contesto del quadro clinico della gestante e dell’anamnesi familiare. Inoltre, un test positivo per patologia va sempre confermato dalla diagnosi prenatale invasiva. L’esame, dunque, non è in alcun modo sostitutivo della diagnosi prenatale invasiva per la ricerca di cromosomopatie (villocentesi/amniocentesi).
Le tecniche invasive permettono l’analisi del cariotipo con risoluzione 5-10Mb, hanno maggiore affidabilità in caso di mosaicismo o riarrangiamenti cromosomici bilanciati e in caso di necessità è possibile andare a ricercare delle patologie specifiche.
In poche parole, se decide di fare solo il test di diagnosi prenatale non invasiva, deve considerarlo come un test di screening di alto livello, ma assolutamente non sostitutivo né della villocentesi né dell’amniocentesi.
Cordiali saluti

* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento

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