L’otorrea, comunemente nota anche come “orecchie che colano” è un disturbo frequente tra i bambini, ma che interessa anche gli adulti. Il termine indica la presenza di liquidi nell’orecchio, spesso anche maleodoranti, e la loro fuoriuscita anche abbondante. Si accompagna a sintomi quali febbre, vertigini, raffreddore, riduzione dell’udito, prurito.

Il trattamento e la cura dipendono dalla causa scatenante, visto che l’otorrea può manifestarsi sia in seguito a otiti che dermatiti del condotto uditivo, ma di base ci possono essere anche cause più gravi e molto più rare, come lesioni cerebrali o tumori.

La diagnosi, dunque, è importante per l’individuazione della corretta terapia. Di grande aiuto in questo senso è la tipologia di secrezione, che può essere di quattro tipologie, ciascuna riconducibile a specifiche cause: muco purulenta, sierosa, siero ematica o maleodorante.

Un caso a parte è rappresentato dall’otoliquorrea, che corrisponde alla fuoriuscita di liquido cerebrospinale, fenomeno che solitamente si verifica in seguito a trauma cranico.

Fortunatamente, questo caso è individuabile analizzando il liquido, l’unico a differenza di tutte le altre secrezioni tipiche dell’otorrea a contenere glucosio o β2-transferrina.

Otorrea nei bambini: cos’è?

L’otorrea non è pericolosa per i bambini, perché nella maggior parte dei casi è riconducibile a malattie benigne ed è dunque trattabile senza grosse complicazioni. Il campanello d’allarme riguarda soprattutto bambini malati, traumatizzati, diabetici o immunodepressi; da guardare con sospetto sono anche la persistenza o ricorrenza del disturbo, così come una mancata risposta al trattamento.

L’Università di Chicago spiega che il primo passo è certamente la valutazione dei sintomi e della secrezione, da analizzare attentamente sia per quanto riguarda l’aspetto che la quantità che l’odore.

La visita specialistica consiste in un’ispezione visiva dell’orecchio con un otoscopio con conseguente drenaggio e successiva valutazione di eventuale perforazione della membrana timpanica o di presenza di corpi estranei.

Certamente la tempestività nella diagnosi è un fattore che può fare la differenza per questo alla visita possono fare seguito anche esami più approfonditi.

Le possibili cause dell’otorrea nei bambini

Il Manuale MSD individua come cause principali di otorrea, che può svilupparsi sia in forma cronica che acuta, diverse tipologie di otite:

  • media acuta;
  • esterna;
  • media cronica;
  • esterna necrotizzante.

A queste si aggiungono:

  • presenza di un corpo estraneo: va rimosso con cautela da uno specialista, onde evitare di farlo penetrare ancora più a fondo. Può essere un insetto così come un oggetto di minuscole dimensioni, peggio se appuntito;
  • cancro dell’orecchio: è quello meno frequente tra i più piccoli;
  • abitudini scorrette: per esempio un utilizzo improprio di cotton fioc;
  • attività a rischio: un’eccessiva permanenza in acqua potrebbe determinare un danno a carico della membrana timpanica o del condotto uditivo. Non a caso si parla di quella definita (ancora da Manuale MSD) anche “otite del nuotatore”, un’otite esterna frequente tra chi trascorre molto tempo in acqua. In questo caso, infatti, la condizione di eccessiva umidità che si viene a creare nell’orecchio determina irritazioni e successiva lesione del condotto uditivo. In questo stato è più facile per funghi e batteri provocare otiti che poi sfociano in otorrea.

Otorrea: terapie, trattamento e cure

La terapia dipende dalla diagnosi e la scelta di farmaci specifici dipende dalla condizione patologica che ha provocato il disturbo.

A seconda dei casi è più indicato un antibiotico orale, un antibiotico topico, un antimicotico, delle semplici gocce auricolari. I FANS (farmaci anti-infiammatori non steroidei) sono utili solo per attenuare il dolore.

Dopo la visita otorinolaringoiatrica e l’aspirazione delle secrezioni e dei detriti accumulati nel condotto uditivo, ci si può avvalere anche di esami più approfonditi: esame audiometrico, indagini radiografiche (TAC, risonanza magnetica), elettroencefalogramma, biopsia (solo in presenza di tessuto di granulazione).

In caso di trauma cranico la strada da percorrere è quella neurochirurgica.

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  • Bambino (1-6 anni)