L’antitrombina III è una proteina che viene prodotta dal fegato e poi diffusa in tutti i fluidi del corpo. La sua funzione principale è di anticoagulante, inibisce cioè l’eccessiva coagulazione del sangue, che può dare origine a emboli o trombi.

La sua presenza è molto importante, e durante la gravidanza viene monitorata per scongiurare la presenza di anomalie.

Perché in gravidanza si misura l’antitrobina III?

L’esame per misurare l’antitrombina III viene prescritto dal medico nel caso in cui si sospettino anomalie nella coagulazione del sangue. Durante la gestazione, infatti, la coagulazione del sangue aumenta per evitare emorragie durante il parto, una sorta di “precauzione naturale” messa in atto dal corpo, che può portare però ad un aumento del rischio di tromboembolie (dette TEV).

Spiega l’AOGOI, Associazione ostetriche e ginecologi italiani:

Le donne gravide presentano un rischio di TEV da 4-5 fino a 10 volte maggiore rispetto alle donne non gravide. Tale variabilità è correlata ad altri cofattori di rischio, quali l’età della donna, l’obesità, precedenti episodi tromboembolici, stati trombofilici congeniti o acquisiti. L’incidenza stimata di TEV in gravidanza è 1:1000 e diventa fino a cinque volte più alta durante il puerperio. La predisposizione a sviluppare TEV è la conseguenza di uno stato di “ipercoagulabilità” proprio della gravidanza che, da un punto di vista evolutivo, ha probabilmente la finalità di proteggere la donna da emorragie eccessive durante il parto.

Sono diversi i motivi che possono portare ad un aumento del rischio di coaguli del sangue durante la gravidanza, e tra queste, spiega ancora l’AOGOI

L’aumentata stasi venosa, la compressione della vena cava inferiore e delle vene pelviche da parte dell’utero gravido, così come la diminuita mobilità, propria delle gravidanze “moderne”, contribuiscono all’aumentato rischio trombogeno. Una recente raccomandazione del Ministero della Salute ha sottolineato come la malattia tromboembolica sia tra le cause più frequenti e più facilmente prevenibili di morte materna nei paesi occidentali.

Ecco perché la misurazione della presenza dell’antitrombina III nel sangue diventa molto importante durante la gravidanza, nel caso in cui si sospettino alterazioni nella coagulazione.

Come si esegue l’esame per l’antitrombina III?

prelievo di sangue

L’esame viene effettuato in laboratorio, analizzando un semplice campione di sangue venoso. Il prelievo si esegue dopo un digiuno di almeno 8 ore. Viene eseguito in genere intorno alla 32^ settimana di gravidanza, o comunque nel corso del terzo trimestre, in assenza di specifici fattori di rischio.

Il test può essere di due diversi tipi: uno volto a differenziare la funzionalità dell’antitrombina, cioè la sua “qualità”, e uno la sua quantità. Può capitare infatti che la quantità della proteina sia sufficiente ma la sua funzionalità risulta ridotta, oppure, al contrario, la proteina ha un’adeguata funzionalità ma è insufficiente.

I valori normali dell’antitrombina III sono compresi tra 80% e 120%, ma possono essere influenzati dall’età e dai parametri adottati dal singolo laboratorio in cui sono eseguite le analisi.

Livelli bassi di antitrombina possono indicare un aumento del rischio di coagulazione e quindi di trombosi, e in questi casi il medico può prescrivere dei farmaci specifici anticoagulanti (eparina) per sopperire alla carenza della proteina.

Livelli alti di antitrombina non sono solitamente preoccupanti, e possono essere dovuti ad una terapia farmacologica oppure indicare invece presenza di diabete, epatite o infiammazioni.

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