Anonimo

chiede:

Gentilissimo Prof. Barletta,
sono una signora di 38 anni. Sono circa due anni che io e mio marito stiamo
provando ad avere un bambino in modo naturale visto che tutte le nostre
analisi sono perfette.
Dopo circa due anni di tentativi ci siamo finalmente riusciti. Purtroppo
alla sesta settimana ho avuto un aborto con il relativo intervento di
raschiamento (non so se è il termine medico). Questo a dicembre 2008.
Ma non è questo che mi preoccupa anzi, dopo il primo momento di sofferenza,
ho iniziato a vedere le cose da un punto di vista sicuramente ottimista:
abbiamo avuto la prova che tutto funziona.
Il motivo per il quale le scrivo è il seguente:
abbiamo in famiglia una nipotina di quasi tre anni con la sindrome di
Angelman. La bimba è la figlia della sorella di mio marito.
Io ho già fatto la mappa cromosomica e va tutto bene. Mio marito la farà a
giorni.
Quello che volevo chiederle è se è sufficiente la mappa cromosomica per vedere
eventuali problemi del cromosoma 15 (e naturalmente altri) o ci consiglia di
fare esami più mirati magari prima di rimanere incinta di nuovo?
Dovrò fare esami in gravidanza mirati a cercare questa anomalia?
Che possibilità ci sono che questa sindrome possa colpire un futuro bambino?
La ringrazio anticipatamente e le invio distinti saluti

Egregia Signora Francesca,
La sindrome di Angelman riguarda tutte le razze ed entrambi i sessi. È stata descritta per la prima volta da Harry Angelman, pediatra inglese, nel 1965. L’incidenza è stata stimata fra 1 su 12.000 e 1 su 25.000 . Poiché l’incidenza della sindrome di Prader-Willi è stata stimata in 1 su 10.000, resta da spiegare perché quella relativa alla sindrome di Angelman sia inferiore. Una possibile causa (anche se non unica), considerata anche la maggior gravità della sindrome, è che siano maggiori i casi di aborto spontaneo.La sindrome di Angelman, come quella di Prader-Willi, è un disordine complesso conseguente ad una anomalia genetica presente nel braccio lungo del cromosoma 15.
In circa il 70% dei casi l’anomalia consiste in una delezione de novo, indicata con 15q11-q13, del cromosoma materno. Si ipotizza che vari siano i geni mancanti e solo alcuni sono stati identificati. Nel 2-5% dei casi la sindrome è causata da disomia uniparentale (UPD) paterna, cioè ambedue i geni sono ereditati dal padre (e quindi nessuno dalla madre). Come nel caso della delezione, comunque, manca il contributo materno. Nella sindrome di Prader-Willi, invece, la disomia uniparentale (in questo caso materna) spiega il 25% dei casi.
Sia in caso di delezione 15q11-q13 che di disomia parentale materna il rischio che ulteriori figli abbiano la sindrome è inferiore all’1%.
Nel 2-3% dei casi vi è una microdelezione nel centro che controlla i processi di imprinting, che si presume venga trasmessa per via materna. In questo caso è maggiore il rischio che nella stessa famiglia vi sia più di un individuo con la sindrome (fino al 50%).
Rari casi (circa 1%) sono spiegati con ulteriori particolari riarrangiamenti cromosomici nel cromosoma 15.
Quasi un individuo con sindrome di Angelman su 4 (22%-25%) non presenta un quadro genetico chiaro. Per alcuni di questi sono presenti mutazioni di un gene specifico (UBE3A) della regione 15q11-q13, che sembra avere un ruolo a livello cerebrale. Si ipotizza inoltre che possa essere coinvolto anche un altro gene (GABRA3) della regione 15q11-q13, in assenza del quale vi sono anomalie elettroencelalografiche e attacchi epilettici, oltre a difficoltà di coordinazione motoria, iperattività e disturbi del ciclo sonno-veglia (tutte caratteristiche presenti nel fenotipo della sindrome di Angelman). Sono tuttavia ancora carenti le informazioni sullo specifico contributo di questi due geni.
Si stima che nei casi in cui vi sono danni a carico del gene UBE3A il rischio che altri figli abbiano la sindrome di Angelman sia del 50%.
In definitiva gran parte dei casi di sindrome di Angelman sono dovute a delezioni e mutazioni de novo, ma la consulenza genetica non può ignorare i casi in cui può esserci una trasmissione ereditaria e quindi le situazioni in cui il rischio di avere un altro figlio con sindrome di Angelman è del 50% o comunque alto. Tra questi vi è un caso, per ora segnalato come unico, già citato nel contributo dedicato alla sindrome di Prader-Willi.
Pur in un quadro complessivamente grave, gli individui con disomia uniparentale paterna e quelli con mutazioni relative al centro dell’imprinting (assieme il 4-8%; quindi 1 su 625.000-150.000) presenterebbero un quadro fenotipico meno grave, ad esempio con attacchi epilettici meno gravi e/o meno frequenti (comunque con gravi ritardi nell’intelligenza e nel linguaggio espressivo, con prestazioni in media tendenzialmente non superiori a quelle tipiche dei bambini di 18-24 mesi). Epilessia più moderata è stata riscontrata anche nei casi caratterizzati da anomalie del gene UBE3A.Le caratteristiche facciali delle persone con sindrome di Angelman sono meno marcate rispetto ad altre sindromi. Alcuni autori riportano: viso allungato, mandibola prominente, bocca grande e denti distanziati, lingua sporgente, occipite piatto, occhi infossati e microcefalia. La variabilità è comunque notevole. Basti pensare che la microcefalia è tipica di un caso su due.
Molti (attorno a due terzi) hanno occhi azzurri e capelli biondi.
Più caratterizzanti sono: l’andatura atassica e a scatti, gli attacchi epilettici, gli scoppi improvvisi (e apparentemente ingiustificati) di riso.
Lo sviluppo motorio è ritardato (ad esempio la stazione eretta si ha dopo i 18 mesi). Una ristretta minoranza non riesce mai a camminare.
Secondo alcuni autori la pubertà è generalmente nella norma e la procreazione sembra possibile, anche se non sono stati segnalati casi di maternità o paternità. La sindrome di Angelman è caratterizzata da ritardo mentale molto grave (profondo): in termini di QI sotto 25 e in termini di età mentale non superiore al secondo anno di vita.
Particolarmente carenti sembrano i processi attentivi.
Le prestazioni cognitive sono inoltre influenzate negativamente dall’iperattività.
Cordialmente

* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento

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