Anonimo

chiede:

Buongiorno,
cercherò di essere breve. Mio marito ha una sorella il cui unico figlio
maschio è malato di distrofia muscolare (Duchenne). La mie domande sono
principalmente due.
Io desidererei avere un altro figlio, rischio? Mio marito sembra sano ha
quasi
40 anni. Potrebbe essere malato? La mia bambina essendo sua figlia e
cugina
del bimbo malato potrebbe essere portatrice sana e quindi avere problemi
in
età adulta quando vorrà (e se vorrà) mettere al mondo dei figli?
Grazie tante in anticipo

Egregia Signora,
la distrofia muscolare Duchenne è una forma di distrofia muscolare trasmessa
come carattere legato all’X che determina degenerazione progressiva delle
fibre muscolari. E’ dovuta all’assenza di una proteina detta Distrofina. L’
assenza di questa proteina determina una serie di eventi che portano a
degenerazione del tessuto muscolare, che viene sostituito da tessuto fibroso
e adiposo. La conseguenza clinica è una progressiva perdita di forza
muscolare con conseguente progressiva perdita delle abilità motorie.
Non si sa quando la malattia realmente inizi, ma i sintomi cominciano a
vedersi più o meno intorno ai tre anni di vita. I genitori notano che il
bambino ha difficoltà nel correre, salire le scale, alzarsi da terra, non
riesce a saltare. Questi problemi sono dovuti al prevalente interessamento
dei muscoli del cingolo pelvico e in particolare dei muscoli glutei.
Naturalmente, sebbene vi sia un interessamento prevalente dei distretti
muscolari prossimali (cioè vicini al tronco), la malattia è fin dall’inizio
generalizzata. Alla visita si può notare molto precocemente il peculiare
aspetto “pseudoipertrofico” dei polpacci: sono voluminosi e alla palpazione
risultano di consistenza aumentata, perché il tessuto muscolare viene
sostituito dal tessuto fibroadiposo. A volte raccogliendo attentamente le
notizie relative alle prime fasi dello sviluppo di questi bambini si trova
un lieve ritardo nell’acquisizione delle tappe motorie e in particolare
della deambulazione e con discreta frequenza si riscontra un ritardo nell’
acquisizione del linguaggio. In alcuni casi i problemi relativi alla sfera
linguistica e cognitiva possono prevalenti rispetto a quelli motori nei
primi anni di vita, ritardando l’inquadramento diagnostico. Con il
progredire dell’età le difficoltà motorie diventano evidenti e al momento
dell’ingresso nella scuola elementare il quadro clinico è chiaro. I bambini
hanno un’evidente pseudoipertrofia dei polpacci e a volte anche del
quadricipite femorale, accentuazione della fisiologica curvatura della
regione lombare della colonna vertebrale (iperlordosi lombare), scapole
alate, andatura anserina, si alzano da terra con una caratteristica manovra
di arrampicamento (manovra di Gowers), corrono con fatica e con una
caratteristica andatura “da maratoneta”, salgono le scale con difficoltà,
tenendosi al corrimano. La malattia progredisce ulteriormente causando la
perdita della deambulazione autonoma entro i 12 anni di età e, sia pure più
tardivamente, la progressiva perdita di funzione degli arti superiori. Anche
i muscoli respiratori e il cuore sono coinvolti: i soggetti sviluppano
invariabilmente una sindrome disventilatoria restrittiva e in un arco di
tempo variabile da soggetto a soggetto si renderà necessaria una
ventilazione meccanica dapprima notturna e poi anche diurna. Più variabile
per età e gravità è il coinvolgimento cardiaco, che consiste nell’insorgere
di una cardiomiopatia dilatativa. In alcuni casi insorge in tempi
relativamente precoci e acquista un’importanza dominante nell’evoluzione
clinica. L’aspettativa di vita dei soggetti affetti è ridotta proprio a
causa delle complicanze cardiache e respiratorie. Altri problemi clinici
rilevanti sono la scoliosi e le retrazioni articolari. Sebbene non
condizionino direttamente l’aspettativa di vita dei soggetti questi aspetti
hanno importanza nel definire l’andamento clinico della DMD. La scoliosi
infatti, quando diventa particolarmente severa, oltre a creare problemi
posturali può contribuire a complicare la situazione respiratoria. Le
retrazioni articolari possono contribuire e accelerare la perdita della
funzionalità motoria rendendo difficile per esempio il mantenimento della
stazione eretta. Nei casi (circa un 30%) che presentano un deficit
cognitivo – di varia entità – questo resta stabile nel tempo . Anche i
soggetti con normale dotazione intellettiva possono avere lievi difficoltà
legate all’apprendimento della letto-scrittura o comunque nella
processazione verbale. La Distrofina è normalmente presente – e assente nei
soggetti affetti da DMD -anche in alcune aree del Sistema Nervoso Centrale:
questo è probabilmente alla base del possibile coinvolgimento cognitivo, ma
molte cose non sono ancora chiare in quest’ambito.
La DMD è una malattia genetica, legata ad un gene presente sul cromosoma X
che codifica per la proteina detta Distrofina. Solo i soggetti di sesso
maschile presentano i sintomi della malattia , mentre le femmine portano l’
alterazione genica senza manifestazioni cliniche, tranne rari casi nei quali
il fenotipo è comunque lieve. Nelle femmine infatti abbiamo due cromosomi X
e la copia “sana” del gene può compensare l’altra. Nei soggetti di sesso
femminile si possono riscontrare: aumento del livello di Creatin Kinasi (CK)
nel siero, a volte polpacci voluminosi e lievi deficit di forza; nel corso
degli anni le femmine portatrici possono sviluppare problemi cardiaci. Il
gene della Distrofina è molto grande e le alterazioni responsabili della
malattia possono essere delezioni (cioè perdita di alcuni frammenti),
mutazioni puntiformi (cioè sostituzioni nucleotidiche) o anche duplicazioni.
L’effetto di queste alterazioni è la mancata produzione della proteina.
Nei bambini più piccoli (primo-secondo anno di vita) è più probabile dell’
iter diagnostico venga avviato a partire dal riscontro casuale di un aumento
del livello di CK nel sangue, nei bambini più grandi abitualmente è il
riscontro di difficoltà motorie da parte dei genitori a suggerire l’
opportunità di una valutazione. All’esame obiettivo si riscontreranno i
segni descritti sopra (pseudoipertrofia dei polpacci, iperlordosi lombare,
manovra di Gowers, difficoltà nel salire le scale e nel salto.) . La
diagnosi riposa poi sul riscontro dell’assenza della distrofina documentato
su un frammento di muscolo prelevato mediante biopsia muscolare e sull’
analisi genetica. Si può partire dall’analisi genetica, meno invasiva perché
si effettua su un prelievo di sangue, ma va detto che in circa il 30% dei
casi di soggetti affetti le indagini genetiche routinarie non consento di
dimostrare alterazioni nel gene della Distrofina. Sarà pertanto necessario
procedere ad una biopsia per verificare l’assenza di distrofina nel muscolo
e distinguere quindi il quadro da altre forme di distrofia muscolare. La
diagnosi prenatale è possibile mediante villocentesi e amniocentesi . La
ricerca di alterazioni del gene della Distrofina non fa parte delle indagini
prenatali di routine, ma viene effettuata in situazioni a rischio (presenza
di soggetti affetti nel nucleo familiare). Circa un terzo dei casi di DMD
nasce da madri non portatrici, per nuove mutazioni (cioè eventi
accidentali). È in ogni caso essenziale una consulenza genetica per il
nucleo familiare nel quale sia stata fatta diagnosi di DMD.
Cordialmente

* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento

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