
La cosiddetta sindrome alcolica fetale è la conferma medico-scientifica che bere bevande alcoliche in gravidanza fa male. Sempre. Con conseguenze ...
In occasione della Giornata internazionale di Fas e Fasd, l’Istituto superiore di sanità ribadisce: non esistono quantità sicure di alcol in gravidanza. I dati dello studio nazionale confermano una maggiore consapevolezza nelle donne italiane.
Il 9 settembre, non a caso il nono giorno del nono mese dell’anno, si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale sulla sindrome feto-alcolica (Fas) e i disordini dello spettro feto-alcolico (Fasd). Una ricorrenza scelta per ricordare la durata media della gravidanza – nove mesi – e per ribadire un messaggio chiaro: anche un solo bicchiere di alcolici in gravidanza può compromettere la salute del bambino.
“Se aspetti un bambino non rischiare”, ha dichiarato l’Istituto superiore di sanità (Iss), che ha diffuso materiale informativo rivolto soprattutto ai giovani e alle coppie in età fertile.
La cosiddetta sindrome alcolica fetale è la conferma medico-scientifica che bere bevande alcoliche in gravidanza fa male. Sempre. Con conseguenze ...
La Fasd comprende un insieme di condizioni legate all’esposizione prenatale all’alcol. Può causare:
problemi cognitivi e comportamentali;
difficoltà di attenzione e apprendimento;
anomalie fisiche, tra cui bassa statura, microcefalia e ritardo dello sviluppo;
tratti facciali distintivi nella forma completa della Fas, come setto nasale corto e allargato, occhi piccoli e distanti, labbro superiore sottile e filtro naso-labiale appiattito.
Il danno si verifica perché l’alcol ingerito dalla madre passa attraverso il cordone ombelicale, accumulandosi nell’organismo del feto che non è in grado di metabolizzarlo.
Secondo l’Iss, circa il 10% delle donne assume alcol in gravidanza e 1 su 67 partorisce un bambino con sindrome feto-alcolica. La media globale parla di 15 casi ogni 10.000 nati vivi, ma in alcune aree d’Europa il tasso risulta da 2 a 6 volte più alto.
Uno studio nazionale ISS (2022), basato sull’analisi di biomarcatori come l’etilglucuronide (EtG) nei capelli materni e nel meconio neonatale, ha confermato un trend positivo in Italia:
solo 0,1% delle donne esaminate ha mostrato un consumo cronico ed eccessivo di alcol in gravidanza;
l’8,2% ha riportato valori compatibili con un consumo occasionale;
0,6% dei neonati risultava esposto ad alcol prenatale;
i nati esposti non presentavano segni evidenti di disabilità alla nascita.
Questi dati suggeriscono che le politiche di prevenzione hanno aumentato la consapevolezza nelle donne italiane, anche se la vigilanza resta fondamentale.
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Una diagnosi tempestiva permette ai bambini con Fas e Fasd di ricevere interventi mirati e alle famiglie di essere preparate a gestire difficoltà cognitive, emotive e sociali. La conoscenza resta lo strumento principale per ridurre l’impatto di questi disturbi.
Il 3 settembre 2025 si è concluso il progetto promosso dall’Iss e dal Ministero della Salute, “Salute materno-infantile: formazione degli operatori socio-sanitari ed empowerment delle giovani donne sui rischi dell’alcol in gravidanza”.
In totale hanno partecipato oltre 23.600 operatori sanitari, con un tasso di completamento del 66%. Il corso più frequentato è stato quello sugli elementi base della diagnosi, con quasi 10.000 iscritti.
Un impegno che conferma la necessità di rendere sempre più capillare la formazione, affinché il messaggio “zero alcol in gravidanza” arrivi forte e chiaro, sia alle famiglie che a chi lavora in prima linea nella salute materno-infantile.