Patria potestà revocata: è questa la sentenza storica di un tribunale del Veneto, che ha deciso di stabilire l’adottabilità dei figli di un uomo dopo che quest’ultimo si era disinteressato a loro per anni.

Dal 2017 non vede i propri figli: non può dirsi un padre esercente la responsabilità genitoriale” sono le parole del Tribunale per i Minorenni di Venezia, che in questo modo ha fatto anche decadere il cognome dei due minori interessati, desiderio da loro già espresso in passato. Secondo il pm, infatti, il padre biologico dei due non ha esercitato la responsabilità genitoriale in concreto.

L’episodio, avvenuto a Feltre, in provincia di Belluno, ha visto interessati due giovanissimi, nati con problemi di salute, che non vedevano il padre da anni. Quest’ultimo, infatti, si era disinteressato a loro poco dopo la separazione dalla madre, che nel 2017 aveva deciso, insieme ai figli, di intraprendere un’azione legale contro il genitore assente, assistita dalla legale Roberta Resenterra.

A rimanere accanto ai due minori il nuovo compagno, ora marito, della madre, che si è detto concorde alla loro richiesta di prendere il suo cognome e adottarli, dichiarandosi “fortunato ad averli” davanti ai giudici. Io sono qui per cambiare cognome, per me significa molto, perché per tutti sarò finalmente figlio del marito di mia mamma. Un padre non lo è solo sulla carta ma chi è al tuo fianco in ogni momento. L’altro è altro”, ha dichiarato uno dei due figli in tribunale, come riporta Il Messaggero.

Il mio nuovo marito è entrato nelle loro vite con dolcezza, sempre accorto e tempestivo, tanto che spontaneamente hanno iniziato a chiamarlo papà”, ha detto invece la donna. “Per i miei figli il padre biologico è un estraneo e quando ne parlavo mi chiedevano di cambiare discorso”.

Quest’ultimo, che nel frattempo si era trasferito prima in un’altra zona d’Italia, dove aveva avuto due figli con un’altra donna, e poi all’estero, si è dichiarato non concorde con la decisione. Dall’istruttoria compiuta dai servizi sociali, però, è emersa la necessità di dare “legalità ad una famiglia già esistente di fatto da anni, in modo da poter espletare le proprie responsabilità genitoriali anche dal punto di vista legale e rispondere al desiderio dei ragazzini di portare il cognome del nuovo marito della madre”, come si legge su Il Messaggero.

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