"Ha diritto a diventare adulta": per Rebecca e gli altri bambini farfalla la cura c’è ma troppo cara

Rebecca e i bambini farfalla hanno bisogno di una cura per guarire dalla malattia. Dopo il rischio fallimento di Holostem, l'azienda biotech che porta avanti le sperimentazioni, potrebbe esserci però una novità positivia.

Li chiamano bambini farfalla, ma il nome ha poco di poetico; con questo termine infatti si definiscono i bambini affetti da epidermolisi bollosa, una malattia estremamente rara della pelle che la rende molto fragile e cosparsa di lesioni e bolle.

Si ritiene che la sindrome interessi un bambino su 17 mila su base mondiale, uno su 82 mila nati in Italia, e proprio questo ha portato, nelle scorse settimane, a far temere che le ricerche portate avanti per trovare una cura potessero essere interrotte. Perché Holostem, l’azienda di biotech che porta avanti le sperimentazioni, è in condizioni finanziarie precarie, e la ricerca è giudicata “troppo cara” da Big Pharma.

La notizia ha, ovviamente, scatenato rabbia e dispiacere in Alessandro Pipia e Simona Dragonetto, genitori di Rebecca, dieci anni, affetta da questa malattia, che a Repubblica, in un’intervista, hanno espresso timori e paure legate proprio all’eventualità di un’interruzione della ricerca, che ha dimostrato come dall’epidermolisi bollosa si possa guarire, come successo, ad esempio, ad Hassan, sette anni, curato grazie  alla terapia genica messa a punto dall’Università di Modena.

Fa male sapere che una cura c’è, ma è ancora chiusa in un cassetto per difficoltà che non hanno a che fare con la medicina“, sono state le parole di Pipia, aggiungendo come Rebecca fosse all’oscuro del rischio fallimento di Holostem.

Rebecca è forte, partecipa alle manifestazioni per il diritto alla cura, ha coraggio da vendere, ma è solo una bambina di 9 anni che fa una vita durissima. Sa che Holostem ha delle difficoltà, ma spera tantissimo in quella terapia. Si è fatta spiegare i dettagli tecnici, ha detto che andrà in laboratorio a vedere le sue cellule trattate. Non potevamo dirle quanto grave sia stata la situazione.

Proprio il 29 novembre, però, sembra essere arrivato un principio di svolta, come raccontato in un post Facebook dell’associazione Le ali di Camilla, che riunisce la gran parte dei genitori di casi gravi di epidermolisi bollosa in Italia, poche centinaia, e che nelle scorse settimane ha raccolto circa 60mila firme nella petizione pensata proprio per cercare una soluzione all’interruzione delle cure.

Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha infatti affermato di aver trovato una soluzione durante il Question Time alla Camera, spiegando di conoscere “il valore di Holostem e la straordinaria importanza che i suoi prodotti rivestono per la cura delle malattie rare, e a questi bambini, a queste famiglie, non possiamo ovviamente che rispondere positivamente, non possiamo ovviamente lasciarli soli”.

Il Ministero ha quindi dato il via libera all’acquisizione di Holostem da parte di Enea Tech e Biomedicali, dando un’opportunità ai malati. La strada, ovviamente, è ancora lunga, ma è un inizio, e i genitori di Rebecca vogliono dire al governo che sta offrendo una speranza “Di ascoltare i malati rari. Sono rari ma non invisibili. Di non togliergli la speranza. Di non togliere il sorriso a Rebecca“.

La cui vita è inevitabilmente contrassegnata dalla malattia, come spiegano a Repubblica mamma e papà parlando della sua quotidianità.

Si alza molto presto. Le parti del corpo senza pelle devono essere medicate e bendate, e questo porta via tre quarti d’ora. A scuola va felice. Fa la quinta e ha compagni di classe fantastici. Ci sono molti stranieri, lei ad esempio li aiuta con l’italiano e loro le portano lo zaino o la assistono nelle mille piccole cose che non può fare. Rebecca non riesce a piegarsi, perché tirerebbe la pelle sulla schiena. Non alza le braccia per le ferite sotto alle ascelle. Andare in bagno è doloroso. Mangiare è difficile, perché la malattia le crea problemi all’esofago. Le sue mani non riescono ad accendere gli interruttori, per questo in casa abbiamo solo catenelle. Ha bisogno continuo di fisioterapia. In compenso ama la musica e suona la batteria. Adora i cavalli e da tre anni frequenta un maneggio. Cerchiamo sempre di farla concentrare su quello che può fare, anziché su quello che le è precluso […]

Non sappiamo come faccia a tollerarlo [il dolore]. Di certo ha una soglia del dolore molto, molto alta. L’altra mattina si è svegliata con cinque centimetri di pigiama incollati alla ferita: durante la notte le si era spostata una medicazione. Noi non sapevamo dove mettere le mani. La doccia la sera è un momento angosciante. L’acqua le fa malissimo sulle ferite. È una tortura quotidiana che dura un’ora e mezzo“.

La storia a lieto fine di Hassan non può che rappresentare un sogno anche per i genitori della piccola, che ha una pagina Facebook dedicata, Rebecca’s life.

È inconcepibile che una soluzione esista – dicono – ma una cura in una fase di sperimentazione avanzatissima e che ha buone possibilità di essere definitiva rischi di restare in un cassetto. In quella terapia ci sono decenni di lavoro degli scienziati. C’è un mucchio di soldi spesi per la ricerca, che finirebbero buttati. E c’è la vita di parecchie persone, inclusa quella di nostra figlia, che ha tutto il diritto di diventare una persona adulta.

La soluzione trovata dal Ministero permetterà di “proseguire l’attività una struttura scientifica di eccellenza presente in Emilia-Romagna – ha sottolineato il Presidente di Regione, Stefano Bonaccini unica nel Paese nel campo della ricerca medica applicata e nella cura, al servizio dei bambini farfalla, e delle loro famiglie, alle prese con una malattia rara. Solo il Centro modenese, infatti, è in grado di produrre la terapia necessaria”.

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