Si parla sempre più spesso di burnout, termine che indica lo stadio di logoramento psicologico dovuto all’accumularsi di stress. Ma se questa parola è utilizzata principalmente quando si tratta di lavoro, sono ancora in pochi a parlare del burnout genitoriale, ovvero il senso di esaurimento delle energie che riguarda mamme e papà.

Ne parla la coach Bea Kim, la quale, con un lungo articolo pubblicato su Motherly, aiuta i genitori a riconoscere i sintomi del burnout e a poter così intervenire in tempo. Secondo la coach, i fattori che caratterizzano questa condizione sarebbero principalmente tre: esaurimento emotivo, riduzione della produttività e depersonalizzazione.

In particolare, per quanto riguarda i genitori, queste caratteristiche si manifestano con sintomi ben precisi: stanchezza psicologica al pensiero di dover fare qualcosa per i propri figli, sensazione di incapacità nello svolgere compiti correlati al proprio ruolo da genitore, distanza emotiva dai propri figli e un cambio di atteggiamento nei confronti di questi ultimi.

Ma quali sono i fattori che lo causano? Tra di essi, Bea Kim elenca la presenza di un conflitto di priorità, per esempio tra la famiglia e il lavoro, la mancanza di riconoscimento del proprio operato, lo scarso supporto a livello emotivo e sociale, la riluttanza a delegare o anche la discriminazione sistemica (basata sul genere, sull’etnia, sulla religione, sulla presenza di disabilità e così via).

Non bisogna, però, confondere il ‘normale’ stress con il burnout: se infatti nel primo caso siamo ancora coinvolti in ciò che facciamo, pure se reagendo agli stimoli in modo esagerato e con la presenza di stati di ansia, nel secondo caso invece saremo demotivati, psicologicamente disimpegnati da quello che stiamo facendo e non riusciremo a rispondere agli stimoli emotivi, in un vero e proprio distacco che può portare anche alla depressione.

Ma come uscirne? Bea Kim consiglia ai genitori di evitare innanzitutto i perfezionismi, e di capire che, a volte, va bene anche arrivare a fare abbastanza’: abbandonare, per esempio, l’idea di poter cucinare tutti i pasti per i propri figli e ordinare del cibo fuori quando si ha poco tempo, smettere di essere disponibili per tutti 24 ore su 24 e così via. Il secondo punto è invece mettere dei paletti: decidere delle fasce temporali nelle quali ci si dedica ai propri hobby, inserire abitudini salutari nella propria routine, non rispondere al telefono e alle mail di lavoro al di fuori degli orari lavorativi.

Il terzo punto è prendersi cura della propria salute, ovvero dormire il giusto quantitativo di ore, fare esercizio e sbarazzarsi delle cattive abitudini. Infine, l’ultimo punto è mantenere i propri legami sociali e chiedere aiuto quando se ne ha bisogno. I genitori che si sentono isolati, infatti, sono tra quelli più a rischio di soffrire le conseguenze del burnout: fare rete e chiedere l’intervento degli altri nei momenti in cui ci si sente sopraffatti sono il rimedio più importante.

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