L’82% delle madri non ce la fa più: ed è un dato che non possiamo ignorare

La maternità non è mai stata così isolata. E non è colpa delle madri: è il nostro sistema a non reggere più.

“Ci vuole un villaggio per crescere un bambino”, ci siamo sentite ripetere per anni. Ma a guardare le cose da vicino, quel villaggio sembra svanito nel nulla. È questo il quadro che emerge dal report “Where Did the Village Go?” di Peanut, l’app social dedicata a mamme e future mamme.

Il dato più impressionante? L’82% delle madri si sente sola. Non stiamo parlando di una sensazione passeggera, ma di un’esperienza diffusa e sistemica. Una donna su due dichiara di piangere almeno una volta a settimana per mancanza di supporto.

Eppure, il mito dell’onnipotenza materna continua a reggere. Ma a che prezzo?

Un villaggio che non esiste più

Secondo i dati raccolti da Peanut su un campione di 2.250 madri:

  • Solo il 14% vive vicino alla propria famiglia d’origine, mentre il 65% vorrebbe ricevere un supporto intergenerazionale.

  • Il 90% si affida a relazioni digitali, molto più che a incontri vis-à-vis.

  • Le mamme che hanno una rete di sostegno reale sono oggi un’eccezione, non la regola.

Una madre ha raccontato nel report: “Se qualcuno fosse passato a trovarmi nei primi giorni dopo il parto, sarebbe cambiato tutto”. Un’altra aggiunge: “Mi sarebbe bastata un’amica mamma a cui scrivere: ‘oggi è difficile’, senza vergogna”.

Non è colpa delle madri. È il sistema che le lascia sole

A mancare, oggi, non è la volontà di condividere, ma le condizioni materiali per farlo. Famiglie sempre più sradicate, lavoro che non concede tregua, tempi di maternità ritardati, un post-pandemia che ha distrutto il già fragile tessuto comunitario.

Non è mai stato richiesto tanto a una sola madre. La famiglia nucleare è sovraccaricata, mentre il welfare pubblico e le reti di prossimità non sono state sostituite da nulla. Il risultato? Una solitudine che non si colma con una diretta Instagram o un reel motivazionale.

Quando la retorica della maternità performativa diventa tossica

Viviamo in un’epoca che celebra le madri nei post social della festa della mamma, ma che le abbandona quando si rompono i nidi, quando la scuola chiude senza preavviso, quando il lavoro ignora che esistono bambini malati da accudire.

Lo chiamano empowerment, ma spesso è solo un modo per scaricare tutto sulle spalle delle donne. Essere madri oggi significa fare tutto, spesso da sole, e poi sentirsi in colpa se non ci si riesce.

Cosa possiamo fare (insieme)

La buona notizia è che la voglia di villaggio esiste ancora. Solo che oggi lo si costruisce altrove:

  • Nei gruppi WhatsApp in cui ci si scambiano pasti fatti in casa e battute sulle notti insonni.

  • Nelle passeggiate con il passeggino che diventano gruppi di mutuo soccorso.

  • Nei DM di una sconosciuta che diventa amica, perché ha capito esattamente cosa stai passando.

Ma non basta. Serve anche una presa di responsabilità pubblica. Il report Peanut propone azioni concrete:

  • Normalizzare il chiedere aiuto

  • Riformare i luoghi di lavoro per sostenere la genitorialità

  • Riconoscere il caregiving come lavoro a tutti gli effetti

Per chi si sente sola: non è colpa tua

Se sei una madre e ti senti sola, sappi che non sei sbagliata. È il sistema che ti ha lasciata senza appoggi. La solitudine che provi non è debolezza, è la prova che abbiamo bisogno l’una dell’altra, e che il villaggio dobbiamo tornare a costruirlo. Non da sole, stavolta.

Se vuoi condividere la tua esperienza o raccontarci come stai costruendo la tua rete, fallo: può aiutare un’altra madre a sentirsi meno sola. E può essere l’inizio di qualcosa che somiglia, finalmente, a una comunità. 

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