Parlare di aborto è sempre molto difficile essendo una realtà che va a toccare aspetti e tematiche delicate e personali che lasciano conseguenze non solamente fisiche. È utile porre l’attenzione sull’aborto spontaneo, una realtà che secondo diverse stime (come quelle del Manuale MSD) interessa circa il 20% delle gravidanze confermate.

Un quinto, quindi, delle gestazioni; numeri non certo marginali e che richiedono un profondo esame per conoscere e comprendere meglio un fenomeno che ha un impatto non solo fisiologico, ma per molti aspetti anche e soprattutto psicologico.

Quando l’aborto si definisce spontaneo?

Partiamo dal definire cos’è l’aborto spontaneo. La classificazione dell’aborto definisce quello spontaneo come la morte del feto che avviene prima della ventesima settimana di gestazione. L’attenzione verso i termini utilizzati è, qui più che altrove, essenziale. A tal proposito l’Associazione dei Ginecologi Italiani: ospedalieri, del territorio e liberi professionisti (AOGOI) precisa che per aborto è da intendersi “l’interruzione della gravidanza entro il 180° giorno di gestazione, corrispondente a 25 settimane e 5 giorni”.

La prima distinzione che può e deve essere fatta è quella tra aborto spontaneo e aborto provocato dove il primo è una patologia della gravidanza, mentre il secondo può essere volontario (e in Italia regolamentato dalla Legge 194/78), criminoso e come effetto di lesioni personali.

È utile poi considerare una differenziazione non solamente terminologica tra minaccia di aborto, aborto inevitabile, aborto incompleto e aborto completo.

  • Si ha minaccia di aborto in presenza di sanguinamento ma è troppo presto per valutare se il feto è vivo o meno (la gravidanza potrebbe anche proseguire tranquillamente).
  • L’aborto si dice inevitabile quando la cervice è dilatata e bisogna valutare il volume del sanguinamento.
  • L’aborto è invece incompleto quando i prodotti del concepimento vengono espulsi solo parzialmente, mentre è completo quando questi sono passati del tutto e la cervice è chiusa.

Le cause più frequenti di aborto spontaneo

Per quel che riguarda l’aborto spontaneo è doveroso fare una premessa che interessa non solo l’eziologia di questo fenomeno, ma anche la sua diffusione e incidenza. Molti aborti spontanei non sono conteggiati nelle statistiche ufficiali in quanto spesso confusi con le mestruazioni. Questo perché si può considerare l’aborto spontaneo come un evento fisiologico, normale (dal punto di vista biologico) che si verifica senza individuare una possibile causa diretta. Anzi, si può dire che è più improbabile che si verifichino tutte le condizioni per cui il concepimento, l’impianto e l’inizio della gravidanza abbiano inizio che il contrario.

Detto questo, la principale causa di aborto spontaneo è indubbiamente da individuare nelle anomalie cromosomiche (o anomalie genetiche) per le quali gli embrioni che non hanno un assetto cromosomico adeguato sono destinati a interrompere il loro sviluppo. Sono poi da considerare:

  • cause immunologiche;
  • cause infettive;
  • malattie sistemiche materne;
  • inadeguata secrezione di progesterone
  • condizioni materne.

Le cause immunologiche sono quelle nelle quali vi è un’alterazione nella regolazione del sistema che impediscono il rigetto dell’embrione, che è di fatto un corpo estraneo, da parte dell’organismo materno. Ci sono poi cause infettive come quelle dell’infezione cronica dell’endometrio, quelle causate dai virus dell’Herpes, del Cytomegalovirus o del Parvovirus o quelle dei batteri Ureaplasma urealyticum, il Mycoplasma hominis e C trachomatis.

Tra le principali malattie sistemiche materne responsabili di un aborto spontaneo rientrano l’ipertensione arteriosa e il diabete. Nel primo trimestre problemi endocrini che possono causare un’inadeguata secrezione di progesterone da parte del corpo luteo può essere responsabile di aborto spontaneo in quanto non avvengono quelle trasformazioni dell’endometrio essenziali per l’impianto dell’embrione e l’inizio della gravidanza. Tra le principali condizioni materne che aumentano il rischio di aborto spontaneo ci sono la sindrome dell’ovaio policistico, le anomalie di sviluppo, posizione e formazione dell’utero, i fibromi uterini e l’incontinenza cervicale.

Da non sottovalutare, anche in termini delle relative conseguenze medico-legali, ci sono le procedure di diagnostica prenatale (amniocentesi, villocentesi, prelievo del sangue cordonale) e l’uso di farmaci o l’esecuzione di indagini radiologiche che possono avere effetti teratogeni. Infine, ma non meno importanti, il tabacco, l’alcol e le intossicazioni da piombo, benzolo e mercurio (frequenti in alcuni ambienti professionali) sono altrettanti cause frequenti di aborto spontaneo.

Oltre alle cause bisogna tenere conto anche dei fattori di rischio. L’età materna gioca un ruolo importante essendo il rischio di aborto spontaneo del 12-15% tra le donne intorno ai 20 anni per poi salire al 25% circa nelle donne con più di 40 anni. Così come un aborto precedente aumenta al 25% le probabilità di avere un ulteriore aborto.

Dati e percentuali di rischio per settimana

Stando ai dati ISTAT relativi al 2021 il tasso di abortività spontanea totale (rispetto alle donne residenti di età tra i 15 e i 49 anni) è del 13,1%. Interessante è anche il rapporto standardizzato di dimissione per aborto spontaneo rispetto ai nati vivi da donne residenti sempre nello stesso range di età; qui si arriva a poco più del 9%. Rimanendo in materia di dati, è utile anche confrontare i dati per territorio, in quanto si registrano importanti differenze. Nel nostro Paese si registrano questi dati:

  • Nord-Ovest – 8.7%;
  • Nord-Est – 8.3%;
  • Centro – 9%;
  • Sud – 10.3%;
  • Isole – 11.1%.

Il Cleveland Clinic indica come il rischio di aborto spontaneo diminuisce con il progredire della gravidanza. Per questo maggiore è il numero delle settimane di gestazione minore è il rischio di aborto spontaneo. Il primo trimestre, infatti, è quello più critico in tal senso, tanto che nel secondo trimestre il rischio è compreso tra l’1% e il 5%. Le prime settimane sono le più delicate perché sono quelle nelle quali avviene la formazione dell’embrione, il suo impianto e le primissime fasi del suo sviluppo.

Come capire se si è verificato? I sintomi

Un elemento estremamente delicato è quello legato ai sintomi. È possibile riconoscere un aborto spontaneo? In alcuni casi sì, ma anche in questo caso dipende dall’epoca gestazionale. Nelle prima settimane di gravidanza, infatti, potrebbe non percepirsi nulla o addirittura confondere l’aborto con le perdite normali delle mestruazioni. L’aborto potrebbe addirittura non essere rilevato se non per un precoce test di gravidanza positivo.

Non è raro infatti parlare di aborto senza sintomi. Per l’aborto spontaneo si possono verificare due cause. O l’embrione non ha, per motivi genetici, le capacità di svilupparsi e “semplicemente” smette di farlo rimanendo nell’utero anche per diversi giorni e settimane o, altrimenti, che vi siano problemi legati all’utero che per l’embrione risulta essere inospitale a tal punto da essere rigettato. Solo in questi casi si hanno dei sintomi veri e propri.

Generalmente i sintomi tipici sono quelli del dolore pelvico crampiforme, il sanguinamento vaginale e l’espulsione di materiale. Anche la diminuzione dei tipici sintomi della gravidanza può essere un segnale di un aborto spontaneo.

Cosa fare in caso di aborto spontaneo

La gestione di un aborto spontaneo dipende dalla tipologia (inevitabile o incompleto e completo).

Nell’aborto inevitabile e incompleto è fondamentale procedere con una valutazione medica atta a verificare il contenuto dell’utero e procedere con l’eventuale svuotamento, tramite curettage, per la rimozione dei prodotti del concepimento.

Dopo un aborto completo, in assenza di altri segni, lo svuotamento uterino non viene eseguito. In base alle condizioni della donna si può valutare il ricorso agli antidolorifici e, nelle donne Rh-negative, si procede con la somministrazione delle immonuglobuline Rho(D).

In presenza di ricorrenti casi di aborti spontanei (poliabortività) è fondamentale un approfondimento diagnostico per comprendere le cause e valutare eventuali trattamenti adeguati. Le linee guida internazionali indicano di attendere almeno 6 mesi dopo un aborto prima di cercare una nuova gravidanza.

Dopo un aborto spontaneo: conseguenze fisiche

Cosa accade nel corpo della donna dopo un aborto spontaneo? Così come già detto per altri aspetti, è necessario fare riferimento all’epoca gestazionale. Un aborto precoce, che potrebbe non essere rilevato e non accompagnato da sintomi, può non causare conseguenze, tanto che il successivo tentativo di ricerca di una gravidanza potrebbe andare tranquillamente a buon fine.

Un aborto spontaneo più avanzato può invece richiedere del tempo perché il corpo della donna recuperi dai cambiamenti iniziati e poi improvvisamente interrotti. Discorso diverso, invece, negli aborti incompleti, nei quali la permanenza del prodotto del concepimento all’interno dell’utero potrebbe causare febbre, dolore e anche infezioni.

Le conseguenze psicologiche e come affrontarle

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Fonte: iStock

Parallelamente alle conseguenze fisiche bisogna considerare quelle psicologiche. L’interruzione non volontaria di una gravidanza, specialmente se cercata, inevitabilmente genera conseguenze che possono rivelarsi anche gravi e persistenti. Dopo un aborto spontaneo si può andare incontro a un’alterazione del ritmo sonno/veglia (con tutte le conseguenze sulla qualità della vita), aumento della pressione sanguigna, disfunzioni sessuali, irritabilità, crisi di pianto, sensi di colpa, sbalzi d’umore, apatia e anche depressione. Conseguenze psicologiche che hanno ricadute sulla dimensione fisica che, a sua volta, condiziona la dimensione psicologica generando un circolo vizioso estremamente pericoloso.

Un aspetto spesso poco considerato ma altrettanto importante su cui porre l’attenzione è quello legato al lutto negato. È quella condizione per cui si tace di fronte al lutto (e di fatto l’aborto contempla anche questa dimensione con la perdita di un figlio che si stava sviluppando) subito. L’elaborazione del lutto è un processo articolato e potenzialmente molto doloroso che porta all’accettazione dell’evento subito.

Il lutto negato, così come tutte le altre conseguenze psicologiche, interessano ovviamente la donna in prima persona in quanto coinvolta fisicamente, ma anche il partner che spesso sperimenta ancor di più un senso di impotenza e frustrazione. Non che l’aborto spontaneo sia colpa della donna, ma il partner assiste quasi come un mero spettatore e nelle prime settimane passa da due notizie così contrastanti (inizio e fine della gravidanza) che hanno un effetto esplosivo e potenzialmente deleterio.

Il consiglio, tanto per le donne quanto per gli uomini, è di affrontare il lutto evitando di fingere che non ci sia stato, che sia facilmente superabile con un po’ di pazienza o che basterà cercare una nuova gravidanza per dimenticare quanto accaduto. Questi eventi hanno ricadute profonde sulla psiche e la personalità di chi li subisce e meritano un trattamento adeguato.

Le emozioni negative non vanno represse o ignorate così come il dolore non va taciuto e si rivela fondamentale dare spazio anche e soprattutto alle tensioni negative permettendo davvero di ritrovare una serenità personale che tenga conto di quanto avvenuto. Il percorso individuale di ciascuno è inevitabile segnato anche da eventi luttuosi e negativi di cui l’aborto spontaneo è uno degli esempi possibili; andare oltre è possibile e doveroso e in alcuni casi, senza alcun tipo di vergogna, si rivela indispensabile il ricorso a un professionista.

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