Mangiare la placenta non fa male (ma non serve), dice uno studio

Oltre il 30% delle neomamme negli Stati Uniti conserva la propria placenta sotto forma di capsule: la loro assunzione non avrebbe effetti collaterali ma non porterebbe nemmeno benefici, secondo una ricerca dell'Università del Nevada.

Qualcuna prova disgusto solo all’idea, altre, invece non si scompongono affatto: circa il 30% delle neomamme negli Stati Uniti conserva la propria placenta – per lo più disidratata e sotto forma di capsule – per assumerla nei giorni e nelle settimane seguenti.

Superato il dibattito sull’eventuale pericolosità della pratica (diffusa tra gli animali e solo di recente anche tra gli esseri umani), ritenuta innocua dagli esperti, si è aperto quello sugli effettivi benefici che possono derivare dal consumo della placenta. E, un po’ a sorpresa, uno studio recentemente pubblicato su Birth issues in perinatal care smonta, di fatto, l’idea che la placenta possa avere particolari effetti benefici sulle neomamme.

Il fenomeno visto dai ricercatori

Lo studio ha preso in esame i dati relativi a 23.242 nascite per poter inquadrare il fenomeno, tracciando il numero di madri che mangiava la propria placenta, i motivi della scelta e gli effetti sulla salute della donna e del bambino nelle prime sei settimane di vita.

I risultati del team coordinato da Daniel Benyshek del Dipartimento di Antropologia dell’Università del Nevada hanno mostrato che oltre il 31% delle mamme decide di consumare la propria placenta dopo il parto. “Il consumo è più diffuso tra coloro che prima della gravidanza hanno sofferto di ansia e depressione“, spiega lo studio. La maggior parte delle madri (l’85.7%) hanno consumato la placenta disidratata in capsule. Si consuma in genere (ma più raramente) anche cruda, aggiungendola a frullati, centrifughe e piatti unici: qualche idea è elencata persino in un libro di ricette creato ad hoc.

Più della metà delle donne hanno detto di voler mangiare la loro placenta (il 60% circa) per prevenire la depressione post-partum. Tra gli “sponsor” del consumo di placenta c’è, ad esempio, Kim Kardashian.

Le testimonianze delle donne che l’hanno provata

Come riporta Roba da Donne traducendo un articolo pubblicato su Cosmopolitan, le donne che hanno deciso di “assaggiare” la loro placenta ne danno commenti diversi tra loro. Questa è la testimonianza di Lauren:

La mia ostetrica per 150 dollari ha portato via la placenta e l’ha conservata in un contenitore Rubbermaid nel frigorifero finché non è stata pronta per essere disidratata e incapsulata. Ho dovuto dire al mio bambino di smettere di aprire il contenitore, dato che non era cibo! Se non fosse stata sotto forma di capsule, non sono sicura che avrei potuto prenderla. Vedere qualcosa che sembrava così “alieno”, che era stato nel mio corpo, e che ora sembrava senza vita e leggermente insanguinato in un contenitore per cibo di tutti i giorni, dove metto tutto, dal cocomero al latte di mandorla, era abbastanza inquietante. Le capsule disidratate però sembravano come qualsiasi altra vitamina.

Anche per Kat l’impatto non è stato dei più naturali:

Ho cercato di non pensare troppo a cosa contenevano le pillole quando le ho prese. Ho visto le foto della mia placenta dopo il nostro ritorno a casa ed era molto più grande di quanto pensassi! Le pillole non sanno davvero di niente, ma certamente non ho mai assaggiato la placenta prima. Sicuramente non aveva il sapore del sangue, però.

Per la 32enne Jessica, infine, l’esperienza non è stata particolarmente piacevole:

Sono specializzata in nutrizione olistica ed ero molto incuriosita dall’idea dell’incapsulamento della placenta. Ho lavorato con una doula postpartum per incapsulare la mia placenta a casa un giorno dopo la nascita di mio figlio, e ho iniziato a prendere le capsule il giorno successivo. Ho notato che iniziavo a sentirmi davvero traballante, piagnucolosa e ansiosa, e la mia mente correva tutto il tempo. Immaginavo che dipendesse dai miei ormoni nel post-parto, ma ho iniziato a notare che, se saltavo un giorno di pillole, i miei sintomi di ansia cessavano. Continuavo a prendere le pillole, ma mi sono fermata un paio di settimane dopo, dopo aver fatto un po’ di ricerche per conto mio. Non sono riuscita a trovare studi scientifici che mostrassero alcun beneficio dal consumo di placenta umana e ho avuto difficoltà a trovare casi storici, casi di medicina tradizionale di altre culture o persino studi su animali. Sono sicura che il consumo di placenta colpisca ogni donna in modo diverso, tuttavia la maggior parte delle mie amiche che hanno provato l’incapsulamento hanno avuto esperienze negative come me.

Le conclusioni della ricerca

Per molte donne quella di mangiare la propria placenta è una pratica naturale che avvicina mamma e bambino, altre sono mosse dalla curiosità o dall’idea che l’assunzione di “compresse di placenta” possa dare reali benefici per la salute. Non esistono tuttavia prove scientifiche, sostengono i ricercatori, a sostegno dell’ipotesi che la placenta abbia effetti positivi concreti: nemmeno le tecniche usate per la sua preparazione (cuocerla, surgelarla o disidratarla) influenzerebbe l’insorgere di problemi dopo il parto, ad esempio.

Anche per questo motivo, conclude lo studio, “i centri di maternità dovrebbero discutere le diverse opzioni disponibili per prevenire e trattare la depressione post-partum”: in altre parole, secondo la ricerca, la placenta non fa male ma non ha nemmeno alcun effetto positivo sulla salute della mamma e del bambino. Se si sceglie poi di assumerla per prevenire la depressione è bene prestare attenzione all’insorgere degli eventuali sintomi della depressione post-partum e parlare con un medico delle proprie preoccupazioni.

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