Il parto attivo pone al centro della situazione la futura mamma. Sarà lei a coordinare le operazioni con i suoi movimenti naturali, con le sue intenzioni, senza alcun vincolo e nessuna costrizione o suggerimenti indesiderati.

In assoluta spontaneità sceglierà la migliore posizione, seguirà il corso degli eventi, istante dopo istante, fino al momento della nascita del suo bambino. Tutto sarà definito dalla naturalezza di uno degli eventi più normali al mondo: dare alla luce un figlio.

Cos’è e come funziona il parto naturale attivo? Cosa bisogna sapere? C’è un manuale da studiare per assumere le giuste posizioni e prepararsi con i dovuti esercizi? Ecco la nostra guida sull’active birth.

Parto attivo: cos’è?

Il parto attivo non è un metodo nuovo. È semplicemente un modo per descrivere come le donne di tutto il mondo si sono sempre comportate durante il travaglio e la nascita nel corso della storia.

Quelle che avete appena letto sono le parole di Janet Balaskas, fondatrice del movimento Active Birth nato nel 1982.

Attraverso le sue dichiarazioni è ancor più facile comprendere cos’è il parto attivo. Nient’altro che partorire naturalmente senza che alla futura madre siano imposte posizioni, soluzioni, metodi per respirare e tanti altri suggerimenti, che il più delle volte arrivano come comandamenti da seguire alla lettera.

La gestante decide anche come gestire il suo dolore e, paradossalmente, riesce ad avvertirne meno perché concentrata unicamente sul suo obiettivo: partorire.

Preparazione al parto attivo

In questi anni la Balaskas ha cercato in tutti i modi di diffondere questo nuovo, o per meglio dire ritrovato, concetto. Attraverso i suoi discorsi e i libri sul parto attivo, veri e propri manuali per chi vuole affrontare il termine della propria gravidanza in questo modo, ha agito su tre fronti.

Le idee da lei portate avanti sono: incoraggiare le madri a usare istintive posizioni di parto erette, stimolare le risposte ormonali naturali durante il travaglio e autorizzare le donne a fare le proprie scelte sulla nascita.

Dunque, la prima preparazione che la futura mamma deve affrontare è totalmente mentale. Deve comprendere che lei e solo lei conosce il suo corpo e ne sa leggere i segnali. In questo modo potrà assecondarlo ma soprattutto potrà assecondare il proprio bambino, per aiutarlo a incanalarsi e a venire al mondo.

Altro aspetto non meno importante è quello di abbandonarsi al dolore. Lasciandosi andare, faciliterà il compito al neonato. Al contrario, mantenendo un costante stato di tensione, il piccolo potrebbe soffrirne e, a sua volta, provare dolore. Quindi il parto attivo svolge anche una funzione protettiva per il nuovo arrivato in famiglia.

L’altra preparazione è di natura fisica. Ci sono veri e propri esercizi per fare pratica e per essere pronte nelle ultime fasi. Innanzitutto rilassarsi, quindi praticare yoga in gravidanza è decisamente consigliato, perché aiuterà a focalizzarsi sull’obiettivo finale. Stretching e allungamenti di gambe e braccia sono sempre utilissime per sentirsi più sciolte. Bisogna, in ogni caso, rafforzare il pavimento pelvico.

Posizioni per il parto attivo

Non esistono posizioni migliori di altre, perché nel parto attivo è la donna ad assecondarsi. Tuttavia, Janet Balaskas fa notare che molte partorienti sono portate a mettersi in piedi, stare in posizione eretta e da qui muoversi per portare a termine la propria missione.

Oltre alla verticale, la gestante può optare anche per altre posizioni: seduta, accovacciata, a carponi o sdraiata a letto. È importante ricordare che non c’è una sola posizione: la donna può cambiare più e più volte, in tutta autonomia ma sempre sotto la supervisione del personale ostetrico, fino a trovare quella giusta.

A tal proposito, esistono diversi corsi, come quello di Mipa, che si possono seguire per sostenere le donne, che desiderano il parto attivo.

Parto attivo: benefici e controindicazioni

Se una persona ha la facoltà di decidere sempre come agire in base agli stimoli del proprio corpo, riuscirà più facilmente a gestire ogni aspetto. Questo principio vale per tutto, incluse le donne che affrontano, anche per la prima volta, l’esperienza del parto naturale. Avere l’autocontrollo significa capire cosa sta succedendo e comportarsi di conseguenza.

Soprattutto nelle prime fasi del travaglio, come osservato da uno studio, le donne preferiscono stare in piedi, perché sembra che in questo modo provino meno dolore. E ciò è stato confermato da un altro dato interessante: la minore richiesta di analgesia.

Stare in piedi, inoltre, sembra riduca il tempo di lavoro, quindi il dolore. Si riduce anche il rischio di dover praticare l’episiotomia, sempre grazie all’assunzione della posizione eretta, che permetterebbe al bambino “in discesa” di agire sui muscoli uterini.

In sostanza il parto attivo dà maggiori soddisfazioni alla donna, migliora l’ossigenazione del bambino, che difficilmente riporterà traumi da sforzo, il grosso del lavoro lo fa la gravità e il futuro papà si sente coinvolto.

Non esistono particolari controindicazioni al parto attivo, ma possono esserci dei casi in cui non è possibile praticarlo. Ad esempio, quando la donna deve stare a letto, per poter permettere il monitoraggio fetale o per altri accertamenti, che non consentono di cambiare posizione a piacimento.

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