Il grave incidente avvenuto al Centro di Procreazione medicalmente assistita dell’ospedale San Filippo Neri di Roma, che ha portato alla distruzione di 94 embrioni, 130 ovociti e 5 campioni di liquido seminale, ha riacceso il dibattito sulla sicurezza di una pratica delicata su cui si convogliano le ansie e i desideri delle tante coppie che si affidano alla medicina per poter avere un figlio.

A rasserenare l’opinione pubblica e i tanti che per necessità sono costretti a rivolgersi alla PMA, intervengono i medici dell’Aogoi (Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri italiani) e della Sios (Società italiana ospedaliera sterilità). “Il recente gravissimo e drammatico incidente verificatosi nell’Ospedale San Filippo Neri di Roma ha posto in luce la necessità dell’adozione di norme di sicurezza che garantiscano gli utenti, gli operatori e le strutture sanitarie nelle pratiche di procreazione assistita e conservazione di cellule e tessuti umani – si legge in una nota congiunta delle due società – Allo stato attuale la normativa in materia offre, in accordo con le disposizioni vigenti nella Comunità Europea, un riferimento certo”.

Le due società ricordano di essersi “impegnate costantemente nella collaborazione con gli organismi di controllo (Regioni e Cnt) nel promuovere la formazione del personale dei centri di PMA a livello di tutto il territorio nazionale, collaborando anche a progetti internazionali sulla prevenzione e controllo degli eventi avversi nel campo della fecondazione assistita e sollecitando anche il governo con una istanza specifica affinché i centri di Pma fossero ad esclusivo coordinamento dei ginecologi”.

Il recente recepimento da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri del documento approvato dalla Conferenza Stato-Regioni (15 Marzo 2012) definisce un’uniformità di requisiti minimi organizzativi, strutturali e tecnologici delle strutture autorizzate per le procedure di PMA (L. 40/2004) ai quali ogni struttura operante in Italia deve adeguarsi, quali la direzione dei centri, la tipologia delle strutture e le procedure di sicurezza. Le strutture del Servizio sanitario nazionale che svolgono pratiche di PMA operano sotto un costante controllo e attraverso sistemi di reclutamento e valutazione delle risorse umane, tecnologiche ed organizzative che offrono ampie garanzie all’utenza e ad esse le coppie possono rivolgersi con fiducia e sentirsi serene per la qualità e la sicurezza delle prestazioni erogate”. La Sios ribadisce la piena fiducia nell’operato di chi svolge attività di indagine sul caso di Roma, respingendo ogni tentativo denigratorio della qualità delle prestazioni erogate dalle strutture ospedaliere pubbliche e private. Infine, la richiesta al ministero della Salute e alle Regioni che in materia sono competenti, di “mettere in atto ogni iniziativa che consenta, alle strutture del Sistema sanitario regionale di adeguarsi, ove necessario, a quelle che sono le giuste prescrizioni stabilite dalle norme vigenti”.

Ma quei bambini possibili e mai nati, ora vengono “rivendicati” dagli aspiranti genitori. Oltre a dispiacere, sofferenza e lacrime, il sentimento più diffuso tra le 34 coppie a cui è stato strappato il sogno più grande di avere un figlio, è quello di chiedere giustizia, “di far pagare chi ha sbagliato e chi non ha controllato abbastanza”.

In realtà le coppie non sono 34, ma 40. In 34 infatti hanno congelato embrioni, 20 hanno congelato 130 ovociti: alcune coppie però hanno fatto entrambe le cose, per cui si arriva a un totale di 40 coppie.

Insomma la promessa di trascinare tutti in tribunale è realistica. Anche per molte donne interessate l’età è al limite per quanto riguarda le possibilità di concepire un bambino. Ma ci sono anche tante coppie che mostrano comunque il desiderio di riprovarci. Un augurio sincero a tutte loro…

Seguici anche su Google News!
Ti è stato utile?
Non ci sono ancora voti.
Attendere prego...

Categorie