Uno studio condotto su circa 1500 donne, in 10 Paesi, tra cui l’Italia, ha dimostrato che il dolore pelvico comporta una perdita di produttività lavorativa di circa 10 ore nella settimana delle mestruazioni, soprattutto nelle donne con una diagnosi di endometriosi, una patologia capace di interferire profondamente non soltanto con la fertilità futura della donna, ma soprattutto con la sua qualità di vita.

Il dolore mestruale, presente in circa la metà delle donne in età fertile, soprattutto in giovane età e in presenza di flussi mestruali abbondanti, comporta una riduzione delle performance scolastiche e lavorative per 3 donne su 10.

Anche la sindrome premestruale, caratterizzata da un insieme di sintomi che si ripresentano periodicamente ogni mese prima delle mestruazioni, può associarsi al dolore mestruale e compromettere in circa il 35% dei casi le attività lavorative, sociali e di relazione, secondo uno studio condotto su più di 4.000 donne in otto paesi del mondo tra cui l’Italia.

A causa della ciclicità mestruale dolorosa le donne perdono circa un giorno al mese di lavoro, con conseguenti costi sociali e personali. Oppure, equilibriste tra casa e lavoro, continuano a svolgere molte delle loro attività anche quando non stanno molto bene per via del dolore: ciò si traduce in una perdita di efficienza e di lucidità ed un aumento dei livelli di stress psico-fisico.

Le condizioni di dolore cronico sono da 2 a 6 volte più presenti nelle donne rispetto agli uomini, soffrendo per esempio di fibromialgia, cefalea, disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare e della sindrome del colon irritabile, oltre che di dolore pelvico.

È quanto è emerso dalla tavola rotonda “Donne che soffrono troppo: la gestione del dolore nella vita femminile” organizzato a Milano dalla Sipgo, Società Italiana per la Psicosomatica in Ginecologia e Ostetricia, in collaborazione con Effik, la casa farmaceutica che ha come mission la salute della donna.

Durante il workshop si è affrontato il poliedrico tema del dolore al femminile. La donna, dall’adolescenza in poi, si confronta con il dolore pelvico: fin dalla prima mestruazione per arrivare all’esperienza chiave del parto. Il dolore mestruale, e in generale il dolore pelvico, connota in negativo la vita della donna, interferendo con le attività quotidiane, le performances scolastiche e sportive, l’efficienza lavorativa e la vita di relazione.

La relazione tra donna e dolore è nota da più di 80 anni e si associa in senso generale con il fatto che rispetto all’uomo la donna presenta una maggior sensibilità al dolore, una ridotta tolleranza allo stesso e una forte tendenza alla somatizzazione a livello psicologico del dolore fisico.

Afferma Rossella Nappi, Professore Associato della Sezione di Clinica Ostetrica & Ginecologica dell’Università di Pavia IRSS Policlinico S. Matteo e Presidente Sipgo: “La contraccezione ormonale estro-progestinica in generale, ed in particolare quando si usano progestinici a forte azione antiproliferativa sull’utero, rappresenta uno strumento importante di controllo del dolore, aiutando la donna a gestire la propria vita, ad esempio permettendole di raggiungere importanti obiettivi di carriera e di bilanciare al meglio l’età del matrimonio e il progetto di maternità. L’uso della contraccezione ormonale riduce di circa la metà il dolore mestruale con un significativo miglioramento delle performance lavorative e del senso di benessere delle donne. Gli anticoncezionali sono particolarmente efficaci per il controllo del ciclo ed è spesso risolutivo per le donne che hanno problematiche come il ciclo doloroso e/o abbondante.”

La maggior parte degli studi dimostra che le oscillazioni della soglia di dolore sono legate alle fluttuazioni degli estrogeni, importanti modulatori del sistema oppioide, che mediano la percezione del dolore. Ciò spiega perché nei giorni che precedono la mestruazione e nel corso della mestruazione stessa il dolore, sia pelvico che cefalico, sia più percepito dalla donna, a causa della caduta ciclica dei livelli di estrogeni nel sangue, come si verifica anche in modo permanente nella menopausa, una stagione della vita caratterizzata da un aumento del dolore diffuso a vari distretti (cefalico, osteoarticolare, ecc.).

Tale relazione assume un’importanza fondamentale in gravidanza, periodo in cui le concentrazioni di estrogeni aumentano vertiginosamente per potenziare la donna sul versante analgesico nel corso della gestazione e in preparazione al dolore del parto. A seconda dunque dei livelli plasmatici, gli estrogeni possono avere un ruolo antidolorifico o pro dolorifico, rendendo la salute della donna più vulnerabile in talune situazioni.

La contraccezione ormonale può essere una valida soluzione in caso di patologie femminili come la policistosi ovarica e l’endometriosi. Chi soffre di endometriosi, a seguito dei dolori pelvici che ne derivano, è spesso costretta a rinunciare ai propri impegni quotidiani, perdendo in media 5 giorni lavorativi al mese (Studio europeo Endometriosis all party parlamentary group – Eappg, ndr).
L’endometriosi è una patologia di sempre più frequente riscontro, ha infatti una prevalenza nelle donne in età fertile del 3-15%, ma raggiunge picchi fino al 30-40% nelle pazienti che lamentano dolore pelvico cronico o problemi di infertilità. Si tratta di una malattia cronica particolarmente debilitante, caratterizzata dall’impianto in sede anomala (ovaio, tuba, peritoneo, vagina, intestino) di tessuto endometriale, quello che, regolarmente collocato all’interno del corpo uterino, sfaldando ogni mese genera il ciclo mestruale.
Anche gli impianti anomali purtroppo “mestruano” regolarmente e questi ripetuti sanguinamenti endo-addominali sono causa di infiammazioni croniche, aderenze ed esiti cicatriziali che spesso compromettono seriamente anche la capacità riproduttiva. Per le severe complicanze di vita che ne conseguono, l’endometriosi richiede una diagnosi tempestiva ed un accurato approccio terapeutico.

Afferma Annamaria Mattei, Medico Chirurgo, Specialista in Ostetricia e Ginecologia, Specialista in Endocrinologia Generale, Ricercatore Clinica Ostetrico-Ginecologica dell’ Università degli Studi di Milano e Direttore S.S. di Sterilità presso il Presidio Ospedaliero M. Melloni di Milano: “Molteplici evidenze ci fanno affermare che la contraccezione ormonale possa essere consigliabile nelle pazienti con endometriosi. Si realizza infatti una soppressione dell’ovulazione da cui deriva un minor rischio di formazione di endometriomi; inoltre l’assenza di ciclo mestruale, se la contraccezione ormonale viene assunta “in continuo”, inibisce anche il sanguinamento anomalo degli impianti endometriosici endoaddominali favorendo un miglioramento della condizione clinica delle pazienti ed una riduzione spesso significativa del dolore pelvico. Tali effetti, associati anche all’azione anti-infiammatoria ed antalgica promossa dalla pillola, contribuiscono efficacemente alla preservazione della fertilità in queste giovani donne”.

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