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Il primo segnale da Covid-19 nei bambini sotto l'anno di vita è nell'81,9% dei casi la febbre. Questo uno dei risultati dello studio condotto dalla Società Italiana di Pediatria che mostra la differenza tra i sintomi nei bambini e nei preadolescenti
Con il Covid-19 è reso noto dagli scienziati e pediatri come i bambini siano tra tutta la popolazione coloro i quali si ammalano di meno. Ciò che, invece, emerge ora è che gli stessi bimbi presentano sintomi diversi rispetto agli adolescenti e ai preadolescenti.
Uno studio recente svolto dalla Società Italiana Pediatria (Sip) e dalla Società Italiana di Infettivologia Pediatrica (Sitip) ha messo in risalto come i sintomi da Covid-19 nel primo anno di vita di un bambino siano differenti rispetto ai sintomi nei preadolescenti.
I risultati dello studio sono stati resi noti durante l’ultimo Congresso straordinario digitale della Sip e da cui emerge anche come gli adolescenti abbiano, invece, sintomi più simili a quelli degli adulti.
Dallo studio posto in esame si evidenzia come i sintomi maggiori presenti nei bambini affetti da infezione da Sars-Cov-2 siano ben diversi rispetto ai sintomi accusati negli adolescenti e preadolescenti.
I risultati dello studio multicentrico pediatrico chiariscono che i sintomi da Covid-19 presenti nei bambini nei primi 12 mesi di vita sono:
Lo studio, afferma Guido Castelli Gattinara – Presidente Sitip:
Può essere considerato, ad oggi, il più dettagliato studio europeo sui casi pediatrici di infezione da Covid-19
Effettuato su un campione di 759 pazienti, di cui il 20% sotto il primo anno di vita, lo studio è stato condotto in oltre 50 dei principali Centri Clinici infettivologici italiani.
L’indagine ha messo in evidenza che esiste un pattern tipico di presentazione con l’età. Silvia Garazzino – vicepresidente Sitip e Luca Pierantoni, – Consigliere Sitip, hanno spiegato:
Mentre i bambini sotto l’anno presentano più frequentemente tosse e rinite, i ragazzi più grandi, in età adolescenziale e preadolescenziale, hanno sintomi più tipici a quelli dell’adulto: alterazioni del gusto e dell’olfatto, vomito, mal di testa e dolore toracico.
Si è evidenziato, durante il Congresso, come solo l’8% dei bambini piccoli sono vettori del virus, cioè possono contagiare altre persone. Questo perché i bambini si ammalano di meno rispetto agli adulti e, spesso, quando accade, gli stessi sono asintomatici, dunque non presentano sintomi rilevanti.
Si è sentito parlare – e ad oggi ancora se ne parla – di come il ritorno a scuola è spesso associato al ruolo dei bambini nella diffusione del coronavirus di questo autunno.
In verità, come sottolineano Castelli Gattinara e Nicolini:
Tutte le indagini effettuate in vari Paesi del mondo dimostrano che la trasmissione avviene quasi sempre altrove e all’interno delle famiglie e gli studi in ambito scolastico mostrano una bassa trasmissibilità nelle scuola.
Ecco perché gli asili e le scuole primarie possono rimanere aperte, con le opportune precauzioni e raccomandazioni di legge.
A darne ulteriormente conferma, i molti casi di studio effettuati e pubblicati sulle riviste scientifiche più prestigiose. Basti pensare alla metanalisi pubblicata a fine settembre sulla rivista JAMA Pediatrics’ su un campione di 41.600 bambini e adolescenti, più 269.000 adulti.
Lo studio ha mostrato come la condizione di ‘contatto infetto’ è circa la metà nei bambini rispetto agli adulti e anziani. Quanto alla ragione per cui i bambini si ammalano di meno, le ipotesi al vaglio sono una migliore risposta immunitaria e la minore espressione di recettori ACE-2.
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