In che modo si può accedere all'Ivg? Entro quante settimane? Quanti medici sono obiettori? Ecco la guida su come abortire in Italia.
Via libera alla pillola abortiva anche nel nostro paese. Il cda dell’Aifa (Agenzia italiana farmaco) riunito da questa mattina, ha infatti approvato la delibera per l’utilizzo della Ru486 negli ospedali italiani. Entro un mese il documento verrà pubblicato in Gazzetta Ufficiale e diventerà così esecutivo.
L’Aifa, dunque, ha approvato la delibera già presentata il 30 luglio scorso, che prevedeva il “rigoroso rispetto” della legge 194, l’obbligo di assumere il farmaco nelle strutture sanitarie individuate dalla legge entro la settima settimana di amenorrea, col vincolo del ricovero fino all’espulsione del feto, e l’attento monitoraggio di tutto l’iter abortivo.
Il viceministro alla Salute, Ferruccio Fazio, definisce “un atto dovuto” il via libera alla vendita della pillola abortiva RU486. In ogni caso, a suo parere, eventuali approfondimenti sulla compatibilità con la legge 194 sull’interruzione di gravidanza spettano al parlamento. “La vedo come un atto dovuto – ha detto il viceministro riferendosi alla pubblicazione prevista comunque non prima del 19 novembre – visto anche che la pausa di riflessione, auspicata alla luce dell’indagine conoscitiva aperta dalla commissione Sanità del Senato, mi sembra che sia stata presa. Poi l’ultima parola verrà data dal parlamento” per le modalità di impiego in armonia con la legge 194. “Il parere dell’Aifa – ha continuato – attiene alla sicurezza e alle modalità tecniche d’impiego. A seguito di richieste del parlamento queste modalità possono essere integrate“.
In particolare per l’assunzione della pillola deve essere garantito il ricovero in una struttura sanitaria, così come previsto dall’art. 8 della Legge n.194, dal momento dell’assunzione del farmaco sino alla certezza dell’avvenuta interruzione della gravidanza escludendo la possibilità che si verifichino successivi effetti teratogeni.
La stessa legge n.194 prevede inoltre una stretta sorveglianza da parte del personale sanitario cui è demandata la corretta informazione sul trattamento, sui farmaci da associare, sulle metodiche alternative disponibili e sui possibili rischi, nonché l’attento monitoraggio del percorso abortivo, onde ridurre al minimo le reazioni avverse (emorragie, infezioni ed eventi fatali).
Quindi in una nota dell’Aifa è detto che “ulteriori valutazioni sulla sicurezza del farmaco hanno indotto il CdA a limitare l’utilizzo del farmaco entro la settima settimana di gestazione anziché la nona come invece avviene in gran parte d’Europa. Tra la settima e la nona settimana, infatti, si registra il maggior numero di eventi avversi e il maggior ricorso all’integrazione con la metodica chirurgica“. Nella nota è inoltre rilevato che il Consiglio di Amministrazione “si è avvalso anche dei pareri forniti dal Consiglio Superiore di Sanità e ha raccomandato ai medici la scrupolosa osservanza della legge. La decisione assunta dal CdA rispecchia il compito di tutela della salute del cittadino che deve essere posto al di sopra e al di là delle convinzioni personali di ognuno pur essendo tutte meritevoli di rispetto“.
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