L'attrice, dal red carpet dei Golden Globe, ha voluto sottolineare come sia bello sapere di essere d’aiuto a tante donne che desiderano diventare...
Il primo figlio arriva a trent’anni, o anche oltre, quando le donne europee sono già affaccendate nella cura del secondo bebè. Questa, in media, l’età delle mamme italiane alle prese con il primo figlio. È quanto emerge dall’indagine conoscitiva Fenomeni di denatalità, gravidanza, parto e puerperio in Italia, realizzata dalla Commissione Igiene e Sanità del Senato e presentata nei giorni scorsi a Roma. L’Italia rappresenta dunque il fanalino di coda nella speciale classifica della Ue sull’età media del primo parto.
In Europa, infatti, il primo figlio nasce mediamente tra i 26 anni e mezzo e i 30 anni. Le più precoci sono le donne portoghesi ed austriache, madri a 26 anni e mezzo, seguono la Spagna e la Gran Bretagna, con una media di 29 anni.
Non solo. L’Italia è, da ormai quasi una generazione, la nazione con il più basso livello di prolificità per donne in età fertile, 1,26 bambini per mamma la media. In Francia, Paese con una popolazione simile a quella italiana, nel 2002 sono nati 767 mila bambini, contro i 539 mila dell’Italia, circa il 30% in meno.
Gli stessi dati traspaiono da un nostro sondaggio su Gravidanzaonline dove, su 4200 donne che hanno partecipato finora, si evince che molte di esse ha avuto il primo figlio tra i 26-30 anni (34,43%) e addirittura il 36,64% delle intervistate ha risposto tra i 31-36 anni. Le italiane, dunque, ritardano l’appuntamento con la prima gravidanza, “che non è più vissuta come un fatto naturale – sottolinea la senatrice Emanuela Baio Dossi – ma come una scelta consapevole su cui gravano una serie di fattori“, non ultimi la sicurezza economica (18% dei casi) e la precarietà del lavoro (17%).
“Per le lavoratrici atipiche e quelle autonome – spiega infatti la senatrice – la gravidanza viene vista, dal punto di vista professionale, come una mancanza. Ecco perché le donne decidono spesso di ritardare la nascita del primo figlio e di rinunciare, negli anni a venire, ad altri bebè“.
Per invertire questa tendenza, sarebbe necessario introdurre provvedimenti che agevolino il reingresso nel mondo del lavoro delle donne che hanno abbandonato il proprio posto dopo la nascita di un figlio, ben il 33%, secondo l’indagine. A ciò andrebbero aggiunti servizi per la prima e la seconda infanzia, e per la fascia adolescenziale, attivando politiche a favore della coppia che consentano di mettere al mondo figli nell’età più giusta e favorevole per la fertilità. Questi i primi passi che dovrebbero essere compiuti per favorire un aumento della natalità nel nostro Paese.
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