La pillola abortiva Ru486 si potrà sperimentare anche in Italia. Inizierà infatti all’Ospedale Sant’Anna di Torino su un campione di 400 donne la prima sperimentazione della “pillola abortiva”, da anni già in uso in molti Paesi dell’Unione Europea e negli Usa. La Ru486 permette di interrompere una gravidanza chimicamente, senza bisogno di alcun intervento chirurgico, ad un limite massimo di sette settimane dall’inizio della gestazione. L’utilizzazione del farmaco in Italia, suscita però polemiche nel mondo politico e religioso e suscita la riprovazione dei movimenti a sostegno dell’embrione inteso come forma di vita.

Il Comitato etico regionale del Piemonte ha dato il proprio sì alla sperimentazione ad un anno dalla preparazione di un protocollo da parte di alcuni medici e ricercatori del Sant’Anna. Il progetto prevede la somministrazione della Ru486 e, dopo due giorni, di un secondo farmaco di cui non è stata specificata la natura. Nel frattempo, almeno altri due ospedali italiani, il San Filippo Neri e il Policlinico Umberto I (entrambi di Roma), stanno valutando quale sia la procedura migliore per ottenere l’autorizzazione ad importare la Ru486.

L’iter, però, prevede ancora un altro passaggio, ovvero il transito della richiesta per la Commissione unica del farmaco; e solo dopo, alla fine, Mario Campogrande e Marco Massobrio, i direttori dei due dipartimenti di discipline ostetriche e ginecologiche dell’ospedale Sant’Anna di Torino, potranno cominciare a testare il farmaco sulle quattrocento donne che hanno deciso debbano rappresentare il primo campione.

Quand’anche la Cuf dovesse dire sì – è lo stesso ministro Sirchia ad avvertire che questo è l’epilogo più prevedibile, visto che altri Paesi europei già hanno sperimentato il principio attivo e l’hanno ammesso al commercio – la sperimentazione dovrebbe comunque attenersi ai “paletti” fissati dalla legge 194, sopravvissuta a due referendum abrogativi.

Una donna che voglia interrompere la gravidanza con il nuovo mezzo farmacologico dovrà seguire la stessa trafila a cui deve attenersi chi invece preferisce la strada dell’intervento chirurgico: il certificato medico, il colloquio durante il quale il medico è chiamato a vagliare la sanità delle ragioni della scelta, e anche la cosiddetta settimana di ripensamento, ovvero quei sette giorni e quelle sette notti che – da trascorrere nel diuturno riesame delle proprie motivazioni – il lungimirante legislatore ha voluto dare in dono alle donne per ripararle dalla loro stessa femminile irruenza.
La pillola, poi, non verrebbe consegnata nelle mani della donna, ma sarebbe somministrata all’ospedale Sant’Anna di Torino.

Italia, Portogallo e Irlanda del Nord sono gli unici tre Paesi UE a non aver finora dato il sì alla pillola abortiva, che fu adottata per la prima volta in Francia oltre un decennio fa, tra il 1988 e il 1989. Gli Stati Uniti ne hanno ammesso la commercializzazione solo nel settembre 2000.

La Ru486 induce un aborto chimico che il suo inventore, il francese Emile-Etienne Beaulieu, definisce con il termine “contragestione”. La pillola si basa su una sostanza chiamata mifepristone, che contrasta il progesterone, l’ormone della gravidanza, bloccandone i recettori chimici. Questo provoca la morte dell’ovulo fecondato, che viene espulso. Il farmaco si assume per via orale, agisce dopo che l’ovulo fecondato si è impiantato nell’utero della donna ed è efficace fino a 49 giorni dall’ultima mestruazione.

Seguici anche su Google News!
Ti è stato utile?
Non ci sono ancora voti.
Attendere prego...

Categorie

  • Contraccezione