L’endometriosi è una patologia che colpisce le donne in età fertile, e consiste nella crescita di tessuto endometriale in zone anomale, cioè al di fuori dell’utero. Tale anomalia si manifesta con infiammazione e con dolori anche molto forti prima e durante le mestruazioni.

Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dal 10 al 15% delle donne ne soffre, 150 milioni nel mondo e 3 milioni in Italia. Si tratta di una patologia che spesso, tuttavia, non viene riconosciuta e curata tempestivamente, ed è una delle principali cause di infertilità femminile.

Cos’è l’endometriosi?

L’endometrio è il tessuto che riveste la superficie interna dell’utero: durante il ciclo mestruale cresce e poi si sfalda, in prossimità dell’arrivo delle mestruazioni.

Spiega il ginecologo Sandro Zucca:

Quello dell’endometriosi è un tema una volta misconosciuto perché veniva considerato normale che la donna avesse dolori: dolori con le mestruazioni, con i dolori sessuali, dolori addominali in generale. Si è preso poi coscienza, ma non da tanto tempo, che questa malattia è molto diffusa. Ha addirittura avuto il suo riconoscimento come malattia sociale perché ha un impatto importante sulla vita non solo affettiva ma anche lavorativa della donna.

Nelle donne che soffrono di endometriosi le cellule dell’endometrio si trovano al di fuori dell’utero, che danno diverse complicazioni. Il tessuto endometriale “fuori sede” continua a modificarsi come quello che si trova all’interno dell’utero, e può dare origine a lesioni o noduli che provocano dolore e in alcuni casi possono essere causa di sterilità.

Generalmente il tessuto endometriale anomalo si trova nelle ovaie, all’interno delle tube di Falloppio, nel legamento dell’utero o nella zona tra la vagina e il retto, ma anche sulla superficie esterna dell’utero e nel tessuto della cavità peritoneale.

Come il rivestimento dell’utero, le lesioni endometriosiche sono sottoposte all’effetto degli ormoni del ciclo mestruale, e quindi ogni mese si sviluppano e poi si sfaldano provocando dolore e sanguinamento. La causa dell’endometriosi è ad oggi ancora sconosciuta.

Sintomi dell’endometriosi

Tra i sintomi più comuni dell’endometriosi si trovano un forte dolore durante le mestruazioni, che è più intenso rispetto al normale, dolore durante i rapporti sessuali, flusso mestruale irregolare e particolarmente abbondante (dismenorrea).

Altri sintomi che possono essere il segnale della presenza della patologia sono stanchezza, dolori durante l’ovulazione, dolore alla schiena, disturbi gastrointestinali. Raramente le donne con endometriosi non presentano alcun sintomo evidente.

Ma perché l’endometriosi provoca quel forte dolore? Continua Zucca: “L’endometriosi è la presenza di tessuto simile a quello presente all’interno dell’utero anche fuori dall’utero, come le tube, le ovaie, il peritoneo, cioè la memebrana che circonda organi nell’addome. Come l’endometrio sanguina periodicamente nell’utero così sanguina anche nelle altre aree, anche se sono ‘sbagliate’: all’inizio dà dolore, poi dà ancora più dolore e piano piano riduce la capacità dell’ovaio di funzionare, riducendo di conseguenza la fertilità.

Tra le conseguenze dell’endometriosi si trova anche un più alto rischio di sterilità: circa il 30% delle donne che ne sono affette ricevono una diagnosi di infertilità.

Diagnosi e cura dell’endometriosi

Nonostante i forti dolori che provoca e nonostante sia una condizione invalidante per chi ne soffre, la diagnosi di endometriosi è purtroppo ancora molto lenta:

In media – spiega il medico – c’è un ritardo di 7 anni dall’inizio di dolori alla formulazione della diagnosi. Nel frattempo il sangue rovina questi organi, riduce la funzionalità dell’ovaio e crea “appicicamenti” fra gli organi, riducendo la fertilità. Anche per questo è importante non perdere anni prima di consultare uno specialista: una diagnosi tempestiva è fondamentale per limitare i danni.

L’endometriosi viene diagnosticata durante visita ginecologica con ecografia transvaginale, e viene di solito confermata tramite una laparoscopia, un intervento chirurgico eseguito in anestesia generale: all’interno dell’addome viene inserito un laparoscopio (un piccolo tubo con fibre ottiche) che consente di osservare eventuali micro lesioni interne e quindi predisporre interventi e terapie. Spiega il dottor Sandro Zucca:

Da subito è utile ridurre momentaneamente la funzionalità ovarica, e la pillola è il metodo più semplice per farlo. Ci sono poi altre terapie disponibili finché non si cerca una gravidanza. Se invece con l’endometriosi si formano delle cisti è sempre opportuno rimuoverle.

Il dolore provocato dall’endometriosi viene curato solitamente con antidolorifici, mentre alla donna possono essere prescritte anche terapie ormonali (a base solitamente di progesterone) per bloccare l’ovulazione e consentire una remissione della malattia. Anche alcuni interventi in laparoscopia possono essere presi in considerazione per rimuovere il tessuto endometriale dalle sedi anomale.

Il Governo nel 2016 ha riconosciuto l’endometriosi nell’elenco delle patologie croniche e invalidanti, mentre nel 2017 sono entrati in vigore i nuovi Livelli essenziali di assistenza (noti come Lea) per gli stati clinici di endometriosi moderata e grave.

Endometriosi, concepimento e gravidanza

endometriosi e gravidanza

L’endometriosi, come anticipato, può portare a una diagnosi di sterilità in circa un caso su tre: avere una gravidanza non è impossibile anche se può rivelarsi più difficile del previsto, ma in alcuni casi le donne che sono affette da endometriosi riescono a concepire un figlio nei tempi considerati normali (cioè entro un anno).

Il tessuto endometriale fuori sede può essere un problema per l’instaurarsi di una gravidanza soprattutto se si trova all’interno delle tube di Falloppio, dove potrebbe impedire o rendere più difficile il concepimento: anche in questo caso una diagnosi è fondamentale per evidenziare il problema e, se possibile, risolverlo. Ricorda il dottor Zucca:

Di endometriosi non si guarisce: le terapie servono a ridurre il dolore, a preservare la fertilità ma non a ridurre la malattia che è considerata non per niente una malattia cronica.

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