Talvolta può essere necessario dover ricorrere a una risonanza magnetica in gravidanza, eventualità che spaventa molto le mamme e che genera non poche preoccupazioni. Innanzitutto è bene chiarire che la risonanza magnetica non utilizza radiazioni ionizzanti, come la TAC e le radiografie, bensì campi elettrici e magnetici.

Non esistono prove scientifiche di danni al feto, anche se in via generale sarebbe meglio evitare di sottoporsi all’esame nel primo trimestre, il periodo più delicato della gestazione. Entriamo nel dettaglio per comprendere meglio rischi e precauzioni da adottare.

Cos’è e come si effettua la risonanza magnetica

La risonanza magnetica (RM) è una tecnica diagnostica che fornisce immagini dettagliate del corpo umano utilizzando campi magnetici (misurati in Tesla), ma senza esposizione del paziente a radiazioni ionizzanti.

Viene utilizzata per diagnosticare moltissime condizioni patologiche (tumori compresi), perché permette di visualizzare soprattutto gli organi interni, insieme allo scheletro e alle articolazioni.

A seconda proprio dell’estensione della parte del corpo da esaminare la durata dell’esame è variabile e può arrivare anche fino a 45 minuti. Perché la risonanza riesca bene il paziente deve restare immobile per tutto il tempo di permanenza nell’apposita macchina, in cui viene fatto entrare disteso, su un lettino scorrevole.

Tutti possono sottoporsi a RM, a eccezione dei portatori di pacemaker cardiaco o di neurostimolatori, perché i campi magnetici prodotti dall’apparecchiatura potrebbero alterarne il funzionamento.

Le controindicazioni principali riguardano coloro che, in seguito a incidenti o interventi chirurgici, hanno nel corpo strutture metalliche di vario tipo: protesi, chiodi, viti ortopediche. I campi magnetici prodotti dalla macchina potrebbero provocarne infatti lo spostamento o il surriscaldamento.

Per il resto l’esame non comporta rischi né immediati né a lungo termine. L’unico potrebbe essere una reazione allergica alla sostanza usata come mezzo di contrasto (gadolinio).

Non è nemmeno un esame doloroso: gli unici fastidi potrebbero derivare dal forte rumore provocato dalla macchina, dal senso di claustrofobia che può emergere rimanendo chiusi nel cilindro, dalla sensazione di calore che si può avvertire in alcune parti del corpo (del tutto normale).

Non occorre alcun tipo di preparazione particolare all’esame. Meglio arrivare indossando indumenti privi di ganci, bottoni automatici, spille, chiusure lampo o altre parti metalliche, che altrimenti andranno tolti prima dell’esecuzione dell’indagine.

Per evitare questi inconvenienti, di norma si procede invitando il paziente a restare in biancheria intima e a indossare un apposito camice monouso fornito dal personale.

L’esame si esegue togliendo occhiali, gioielli, piercing, fermagli, cinture, orologi, lenti a contatto, apparecchi per l’udito, protesi dentarie mobili, busti e parrucche. Non è consentito portare con sé cellulari, carte di credito o altri tipi di tessere magnetiche.

Risonanza magnetica in gravidanza: fa male?

La RM in gravidanza può essere utile qualora un’ecografia avesse identificato una malformazione, la presenza di masse o cisti o una patologia del sistema nervoso centrale.

La capacità della risonanza magnetica di ottenere scansioni nelle tre dimensioni può meglio precisare la diagnosi. Per quanto riguarda i gemelli siamesi, la risonanza magnetica fornisce informazioni preziose sull’anatomia dei due piccoli, per eventualmente programmare la loro separazione chirurgica.

Nella maggior parte dei casi, comunque, l’ecografia eseguita da personale esperto e la risonanza magnetica danno risultati simili.

In gravidanza la risonanza magnetica non è controindicata, anche se andrebbe fatta solo se il medico lo ritiene necessario e comunque preferibilmente dopo le 12 settimane di gestazione, se non è indispensabile farla prima.

Risonanza magnetica in gravidanza: rischi e precauzioni

Durante la gravidanza, come anticipato, l’esame non è controindicato, anche se sarebbe meglio evitarlo nelle prime 12 settimane, se non assolutamente indispensabile e urgente. Le prime settimane di gestazione (fino alla fine del primo trimestre) sono infatti le più delicate: sono quelle in cui c’è l’impianto dell’embrione e la formazione degli organi. L’Ospedale Niguarda di Milano, ad esempio, ricorda:

La letteratura scientifica ci dice che non esistono prove di danni al feto. Tuttavia, anche se non vi sono evidenze scientifiche, in via cautelativa si sconsiglia la risonanza nel primo trimestre, perché i campi magnetici potrebbero riscaldare i tessuti e fare aumentare la temperatura del feto oltre la soglia di sicurezza. Si tratta, però, di una precauzione generale, ma nei casi specifici il radiologo valuterà la reale necessità.

Inoltre, i campi magnetici potrebbero riscaldare i tessuti e fare aumentare la temperatura del feto oltre la soglia di sicurezza. Il radiologo deve essere sempre informato dello stato di gravidanza della paziente, così da evitare i mezzi di contrasto, che potrebbero entrare nel circolo fetale.

Un team di ricercatori canadesi ha studiato di recente proprio gli eventuali danni al feto derivanti da RM. Dallo studio è emersa una relativa sicurezza per l’esposizione alla risonanza magnetica anche nel primo trimestre, che non è risultata associata a un aumento significativo del rischio di danni al feto.

Al contrario l’utilizzo di gadolinio, in qualsiasi momento della gravidanza, espone invece a un maggiore rischio di mortalità e di malattie del feto.

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