Anonimo

chiede:

Cari Dottori, Vi ringrazio anticipatamente per ciò che potrete dirmi in merito alla terribile esperienza che ho vissuto il 13 dicembre 2012, giorno in cui è morta la mia bimba, nata dopo un parto pretermine alla 23a settimana + 2 giorni. Mi erano iniziate le contrazioni la notte del 6 dicembre: io sono andata al pronto soccorso la mattina seguente, da cui successivamente sono stata trasferita presso il Policlinico, specializzato in casi come il mio. Dopo cinque giorni di ricovero, in cui mi sono stati fatti diversi esami (del sangue, delle urine, ecc…) tutti con esito negativo, purtroppo le contrazioni non si sono fermate ed ho partorito la mia bambina, nata viva il 12.12.2012 e deceduta alle ore 3.00 del 13.12.2012, causa emorragia cerebrale (pesava appena 450 grammi). Dall’esito dell’esame istologico della placenta, la diagnosi è stata la seguente: “Placenta del 2° trimestre di gravidanza con spiccata flogosi acuta a carattere necrotizzante coinvolgente la decidua del piatto placentare con iniziali segni di intervillite”. Alla mia educata richiesta di spiegazioni, i medici si sono limitati a dirmi che “era un’infezione” e che “sono cose che possono accadere”. Io vi chiedo se almeno voi, per favore, sapete dirmi come mai quell’infezione non è stata diagnosticata in tempo… Com’è stato possibile che dopo tutti gi esami fatti non sia stata visibile? Mi è stato detto che forse è stato l’antibiotico a sfalsare il risultato delle analisi: se ciò fosse accaduto, sarebbe gravissimo, perché credo, forse sbagliando, che prima di darmi l’antibiotico avrebbero dovuto farmi le analisi, e non il contrario… o sbaglio? Mi dicevano che se veramente era in corso un’infezione, con l’antibiotico l’avrebbero bloccata. Perché ciò non è accaduto? Scusatemi, sono alla disperata ricerca di spiegazioni, perché nessuno mi parla, nessuno mi dice nulla e tutto questo muro di silenzio mi sta uccidendo. So che mia figlia non me la ridarà più nessuno, ma credo di avere almeno il diritto di ricevere delle spiegazioni su quanto è accaduto. Non voglio incolpare nessuno, solo avere chiarezza, anche per preservarmi in un’eventuale futura gravidanza. Nuovamente grazie, anche solo per aver letto questa mail. Vi prego, abbiate la pietà di rispondermi… Non mi arrendo, continuerò ad informarmi ed a bussare a tutte le porte possibili… perché non è semplice accettare di perdere un figlio così. Cordialmente,

Gentile Francesca,
come sempre vi invitiamo a non utilizzare questo servizio per chiederci pareri sull’operato di colleghi. Non è questa la sede adatta e oltretutto non disponiamo di dati sufficienti per risposte attendibili, che sarebbero quindi quasi sicuramente fuorvianti, errate e scorrette. Nel suo caso, a 23 settimane non si può propriamente parlare di parto, ma per definizione si tratta comunque di un aborto e bisogna comprendere che un aborto può sempre verificarsi, anche per il semplice caso. Quindi avere chiarezza sull’accaduto è realmente difficile se non impossibile. È vero che ci sono casi di sopravvivenza di fetolini anche così piccoli, ma molto spesso con gravi esiti menomanti. Se la causa dell’aborto è realmente un’infezione posso dirle che anche fiumi di antibiotico difficilmente riescono ad evitare un esito infausto della gravidanza. E non ci sono analisi che possano evitarlo, ma solo la prevenzione, che comunque non dà mai garanzia che l’aborto non avvenga. Cause di infezioni amniocoriali possono essere infezioni urinarie, vulvovaginiti, procedure invasive ecc. Io più che cercare possibili cause e responsabilità, cercherei di superare la brutta esperienza, anche con un eventuale aiuto di tipo psicologico, in modo da guardare con ottimismo alla prossima gravidanza. Cordiali saluti.

* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento

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Specializzazione

  • Ginecologo