Anonimo

chiede:

Gentile dottoressa, mi chiamo Eleonora e sono mamma di Andrea da 1mese e mezzo. Le scrivo perché sto passando un momento molto difficile durante il quale
non mi sento capita e non riesco a trovare conforto e comprensione dalle
persone che mi stanno vicine. Ho scoperto di essere incinta a 25 anni, e la maternità rientrava a
malapena nei miei progetti per il futuro. Improvvisamente sono stata catapultata in una realtà totalmente nuova, ho dovuto fare i conti con una situazione che mi ha obbligato ad abbandonare la palestra, la discoteca, le uscite fino a tardi con gli amici (ero sempre stanca), e pure (anche se qui è stato un bene) le sigarette. Tutto mi è stato imposto, non ho potuto scegliere e questo mi ha dato l’impressione di aver perso il controllo sulla mia vita, come se qualcuno stesse scegliendo al posto mio e non era giusto! Ora che il bambino è nato, le cose non sono migliorate, anzi: dopo aver affrontato i postumi di un cesareo, mi sono trovata a risolvere i
problemi di un allattamento difficile, con un bimbo che non si attaccava, dolori e ragadi al seno. Il mio compagno era via tutto il giorno e mia madre era
con me solo qualche volta in quanto abitiamo in paesi diversi. Spesso mi
trovavo sola a piangere disperatamente senza poter chiamare nessuno. Avviato l’allattamento, credevo che gli scogli maggiori fossero superati, ma non è stato così: mi ritrovo sempre fra 4 mura non potendo scegliere nemmeno quando andare a farmi un giro, se non compatibilmente con qualcuno che
possa accudire il bambino. Non ne posso più di stare in casa tutto il giorno,
non potendo fare nulla, stanca sempre perché non dormo. Potrei dormire quando anche il bambino dorme, ma che vita è questa? Latte-pannolini-letto-latte-pannolini-letto, senza varianti… la sera
quando torna il mio compagno, sono talmente stanca che non ho più voglia di
niente, nemmeno di parlare. Alle 10 sono a letto, pronta per essere svegliata
dopo 3 ore xchè il bambino ha fame… Non ho mai goduto delle famose gioie dell’allattamento di cui tante parlano, anzi, non vedo l’ora di portare a termine questi 3 mesi, xchè non ne posso più. Come se non bastasse (non era finita qui!) ho proprio saputo la scorsa settimana che in ufficio hanno confermato a tempo indeterminato la mia sostituta e che al ritorno avrò mansioni differenti da quelle che ho lasciato. Se penso che sono andata a lavorare fino a 2 settimane dal parto, all’affetto che (stupidamente) sentivo ci fosse nei miei confronti nell’ambiente di lavoro, alla stima che dimostravano per me… mi sento profondamente tradita e mortificata. Amavo tantissimo il mio lavoro,
tuttora mi manca. Ora non so cosa fare, non vedo prospettive positive, mi sento
persa e triste. Qualche volta mi trovo a pentirmi di aver portato avanti questa
gravidanza: l’ho scelto supportata enormemente dal mio compagno che desiderava questo figlio ma ora…… mi rendo conto che non è stata la sua vita ad essere stravolta, ma la mia! La prego dottoressa di rispondermi, spero possa darmi un consiglio su come affrontare questa situazione perché mi sento profondamente depressa ed ho paura. Grazie infinite e cordiali saluti

Cara Eleonora,
forse lei non era ancora pronta per diventare mamma ed ora sente sulle sue
spalle una responsabilità che finora nella sua vita non ha avuto eguali;
come lei dice, fondamentalmente questa esperienza le fa paura: paura di
perdere il lavoro, l’indipendenza, la giovinezza e la spensieratezza.
Bè, tutto questo è vero, perché sicuramente allevare un figlio è una grossa
responsabilità e comporta enormi sacrifici. C’è da dire però che se lei non
avesse voluto assolutamente questo figlio avrebbe preso la pillola, avrebbe
messo la spirale, avrebbe usato il preservativo… Se tutto questo non è
avvenuto, possiamo dire che la sua è stata, a suo modo, una scelta. È come
puntare alla roulette: forse non si pensa di perdere, ma se si sceglie di
partecipare al gioco, non è escluso che si perda… La metafora tuttavia non
mi sembra del tutto esatta, perché sebbene lei si sia comportata con la vita
come se fosse una roulette, a questo gioco lei non ha perso: ha vinto!
Diventare madre infatti è un’esperienza unica e sta a lei, solo a lei,
renderla un’esperienza meravigliosa o terribile. Tutto dipende
dall’atteggiamento che lei avrà verso questo bambino, che peraltro non le ha
certo chiesto di nascere. Se lei riuscirà a dedicargli due o tre anni del
suo tempo (ha solo venticinque anni ed una lunga vita da vivere ancora)
mantenendolo al centro delle sue attenzioni, questo bambino crescerà sano,
equilibrato ed indipendente, per cui in futuro lei potrà permettersi di
riprendersi gradualmente i suoi spazi e vedrà che tanto potrà ancora
divertirsi, con lui e senza di lui. Diversamente, lei potrà forse qualche
volta uscire la sera, andare a ballare, divertirsi un po’ di più, ma poi
avere, per tutta la vita, un figlio portatore di problemi, sempre più grandi
con il crescere dell’età. Ne vale la pena?
Quanto al lavoro… Farei questa considerazione: nel mondo i lavori da fare
sono tantissimi, mentre su questa terra c’è un unica persona che porta i
suoi geni e che esiste perché lei lo ha, non dico voluto, ma almeno
immaginato.
Non rinnegare le proprie scelte, essere coerenti ed accettare le
responsabilità conseguenti è un modo per accrescere la stima di sé.
Tanti cari saluti e auguri.

* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento

Fai la tua domanda Tutte le domande
Ti è stato utile?
Non ci sono ancora voti.
Attendere prego...

Specializzazione

  • Psicologo