Anonimo

chiede:

Ciao, ho 36 anni e un bimbo di nove, sposata e disoccupata. Non riesco a
decidere se avere un altro figlio o no: io lo vorrei per dare una
compagnia a mio figlio, ma poi penso che 10 anni di differenza sono ormai
troppi e che comunque vivrebbero come due figli unici; lo vorrei per mio
marito, ma lui non ha mai mostrato insistenza e convinzione, mi dice sempre
che sarebbe d’accordo, ma devo essere io a decidere; lo vorrei per me
perché vorrei dare un altro slancio di vita alla mia vita, ma ho paura,
ho paura di essere troppo vecchia, ho paura perche vivo lontana dalla mia
famiglia, che comunque ha sempre evitato l’argomento, ho paura perché mio
marito è spesso fuori per lavoro, ho paura di non essere capace di
gestire due bambini, ecc., non riesco ad uscirne. Cosa ne pensate di me?
Mi manca quel raggio di sole che mi possa illuminare!

Tra le parole della sua bella e accorata lettera sento tante cose: confusione, solitudine, delusione, forte insicurezza. Io non so, e non mi permetto di dirle, se è il caso di fare un altro figlio o meno, credo però che possa esserle d’aiuto invitarla a riflettere sulle tante cose che dice. Mi dice che vorrebbe un secondo figlio per dare un fratello al suo bambino. È vero che un secondo figlio con tanti anni di differenza dal primo è un po’ un secondo figlio unico, almeno per i primi anni. Sarebbero comunque due fratelli che probabilmente si incontrerebbero in età più adulta, non probabilmente nell’infanzia e nell’adolescenza, data la differenza di età. Quindi non destinati ad essere due figli unici a vita. Mi dice poi che vorrebbe un figlio per suo marito, anche se lui non pare particolarmente interessato. Mi viene in mente una donna che offre un omaggio ad un uomo, un figlio come una dimostrazione che c’è e che riesce nella sua funzione primaria di donna, quella di procreare. Una sorta di rito atavico, al di là dei desiderata di suo marito. Qualcosa che forse desidererebbe più lei, per una maggiore realizzazione personale che non suo marito. Ma che comunque suo marito è pronto ad accogliere, in maniera meno contraddittoria di lei, forse (anche perché il peso della gestione quotidiana di un nuovo neonato è comunque per grande parte sulle spalle della donna). Mi parla poi dei suoi 36 anni come di un’età in cui si sente troppo vecchia per un altro figlio. Oggi sono quasi più numerose le donne ultratrentacinquenni al primo figlio che quelle sotto i trenta. Mi parla della lontananza dai suoi. Credo però che se ha potuto crescere il suo primogenito con i suoi genitori lontani, è perfettamente in grado di crescere anche un secondo bambino senza la famiglia che la aiuta. E poi, se il fratello ha 9 anni, ed è quindi ampiamente autonomo sotto tanti punti di vista alla sua età, sarà molto più semplice gestire un neonato che non se ci fosse solo uno o due anni di differenza tra i due. Insomma, io credo che la scelta di avere un bambino molto raramente sia razionale, la maggior parte delle volte è assolutamente “di pancia”, emotiva, contro ogni evidenza concreta (si fanno figli anche se si ha un lavoro precario, si fanno figli anche se la relazione con il partner non ci dà quella base sicura che vorremmo, si fanno figli quando ancora non si ha una casa dove andare a vivere). Questa è una di queste volte. C’è qualcosa che chiama in lei, forse come lei stessa ha detto il bisogno di darsi uno slancio nuovo, forse il bisogno di non sentirsi poi così vecchia, forse il bisogno di sentire che la fase della procreazione nella sua vita ancora non si è chiusa. Io non credo che esistano motivazioni sbagliate in assoluto per fare un figlio. Credo però che sia fondamentale dirsele, essere sinceri con se stessi e con il bambino che decidiamo di fare. E soprattutto credo che sia fondamentale non far ricadere su quel bambino le nostre frustrazioni, i nostri bisogni di conferma, la nostra necessità di autorealizzazione. Si può fare un figlio per dare un nuovo slancio a se stessi e alla propria vita. Però diciamocelo, senza dirsi che lo facciamo per dare un fratellino a nostro figlio, o per un marito che in realtà non ce lo chiede. Se se la sente, faccia un figlio per se stessa. Senza però caricare suo figlio della responsabilità di darle un senso di realizzazione e di soddisfazione. Questo deve trovarselo da sé, e lui dovrà essere libero di essere così com’è. Le auguro in bocca al lupo, con affetto.

* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento

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