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Un fenomeno numericamente marginale, ma dall'enorme rilevanza umana.

Che un nascituro sia affetto da malformazioni e condizioni tali da richiedere un intervento chirurgico nelle prime ore o giorni di vita è un’eventualità cui difficilmente si pensa. Eppure, anche se rari (a livello europeo il censimento europeo della chirurgia pediatrica pubblicato sull’European Journal of Pediatric Surgery stima un’incidenza di circa lo 0,8%), sono situazioni che non possono essere ignorate o derubricate a un valore percentuale. In questi casi si parla di bambini chirurgici, una definizione che comprende feti, neonati, bambini e adolescenti affetti da malformazioni complesse che richiedono, spesso già dalle prime ore di vita, interventi chirurgici complessi e una gestione terapeutica che dura per anni o anche per tutta la vita.
Per bambini chirurgici si intendono quei bambini che vivono una sorta di cronicità chirurgica dipesa dalla malformazione cui sono affetti. Tra le principali condizioni croniche che possono portare a definire un bambino chirurgico ci sono le patologie gastrointestinali ed epatologiche (atresia delle vie biliari, malformazioni ano-rettali), le delezioni, le trisomie e le altre malformazioni genetiche, i neonati molto prematuri e le patologie tumorali. Grazie al miglioramento della scienza medica, anche se non è sempre possibile curare e risolvere del tutto queste patologie, le persone affette da queste condizioni hanno un’aspettativa di vita maggiore e in alcuni casi anche una qualità della vita migliore rispetto a quello che si poteva anche solo pensare in passato. Questo elemento determina ancora di più l’attenzione verso queste persone e le loro necessità.
Quando un genitore riceve una diagnosi di una malformazione complessa, nella maggior parte dei casi si sente solo, spaventato e confuso. E se è inevitabile non provare sentimenti positivi di fronte a una situazione di questo tipo, quello che emerge dalle testimonianze e dai racconti di molti di questi genitori è la mancanza di un adeguato supporto (psicologico, emotivo e pratico). Alla base di questo problema, come evidenziato anche dalla storia di Giusy Battain raccontata da VanityFair, c’è spesso la frammentazione dei servizi e le difficoltà di offrire una risposta alla gestione del dolore.
Uno degli elementi più importanti da considerare è che i bambini chirurgici non vanno gestiti solamente dal punto di vista clinico. Motivo per cui è fondamentale il coinvolgimento (e l’attenzione) anche verso le loro famiglie. La terapia non è solo di tipo medico, ma anche emotivo, relazionale e umana. Prima ancora che pazienti sono persone e come tali vanno considerati.
La frammentazione dei servizi, poi, fa emergere (qualora ce ne fosse ancora bisogno) una disuguaglianza geografica che interessa il nostro Paese. Ogni anno ci sono migliaia di famiglie, in modo particolare provenienti dal Sud Italia, che devono migrare per permettere ai propri figli di ricevere cure adeguate presso strutture che si trovano prevalentemente nel Centro e Nord Italia. Questa situazione pesa enormemente sugli equilibri (economici, professionali e personali) delle famiglie. Una realtà di cui spesso si tiene poco conto perché si pensa sia un fenomeno marginale. Ma non si può ignorare la dignità di migliaia di persone (bambini chirurgici, ma anche genitori, fratelli, sorelle e familiari), coinvolte in queste vicende.
C’è poi la grande questione delle cure palliative finalizzate alla gestione del dolore dei bambini chirurgici. Una realtà spesso sottostimata o poco considerata per diversi motivi, compresa l’idea che i bambini piccoli non sentano o non ricordino il dolore. Sebbene ci sia un evidente difficoltà nel riconoscere e quantificare il dolore dei bambini, questa non può essere una giustificazione per non occuparsene e trovare soluzioni.
Per i genitori che si trovano di fronte a una diagnosi di malformazione grave per il proprio figlio (nato o che deve nascere), è fondamentale avviare il prima possibile un percorso che sia non solamente di tipo clinico. Dal punto di vista strettamente medico alcune delle principali strutture neonatali e pediatriche cui fare riferimento sono l’IRCCS Materno Infantile Burlo Garofolo di Trieste, il Policlinico di Milano, il Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, l’ISMETT di Palermo e il Centro ChiSMaCoTA dell’Università di Catania.
Parallelamente, a seconda della patologia, è utile prendere contatto con le relative associazioni di supporto. Queste organizzazioni, infatti, sono fondamentali per offrire un sostegno emotivo e logistico alle famiglie, fornendo loro non solo supporto ma anche informazioni pratiche e servizi indispensabili per affrontare la situazione.
C’è poi tutta la dimensione legale che, anche se non sempre sufficiente, consente di usufruire di diversi diritti. Da questo punto di vista per i minori affetti da malformazioni complesse, è possibile richiedere all’INPS la valutazione per l’invalidità civile grazie alla quale ottenere prestazioni di natura economica (pensioni, assegni, indennità) e alcuni benefici di natura non economica (agevolazioni fiscali, assistenza sanitaria, permessi, collocamento obbligatorio al lavoro).

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